Enna. Costruzione ex cinema Torre di Federico, “caso emblematico del problema politico”

La sentenza del Tar che boccia il Comune sul pagamento degli oneri richiesti all’impresa Marzuolo è intervenuto l’architetto Marzuolo con una lettera che riportiamo per intero.

“Occorre fare una riflessione in seguito ad alcuni articoli apparsi recentemente sui quotidiani in merito al pagamento degli oneri riguardanti le attività edilizie, in particolare, quella relativa al realizzando edificio che l’impresa “Marzuolo costruzioni” si accinge a completare sul Viale IV Novembre a Enna che rappresenta un caso emblematico del problema “politico” e programmatico con il quale le amministrazioni si confrontano con i propri cittadini.
La vicenda ha inizio alla metà degli anni ottanta, quando, i proprietari dell’immobile, alla crisi inesorabile della sala cinematografica, decidono di trasformare la seconda sala più grande della Sicilia in un edificio più moderno, adeguato e più sicuro. I proprietari in un primo tentativo di salvare quella struttura che aveva dato più volte lustro a tutta la comunità e non solo con la proiezione di films, avviano una trattativa con l’Amministrazione comunale per una possibile cessione dell’immobile. Non avendo avuto alcuna realistica proposta i proprietari decidevano di trasformare quello che dopo quasi trent’anni di abbandono era un cumulo di pietrame abbandonato e pericolante.
Il P.R.G. includeva il vecchio fabbricato all’interno di una più vasta area indicata con il simbolo F, (attrezzature urbane e comprensoriali): Precisiamo che, alla redazione del Piano Calandra, il tracciato di V.le IV Novembre appariva estrema area periferica.
Alla presentazione del progetto che prevedeva la demolizione e la ricostruzione del nuovo edificio, venivano sollevate, non solo dall’Amministrazione, una serie infinite di problematiche che indicavano nell’area occupata dall’immobile un vincolo di inedificabilità. Il cinema Torre di Federico sarebbe stato, l’unico cinema vincolato presente nel territorio nazionale.
Ebbene, approvato, finalmente, il progetto, l’impresa “Marzuolo costruzioni”, nel momento di maggiore crisi dell’edilizia, coraggiosamente, avviava i lavori di demolizione prima e di realizzazione dell’edificio che oggi possiamo osservare.
L’impresa costruttrice, accusando una crisi di liquidità, non riusciva a pagare le esose rate relative agli oneri di urbanizzazione e di costo di costruzione impropriamente calcolati dall’ufficio tecnico comunale.
A questo punto, sebbene il progetto avesse già ottenuto il favorevole parere della Commissione Edilizia, acquisito il nulla osta del Genio Civile e più volte dimostrato l’inesatto calcolo degli oneri, irragionevolmente, il Comune procedeva al sequestro del cantiere per abusivismo edilizio.
Senza entrare nel merito della sentenza emanata dal Tar di Catania sentiamo il dovere di fare due brevi considerazioni:
La prima considerazione riguarda la valutazione del danno economico e d’immagine subìto dall’impresa, dai progettisti e dal direttore dei lavori che dovrà esser valutato nelle sedi opportune;
La seconda considerazione riguarda invece il mestiere dell’architetto che non è certo il mestiere, come molti, vogliono intendere, una sorta di velata pratica professionale, approssimata o pedante, ma è quella pratica compiuta con apprensione fino quasi all’insofferenza, un mestiere quello, dell’architetto, che racchiude una complessità di problemi compreso un banalissimo calcolo di oneri fiscali legati alla costruzione.
A queste considerazioni voglio infine aggiungere e ricordare contro l’indolenza dell’ufficio tecnico comunale, che la città più recente, quella sviluppatasi negli ultimi trent’anni, Enna bassa, annovera, situazioni di luoghi indefiniti, di spazi di risulta, di edifici solitari e antiquati, di condomini sparsi per la campagna che accolgono abitanti che si muovono in luoghi poco rappresentativi, di confine, in spazi residuali, in spazi che non possono riconoscersi come veri e propri spazi urbani.
Con la partecipazione di questi cittadini, presenza sociale viva e crescente, si deve avviare un processo per il funzionamento e modernizzazione della città, favorendo la periferia e lavorando sull’uso degli spazi di relazione e sul loro valore ambientale.
La città, mostra la necessità di rigenerarsi nel senso di una trasformazione dell’ambiente fisico ma occorre “farla finita” con falsi tecnicismi e banali letture interpretative delle algide rappresentazioni del piano regolatore, delle prescrizioni e dei regolamenti edilizi responsabili di questo disgregato sviluppo urbanistico”.