Le tombe, quindi, non solo sono inaccessibili, ma si trovano in una sorta di cantiere, sporco, pieno di polvere e calcinacci con qualche fiore ormai secco o ricoperto di muffa. La ditta che esegue le tumulazioni dovrebbe montare l’impalcatura eseguire la sepoltura e poi smontare il ponteggio, ma poiché ormai sono disponibili solo poche tombe poste in alto, gli addetti hanno ben pensato di lasciare tubi innocenti e tavolati in pianta stabile. Il tutto, ovviamente tra la polvere e la sporcizia che si accumula sul pavimento della cappella. L’indignazione dei familiari dei defunti, nasce anche dal fatto che hanno versato 1.750 euro per pagare i loculi, che ancora non ci sono, nei quali le salme dovranno essere successivamente traslate. Alcune persone sostengono che l’avvenuto pagamento della somma determina il maturare del diritto ad usufruire dei servizi cimiteriali e, quindi di accedere alle tombe dei propri cari e, soprattutto il diritto per i defunti di essere sepolti in un luogo dignitoso, pulito e consono alla “pietas”, non certo in un cantiere. Una situazione che comunque è vergognosa. