Enna. La polemica sul “caro acqua” finisce in Tribunale

caro acquaE’ fissata per il prossimo 18 maggio l’udienza nella quale il Giudice di Pace del Tribunale di Enna istruirà la pratica relativa alle vessate “partite pregresse” richieste agli utenti della provincia di Enna dall’ente gestore del servizio idrico AcquaEnna. L’azione è stata promossa da Massimo Greco nella qualità di semplice utente del servizio anch’egli destinatario di tale voce economica inserita in bolletta. Massimo Greco, notoriamente a fianco del cittadino nelle sue diverse vesti di utente, contribuente e consumatore, aveva già manifestato avversità rispetto a questo tipo di balzello, sostenendo che “la pretesa economica dell’ente gestore del servizio, fondata sulla necessità di compensare il mancato ricavo derivante dal disallineamento tra quanto preventivato nel Piano d’ambito e quanto realmente necessario per assicurare la copertura integrale del servizio integrato, non può essere avanzata nei confronti degli utenti ma, ammesso che sia fondata, deve essere coperta dagli enti locali soci dell’Autorità d’ambito”. Greco sostiene altresì che “AcquaEnna si comporta come un Ente pubblico impositore che esercita una funzione autoritativa dimenticando che il rapporto con l’utenza è regolato da un contratto di somministrazione delle risorsa idrica dal quale discendono diritti e doveri che devono essere rispettati da entrambi i contraenti secondo i principi di trasparenza, buona fede e legittimo affidamento”. In effetti è importante che un Giudice terzo si pronunci sulla legittimità di tali pretese anche perché nonostante la presenza di un contratto, l’utente non conosce formalmente in cosa consiste questa pretesa, a quanto ammonta, le modalità di calcolo e per quanto tempo ancora dovrà vederla inserita in bolletta.
La questione, attuale e scottante, sarà certamente seguita nella sua evoluzione anche perché qualora il Giudice dovesse riconoscere le ragioni dell’utente Greco, si aprirebbero le porte per una richiesta di rimborso di massa ancora maggiore di quella già sperimenta per il canone di depurazione. Sembra infatti che lo squilibrio finanziario denunciato da AcquaEnna ammonti a circa 23 milioni di euro.
Non si fermano quindi le azioni politiche e giudiziarie nei confronti di un servizio che, al pari di quello riferito alla gestione dei rifiuti, risulta parecchio sentito dalla cittadinanza. Basti pensare che la legge Galli, con la quale il Parlamento ha sostanzialmente privatizzato la gestione del servizio per ambiti territoriali ottimali, è stata già due volte mutilata, una prima volta dalla Corte Costituzionale che ha ritenuto illegittima la pretesa del canone di depurazione per quei territori sprovvisti del depuratore, e una seconda volta ad opera del referendum abrogativo della quota remunerativa del capitale investito.
Fuori dalla specifica questione sottoposta al Giudice di Pace, Greco sostiene che “i problemi derivanti dal conflittuale rapporto tra utente e gestore del servizio pubblico permarranno ancora per lungo tempo perché è la scelta del modello utilizzato dal legislatore che non funziona. Se infatti la tariffa deve coprire integralmente il costo del servizio a prescindere dai rapporti che l’ente gestore intrattiene con i singoli utenti, allora la natura commerciale della tariffa quale corrispettivo di natura commerciale mal si concilia con tale esigenza. Più opportuno sarebbe uscire dalla logica mercantile e restituire alla collettività il costo del servizio sotto forma di tributo come del resto avviene in Francia e in Inghilterra. Non si capisce perché la tariffa del servizio rifiuti ha carattere tributario e quello idrico deve conservare la natura di corrispettivo”. Non ci resta quindi che attendere l’ennesimo intervento dell’Autorità Giudiziaria nella speranza che il legislatore corra ai ripari quanto prima, anche per evitare di alimentare un’eterno conflitto tra utenti/contribuenti e Istituzioni preposte ad assicurare loro un servizio efficiente e di qualità.