Leonforte. SLA: tra lucidità mentale e degenerazione del corpo

renzi Ice Bucket ChallengeSullo sfondo delle nomine a macchia d’olio e delle prime sorprendenti interruzioni dell’Ice Bucket Challeng: promosso per raccogliere i fondi per la ricerca sulla Sla, ho incontrato un leonfortese, che per riserbo dello stesso chiameremo con un nome di fantasia, “Angelo”, ben disposto a parlare dell’esperienza del proprio padre, morto di Sla.
La storia di Angelo comincia nel 2003, quando al padre neo settantenne viene diagnosticata la Sla dopo più di un anno di “viaggi della speranza”: svariate visite mediche dagli esiti contraddittori e vani di fronte all’innaturale atrofizzarsi degli arti dell’anziano padre.

Quali furono i sintomi iniziali della malattia?
I sintomi che si manifestarono in modo evidente furono difficoltà a prendere gli oggetti, per esempio divenne difficoltoso per mio padre farsi il nodo della cravatta o abbottonarsi una camicia. Sino ad arrivare ai progressivi problemi nel linguaggio e nella deglutizione.

E le risposte dei medici?
Inizialmente non conoscendo la rara malattia, la stessa veniva confusa con una di tipo artrite-reumatoide. E le cure erano prevalentemente di tipo antiinfiammatorio e si consigliavano attività riabilitative. Per cui facevamo i cosiddetti viaggi della speranza, fino a quando non consultammo un neurologo di Nicosia che diagnosticò ipoteticamente la SLA. Da qui, prendemmo contatti con l’Istituto Auxologico di Milano diretto dal professore Silani, uno dei massimi studiosi della malattia a livello mondiale, e la diagnosi della malattia fu certa e definitiva.

Come reagiste nell’apprendere la notizia?
Ci sorprese il fattore età che andava oltre le statistiche della malattia – tra i 40 e i 60 anni. E ci sorprese anche apprendere che, nella provincia di Enna, la malattia è endemica e, per i casi che si sanno (accade che si muoia di Sla senza saperlo), noi andiamo ben oltre la statistica nazionale. Quello che devasta è il riflesso psicologico del malato; lucido sino alla fine; che progressivamente si paralizza sino ad avere necessità di venire nutrito con un sondino gastrico, e poi di respirare con un respiratore che il familiare deve sapergli applicare. Finché si muore asfissiati perché si blocca l’ultimo muscolo del corpo, il diaframma.

Furono ipotizzate delle cause?
Per quello che era lo stato della ricerca nel 2004, i tre filoni di studio erano incentrati principalmente su tre cause che si pensavano:
– ceppo nordico, la malattia ha una maggiore manifestazione nel nord europa, in Lombardia e in Sicilia, quest’ultima ha subito varie invasioni nordiche
– natura chimica della malattia: la trasformazione e manipolazione sintetica di sostanze alimentari che perdono poi le loro qualità originarie e nutrizionali e alterano alcune funzioni cerebrali.
– natura farmaceutica della malattia, non a caso nota anche come malattia del calciatore per il maggiore uso che si fa di antidolorifici .
Forse era quest’ultimo il filone più accreditabile, perché mio padre, ha sofferto di infiammazione al nervo sciatico e fece uso di un farmaco antiinfiammatorio, ora fuori commercio. Ma è un’ipotesi.

Le istituzioni che sostegno offrono?
Nel 2004 nulla, poi per un periodo lo Stato ha riconosciuto un contributo economico ai familiari dei malati di Sla, che poi venne cancellato. E, attualmente, aspetto economico a parte, logisticamente la famiglia di un malato è abbandonata a se stessa. Per esempio io per comunicare con lui mi sono costruito una lavagnetta artigianale con tutte le lettere e lui puntandovi lo sguardo mi faceva capire cosa volesse.

Cosa ci dici del cosiddetto gavettone d’acqua “Ice Bucket Challenge” ?
La secchiata di acqua gelata è la sensazione che prova il malato nello stare imprigionato all’interno del proprio corpo e nel sentirsi isolato.
Il gavettone e la sua diffusione virale – come in tutte le cose c’ è chi lo fa solo per mettersi in mostra e possibilmente non fa neanche la donazione – stanno portando la gente a conoscere la malattia e a fare delle donazioni, ma soprattutto ad avere consapevolezza della sua complessità.

Livia D’Alotto