All’ospedale di Piazza Armerina Tac ferma da sette mesi

«La Tac è ferma ormai da sette mesi un disagio gravissimo per l’utenza». Sui disagi degli utenti all’interno del «Chiello», interviene Rosa Rovetto, la passionaria pro Ospedale Chiello, artefice della battaglia che sta conducendo con altri cittadini per la salvezza del nosocomio piazzese. Ancora una volta Rovetto si è resa conto che le promesse avute nell’ultimo incontro con i responsabili dell’Asl 4 di Enna non hanno prodotto quel cambio di marcia verso il rilancio dell’ospedale Chiello. Oggi Rovetto denuncia questo stato di cose inviando all’assessore regionale alla Sanità, Borsellino, il suo malumore e quello della cittadinanza, al fine che la stessa Borsellino prenda a cuore la problematica ed intervenga.
«Apprendo con rabbia – dichiara la Rovetto – che la gara per l’acquisto della nuova Tac è andata deserta, visto che da sette mesi nel nostro ospedale la vecchia Tac non funziona e ancora di più i disagi dei malati e degli utenti del nostro territorio (molti da fuori provincia) recarsi nel vicino ospedale di Enna per usufruire del prezioso macchinario e ritornare al Chiello». Nella denuncia attacca la politica e coloro che negano l’evidenza di precarietà del Chiello.
«Viene da pensare – dice – che unitamente alla fibrillazione che il nostro nosocomio sta creando alla nostra utenza e agli ambienti politici, queso altro ritardo faccia parte di una strategia che tnde in un futuro imminente ad un corposo ridimensionamento e la sciagurata chiusura dell’attività ospedaliera». La stessa Rovetto, che in passato ha condotto diverse manifestazioni di protesta assieme agli altri componenti del comitato pro Chiello, ricorda che «la Tac ormai inservibile fu acquistata dai cittadini piazzesi con le loro donazioni e sottolinea le altre carenze come del mammografo analogico obsoleto mentre all’ospedale Umberto I di Enna ne possiedono due di mammografi funzionanti. Uno di questi – promesso dal commissario dell’Asp ennese, Termine – sarebbe stato inviato presso il nostro ospedale. Come sempre le solite promesse mai mantenute. L’unico strumento che ci rimane, a questo punto, potrebbe essere solo una battaglia legale per ottenere i nostri diritti alla salute».
Piero Cancarè