Il giorno della Memoria alla Pro Loco di Leonforte

Leonforte. Il 27 di gennaio è stata proclamata, nel 2000, la giornata mondiale della Memoria per non dimenticare ciò che è stato e per non abbassare mai la soglia dell’indifferenza, che ha generato mostruosità inenarrabili. Ricordare come sia stato possibile che in nome dell’ossequio all’autorità, persone comuni e placidi borghesi dai costumi irreprensibili, si siano potuti trasformare in cinici aguzzini e spietati delatori rimane a tuttora un “conto aperto con la Storia”. La Pro Loco e l’Università Popolare hanno affrontato, lunedì 27, questo argomento dinnanzi a un pubblico attento e esterrefatto. Dalla sterilisatio magna dei non degni perché fuori dai canoni della pura razza si è passati alla storia del popolo eletto, perseguitato e oggi persecutore. Il professore Nigrelli ha introdotto alle vicende paesana con una panoramica ampia e lontana, che dalla distruzione di Gerusalemme e passata alla diaspora giungendo fino ai ghetti. Si è detto poi di Federico D’Aragona, che nel 1310 agli Ebrei impose la rotella rossa sotto al mento se uomini e sul gomito destro se donne, anticipatrice della ben più nota stella gialla, dell’editto di Granada che scompaginò la presenza degli Ebrei in Sicilia e si è pure accennato a Niceforo di Castiglione di Sicilia che già nell’800 aveva elaborato una inoppugnabile teoria sull’ inferiorità della razza… meridionale. La professoressa Giovanna Maria ha completato il quadro del racconto con le vicende “nostrane”. In Sicilia nei primi decenni del secolo scorso si contavano 202 Ebrei: 96 a Palermo, 75 a Catania, 21 a Messina, 3 a Siracusa, 3 a Enna e nessuno a Trapani e Caltanissetta. Leonforte fu solo sfiorata dalla grande storia fino a ora narrata, con l’obbligo di sottoscrizione della dichiarazione di non appartenenza alla razza ebraica e il divieto categorico di matrimoni con non ariani. La professoressa Maria ha anche ricordato i leonfortesi Caravaglio, Mancuso e Randisi che vissero l’esperienza concentrazionaria e la lezione che tanto ha appassionato gli astanti si è conclusa con il “cuntu” del dottore Buscemi, figlio dell’allora segretario del fascio. “Capitò un giorno a casa nostra una signora alta, slanciata e dai modi eleganti che ammirazione grande suscitò in tutti. Lo stupore aumentò enormemente quando si seppe che la signora era ebrea. Peccato tanto bella e pure tanto giudia, pensai. Fu così che imparai quanto compromettente può essere un pregiudizio”.

Gabriella Grasso