Aidone: Chiese e monumenti
Aidone - 22/09/2013
La chiesa di S. Maria La Cava e la Torre di Adelasia
La chiesa ha origini antichissime. Con il nome di S. Maria Lo Plano, fu fondata nel XII sec. da Adelasia, nipote del conte Ruggerod’Altavilla e da lei riccamente dotata, come si legge in un diploma del 1134. Fu priorato dei Benedittini. Dell’impianto medievale conserva solo l’abside e la torre conosciuta come Adelasia.La torre oggi campanile dell’annessa chiesa di S. Maria La Cava, era in origine una delle torri di difesa lungo le mura che costeggiavano le pendici occidentali del borgo normanno. Dell’impianto originario, di epoca normanna, conserva il piano inferiore dall’alto portale ogivale e, all’interno, la magnifica volta a crociera. Nei secoli ha subito molti rimaneggiamenti e sovrapposizioni ben testimoniati dai diversi stili. Il gotico-catalano del secondo piano, di epoca cinquecentesca, è caratterizzato da monofore con arco a tutto sesto in conci di pietra bianca. La definitiva sistemazione è di epoca settecentesca e si caratterizza per l’uso della pietra arenaria, la torre culmina in un originale prospetto cuspidato con strette celle campanarie con balaustra, quella di centro più alta è coronata da un arco ribassato, con cornice aggettante ed incastona un orologio. di cui abbiamo parlato. Allo stesso modo anche la chiesa ha subito numerosi restauri e rimaneggiamenti, L’attuale facciata, incompleta, frutto di un ambizioso progetto tardo secentesco per una chiesa a tre navate, presenta il meglio dell’arte barocca, nel rispetto di quella compostezza e classicità di linee che sono una costante dell’architettura aidonese. Il prospetto in cotto è scandito da coppie di lesene e da cantonali in pietra arenaria. La parte centrale avanzata e le due ali laterali sono caratterizzate da portali con arco a tutto sesto, fiancheggiati da colonne corinzie poggianti su basi scolpite, e culminano in un elegante trabeazione con metope e triglifi, anche questa incompleta nell’ala destra.
Il rapporto simmetrico dei portali è andato perduto nell’ultimo radicale restauro completato nel 1940, quando, per ampliare la capacità di accoglienza della chiesa, si eliminò l’alta gradinata interna e, sollevato il portale centrale, si aggiunse l’alto sagrato semidecagonale. Fu abbandonato definitivamente il progetto a tre navate, ricavando due cappelle sul lato occidentale e dei locali per un asilo sul lato orientale. Più tardi, in allineamento, sulla piazza, per costruire dei locali in uso alla confraternita di Santa Maria, si occultò alla vista l’antica gradinata con il magnifico portale orientale a ferro di cavallo, cui oggi si accede dalla cancellata; in epoca recente anche questa apertura è stata dotata di un bel portone di bronzo.
Per ricordare le origini normanne l’interno dell’abside fu spogliato di ogni orpello e riportato alla nuda pietra e si pone perciò in netto contrasto con il restante sistema decorativo dominato dagli affreschi della pittrice Clelia Argentati. I restauri degli ultimi decenni hanno visto l’apertura verso il presbiterio della base della torre campanaria, diventata cappella del Sacramento, l’asportazione dell’altare centrale, in marmo policromo, per far posto alla mensa, e la costruzione dei due portoni di bronzo. Il portone della facciata, opera dell’artista Scucimarra, rappresenta episodi della vita di S. Filippo Apostolo, il Nero, cosiddetto per le singolari sembianze nere, date dall’ebano in cui è scolpita la statua che risulta di epoca e stile incerti. Il simulacro del santo miracoloso, custodito in una cappella riccamente decorata di stucchi, è oggetto di grande venerazione e il 1° maggio convengono in Aidone, per celebrarlo, ringraziarlo o impetrare grazie, decine di migliaia di pellegrini provenienti da tutti i comuni della provincia e oltre. Insieme alla statua è oggetto di venerazione un reliquiario d’argento, contenente reliquie di dei Santi Filippo e Giacomo e di altri Santi. Si ha notizia che questo reliquiario fu portato il 10 maggio 1631 a Regalbuto per esservi benedetto dal rev. Francesco d’Amico, vicario capitolare; fu poi riportato in Aidone con grandi feste.
In questa chiesa è vivo anche il culto a Maria SS. Assunta, Santa Rita e Santa Lucia, caratterizzati per la seconda dalla benedizione delle rose e per l’ultima dalla cucìa, il frumento cotto che per devozione si consuma il 13 dicembre in quasi tutta la Sicilia.
