Lo smantellamento delle sedi territoriali fa parte di una cultura politica che concepisce lo Stato come una struttura “leggera”, qualcuno direbbe “liquida”, non più protagonista della gestione del Paese e dei servizi per il cittadino, ma funzionale essenzialmente al mercato e agli interessi economici. La soppressione degli uffici sul territorio è il risultato di puri calcoli economicistici: fa niente se il cittadino deve spostarsi per trovare un ufficio o addirittura un ospedale o un tribunale, o se non trova la banda larga per accedere ad internet perché realizzare le reti in quel dato territorio non è “conveniente”. Si tratta di un’ottica totalmente diversa da quella che portò nel dopoguerra ad un grande sviluppo solidale del Paese, mentre oggi la nuova filosofia statale sta ampliando in misura drammatica la forbice tra nord e sud, desertificando inesorabilmente il Mezzogiorno d’Italia.
Detto questo, però, non può non rinvenirsi, nei modi e nei tempi oltre che nei fatti, anche un’aggressione sistematica e mirata nei confronti della provincia di Enna. Il nostro territorio, infatti, non è soltanto vittima delle iniziative “liquide” dello Stato, ma anche e soprattutto di iniziative “liquidatorie” da parte della Regione. Questo secondo aspetto non è comune all’intero Paese, è un fatto che riguarda soltanto la Sicilia e che risale al governo Lombardo.
Con il governo del presidente Raffaele Lombardo, dopo il suo giravolta politico ed il passaggio dal centro-destra al centro-sinistra, Enna venne scelta come provincia da destabilizzare proprio dai nuovi padroni della Regione. Dava fastidio il protagonismo del “modello Enna” e il fatto che la nostra provincia raccogliesse qualche successo – tra tutti, l’Università – a fronte di un diffuso fallimento dei progetti di sviluppo negli altri territori.
Commissariare Enna è diventato lo sport preferito degli ultimi due governi regionali, spesso con la collaborazione di ascari locali: oltre la Camera di commercio, l’Area di sviluppo industriale, l’Azienda sanitaria provinciale (la più commissariata d’Italia), il Parco Floristella, e così via, curando che nessun commissario fosse originario della provincia di Enna. Insomma, una sorta di genocidio di un territorio e di una popolazione rei di non essere sufficientemente mafiosi per giustificare la presenza di una certa antimafia.
Di fronte a questo disegno, non bisogna sbagliare prendendosela con lo Stato. Il nostro nemico non è lo Stato. Manteniamo dunque la calma, la nostra onestà e la nostra pulizia, anzi rafforziamole. Prima o poi, più prima che poi, avremo ragione. Oggi sappiamo che dobbiamo farcela da soli, senza le targhette statali e nonostante le aggressioni continue e sistematiche.
Cataldo Salerno