La fabbrica tessile chiuse a metà anni Novanta, lasciando più di cinquanta operaie a casa. Parte della cifra spesa per rilevare il capannone andrà a tutte queste lavoratrici gaglianesi licenziate, che da anni aspettano di ricevere il trattamento di fine rapporto.
Il progetto d’investimento del comune prevede la realizzazione di un parco fotovoltaico, il quale permetterebbe un importante risparmio energetico, vista la considerevole spesa di 140 mila euro annui di luce pubblica, e la concreta adesione al Patto dei sindaci, che prevede la riduzione delle emissioni di CO2 nell’aria. Un altro possibile impiego della struttura riguarderebbe la creazione di un’area artigianale, che consentirebbe la nascita di nuovi posti di lavoro. Si valuta, inoltre, l’ipotesi di un auditorium museo per la fabbrica e l’Eni (essendo nata la Nuova Intesa come risarcimento da parte dell’Eni per lo sfruttamento del gas). Per il vicesindaco Vito Vicino, assessore alle attività produttive e bilancio, aver rilevato questo grande capannone, motore dell’economia gaglianese in passato ed oggi in stato di degrado, significa innanzitutto favorire l’occupazione, ma anche restituire ai gaglianesi questa struttura, che per Gagliano rappresenta un importante pezzo di storia. C’è, infatti, un vero legame con i cittadini che l’hanno vissuta quotidianamente. È stato per loro un grande dolore vedere così tanta decadenza in un luogo prima altamente produttivo. Quel capannone per anni rappresentò il fiore all’occhiello dell’economia locale e segnò il riscatto dei gaglianesi che, da classe contadina si ergevano a classe operaia. Non fu solo simbolo della ripresa economica, ma anche chive per l’emancipazione femminile. Oggi in quella gloriosa struttura si vedono solo rovine, archivi devastati, macchinari trafugati e piccioni, uniche presenze viventi rimaste a svolazzare indisturbate. Eppure, persistono ancora i segni della laboriosità umana, attraverso registri, documenti e faldoni, conteneti ogni tipo di dato e informazione: dalle ferie dei dipendenti, alle commesse da consegnare. Adesso, che il comune ne è proprieterio, si spera possano essere salvati, almeno questi, da ulteriori trafugamenti.
Valentina La Ferrera
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