La Chiesa Madre o di S. Lorenzo
La chiesa si trova nei pressi del Castello, un’antica fortezza normanna o addirittura forse araba, ed è probabilmente la più antica di Aidone, ma la forma attuale risale alla ricostruzione settecentesca, seguita ai danni provocati dal terremoto del 1693. Fu allora che alla pianta rigorosamente rettangolare, furono aggiunte le cappelle laterali e il campanile, mai completato. Tracce dell’antica struttura, che meriterebbero uno studio approfondito, sono visibili nei grandi conci parietali scoperti nella Sacrestia, in corrispondenza dall’area absidale.
La facciata fu ricostruita utilizzando il materiale antico. Fu recuperato, così, il bel portale gotico e le due scanalature ad un lato della porta, che rappresentano le misure del palmo e della canna, ma non l’antica iscrizione i cui frammenti sono sparsi per tutta la facciata. Interessanti i colmi degli imponenti cantonali a sostegno delle cappelle laterali rifinite con caratteristiche forme a spirale.
Nella chiesa sono gelosamente conservate preziose suppellettili, arredi sacri, antichi paramenti, statue e tele in parte provenienti dal convento di Santa Caterina. Preziosissimo il reliquiario di argento a forma di braccio contenente la reliquia di San Lorenzo ( un osso rotondo del braccio della lunghezza di “cinque dita”). Interessanti sono anche alcune tele conservate nella Sacrestia.
Non si sa a quale epoca risalga la devozione degli aidonesi per S. Lorenzo, né quando e come sia pervenuta fin qui la sacra reliquia. In una pergamena miniata del 1531, in cui tra l’altro è raffigurato S. Lorenzo, quindici cardinali di Roma concedono ai fedeli aidonesi del Santo le indulgenze; nella seconda metà del Seicento, Isabella Gioieni, che aveva ricevuto Aidone in dote, avendo sposato Antonio Colonna di Palliano, promise al Santo che l’avrebbe fatto dichiarare Patrono di Aidone se avesse dato alla luce il figlio tanto desiderato, che era convinta di non poter avere. La grazia fu concessa, il figlio si chiamò Lorenzo e da allora il Santo fu proclamato patrono di Aidone. Al 1810 risale la nascita dell’Accademia di S. Lorenzo, che operò per almeno un secolo. Lo storico locale Gioachino Mazzola nella sua “Storia di Aidone”, per celebrarne il centenario, riporta alcuni atti e sonetti dedicati al Santo.
La Chiesa di S. Leone
Fu eretta nel 1090 utilizzando per la costruzione anche conci megalitici provenienti dalle rovine di Morgantina. La chiesa fu dedicata a papa Leone II, nell’anno della sua proclamazione a santo. Secondo la tradizione egli aveva origini aidonesi ed era stato cresciuto ed educato nel convento dei Benedettini che sorgeva sul colle di Cittadella (Cittadella, Serra Orlando e San Francesco sono i nomi delle tre contrade in cui sono state portate alla luce le rovine di Morgantina). L’antico tempio fu distrutto dal terremoto del 1693, la ricostruzione risente del gusto barocco, che caratterizzò in Sicilia le ricostruzioni del dopo terremoto. Il barocco è manifesto nel ricco portale in pietra arenaria, delimitato da due eleganti colonne aggettanti in stile corinzio e culminante in un motivo a pigne. Il suo prospetto è lineare, il timpano disadorno. Come nel vicino palazzo di città e in altri edifici aidonesi, il prospetto in cotto contrasta elegantemente con i motivi decorativi ed i cantonali nella calda arenaria locale. Al suo interno si possono ammirare un’acquasantiera cinquecentesca dal fusto decorato con motivo di foglie di acanto ed alloro, due pregevoli tele settecentesche raffiguranti San Leone e i santi Cosma e Damiano e il bel monumento funebre secentesco di Gian Filippo Calcagno. Fa bella mostra di sé anche l’antico organo a canne.
San Domenico o San Vincenzo Ferreri
La chiesa, che è dedicata a S. Vincenzo Ferreri, faceva parte del complesso conventuale dei Domenicani e fu costruita a partire dal 1419 dal beato Vincenzo da Pistoia, su progetto e direzione dell’architetto Leonardo di Luca. La struttura dell’impianto risulta quattrocentesca, di marca tosco lombarda. Il motivo a punta di diamante fa pensare alla seconda metà del Quattrocento, quando lo stile ‘plateresco’ si diffuse dalla Catalogna anche in Sicilia e nell’Italia meridionale. Questo motivo decorativo rappresenta un unicum in un edificio religioso, gli altri esempi conosciuti, infatti, appartengono tutti all’architettura civile (La decorazione di un edificio urbano rappresentato da Gentile da Fabriano nella predella de ‘la Presentazione al Tempio’ ,Il ‘Palazzo dei Diamanti’ a Ferrara, La ‘Giudecca’ di Trapani, ‘Lo Steripinto’ di Sciacca ,e la stessa chiesa del Gesù Nuovo a Napoli che fu edificata sul preesistente Palazzo Sanseverino, dell’architetto Novello da San Lucano, di cui conservò appunto la primitiva facciata e il portale).
Singolare in questa facciata è, oltre all’utilizzo della pietra bianca, l’alternanza di conci bugnati con conci piani, che ne esalta la leggerezza e l’eleganza; negli altri edifici i conci sono tutti decorati e alternati tra di loro lungo le fasce orizzontali, ne risulta un certo appesantimento delle strutture.
La chiesa subì molti danni per il terremoto del 1693, la data del 1741 impressa sul portale si riferisce certamente ai lavori di consolidamento; a questi restauri appartengono anche i cantonali del prospetto, in blocchi regolari di arenaria locale incisi con un motivo decorativo a chiocciola, nonché l’elegante portale barocco.
Tali restauri esaltarono ancora di più l’eleganza classica delle forme che richiama gli antichi templi dorici soprattutto nel timpano ribassato, caratterizzato dalla cornice orizzontale fortemente aggettante sotto la quale scorre la trabeazione scandita da metope e triglifi. La facciata, in cui il bianco candido della pietra calcarea è accostato all’oro rosato dell’arenaria locale, sotto il sole terso brilla come un gioiello preziosamente incastonato.
L’edificio di recente è stato sapientemente restaurato, ma intricati cavilli burocratici sembra vogliano destinarlo ancora e per sempre all’abbandono.
A fianco, al posto dell’antico convento, demolito in modo oltraggioso, oggi sorge un edificio polifunzionale (che, però, non svolge nessuna funzione dal momento che non è stato ancora completato), che ben si inserisce nell’estetica globale della piazza Dante, da cui si gode una vista spettacolare.
Chiesa di Maria SS. Delle Grazie
La chiesa, insieme a quella di Sant’Antonio Abate, è posta all’ingresso orientale del paese in posizione molto periferica; deve la sua nascita al leggendario ritrovamento nel 1618 della sacra immagine della Madonna, che allatta il Bambino, dipinta su lastra di. In seguito al ritrovamento fu costruita probabilmente una cappella, la chiesa attuale risale al Settecento, come testimoniano le linee barocche della facciata. All’interno si può ammirare il ricco altare barocco in legno intarsiato in cui è incastonata la teca con il quadro litico della Madonna; l’altare ligneo a forma di gradinata, sembra scendere da un una rientranza nella parete di fondo chiusa dai due sportelli su cui sono dipinte le immagini di S. Leone e S. Lorenzo. Sull’altare laterale è un pregevole dipinto secentesco che raffigura il corteo delle Sante Vergini siciliane (datato 1642).
La Chiesa di Sant’Antonio Abate
È posta anch’essa all’ingresso orientale del paese e costituisce uno dei suoi monumenti più suggestivi e ricchi di storia. Uno studio archeologico di questa chiesa e dell’area del Castello potrebbe dirci molto anche sulla storia delle origini di Aidone. La tradizione ha sempre ritenuto che fosse in origine una piccola moschea trasformata in chiesa cristiana dai Normanni, lo testimonierebbe il bel portale a sesto acuto nella parete di mezzogiorno, oggi murato, e le piccole feritoie ai suoi lati. I contrafforti laterali che racchiudono grandi aperture murate, fanno pensare, invece, ad una pianta a croce greca, e quindi a una di quelle caratteristiche chiesette bizantine, esterne al perimetro urbano, di cui si hanno ancora esempi in Calabria, o forse ad una più antica architettura tardo-romanica a trifoglio, che porrebbe la chiesa in un’epoca molto antica e ne farebbe un esempio raro per la Sicilia.
Al periodo normanno appartengono certamente l’abside posteriore e il magnifico portale con arco a sesto acuto, in conci alternati di arenaria e pietra bianca di Comiso. La Chiesa ha subìto nei secoli vari rimaneggiamenti; di epoca cinquecentesca o addirittura secentesca è il campanile a due ordini di monofore sormontato da una cuspide, rivestita di elementi sferici policromi di gusto moresco. L’interno conserva ben poco della struttura originaria, la posizione un po’ isolata ha favorito il furto sistematico degli arredi sacri, degli altari di legno e perfino del pavimento musivo che rappresentava San Giorgio che uccide il drago.
Gli ultimi restauri hanno portato alla luce un affresco, datato 1581, che illustra, con un tecnica oserei dire fumettistica, la vita e le tentazioni di Sant’Antonio. L’icona centrale, che raffigura il Santo, nei modi tradizionali del vecchio con una lunga barba e il porcellino ai piedi, è contornata, in ciascuno dei due lati, da quattro riquadri; a sinistra sono rappresentati episodi della vita del santo, a destra le tentazioni del diavolo; ogni riquadro è illustrato da didascalie in siciliano.
Chiesa di Sant’Anna e Chiostro del convento
La chiesa di Sant’Anna ha origini molto antiche, la tradizione vuole addirittura che fosse una moschea. Le sue fattezze attuali risalgono al XVII sec., ma certamente non le mura occidentali che appaiono molto più antiche. Sappiamo che nel 1623 fu iniziata la costruzione dell’adiacente convento di S. Maria del Gesù da parte dei Padri Osservanti e contemporaneamente la chiesa fu ingrandita ed arricchita, anche per merito di ricche elargizioni da parte di notabili locali . I restauri durarono fino al 1660, anno della nuova apertura al culto. Intanto i Padri Osservanti nel 1640 avevano ceduto il posto ai Padri Riformati i quali dedicarono la chiesa a Santa Rosalia, ma il popolo continuò a chiamarla con l’antica denominazione.
La chiesa, ad una sola navata, presenta uno stile architettonico semplice e disadorno che contrasta con la ricchezza barocca dell’altare centrale, finemente decorato con tarsie marmoree in bicromia, bianche e nere, e con quello laterale di Sant’Anna che copia integralmente il primo sostituendo all’intarsio una più economica decorazione pittorica.. Gli altari e alcune tele portano la firma di Joseph Savina, il quale, in un impeto di civetteria, si immortalò nell’autoritratto posto all’angolo della tela di Sant’Anna e Gioacchino con il Bambino Gesù, che decora l’omonimo altare e lasciò anche il suo nome su una lapide marmorea e sullo stemma al culmine dell’altare maggiore . Vi si conservano altre preziose tele , un’acquasantiera del ‘500 di scuola gaginiana, e, nella Sacrestia, un prezioso armadio intarsiato, opera, si dice, di frà Innocenzo da Petralia.
Ma il più bene più prezioso conservato in questa chiesa è il Crocefisso in legno di Frà Umile Pintorno da Petralia del 1635. Sul volto lo scultore riuscì mirabilmente ad imprimere i segni non solo dell’agonia e dello spasimo ma anche della serenità e quasi della gioia. Tale è il realismo e così grande l’efficacia espressiva che per spiegarla fu necessario ricorrere alla leggenda della mano divina che aiutò fra Umile, ormai stanco e sfiduciato, a completare l’opera. Gli stessi critici lo hanno riconosciuto come il capolavoro tra i Crocefissi del Frate che adornano altre chiese in Sicilia.
Del convento dei Padri Riformati non restano che i ruderi dello splendido chiostro: il porticato con arcate sagomate da mattoni in cotto e poggianti su esili colonne in stile dorico. Quando furono cacciati i frati ed alienati i beni ecclesiastici, il convento fu acquistato all’asta pubblica, per appena 60 onze, contro i 20.000 della valutazione ufficiale, da Vincenzo Cordova, poi Senatore del Regno, il quale lo usò come cava per trarne i materiali più pregiati e poi lo abbandonò alla rovina.
Chiesa di San Giovanni Evangelista
Della originaria veste medievale resta ben poco, dal XIII sec. in poi, fu sede dei Cavalieri di San Giovanni, cioè dell’ Ordine dei Templari, come chiaramente ci confermano gli stemmi che coronano il bel portale e la presenza ripetuta della croce di Malta.
Chiesa dei Cappuccini, sede del Museo Archeologico
Il complesso risale ai primi decenni de 1600, la sua architettura è caratterizzata da linee sobrie e chiuse, quasi severe. La chiesa, adibita ad auditorium, era dedicata a San Francesco d’Assisi; è a navata unica, con due cappelle sul lato sud, e conserva pregevoli arredi e dipinti secenteschi. L’altare centrale, con ciborio di legno intarsiato, è sormontato da un trittico ottocentesco rappresentante al centro la Natività. Negli altarini laterali, con casserizi in legno intarsiato di marca umbro-toscana, sono conservate due statue tra cui una Madonna delle Grazie in terracotta, del 1612. Nelle cappelle sono esposti un reliquiario a forma di croce e un busto ligneo, l’ Ecce Homo, attribuito a Fra’ Umile da Petralia.
Dalla seconda cappella si accede ad una cripta e ad un antico sottopassaggio che la tradizione vuole sia collegato, attraverso un complesso sistema di cunicoli, agli altri conventi aidonesi. Interessante anche il chiostro, porticato su un solo lato, dal quale si accede al Museo, che ha trovato ospitalità nei locali del convento.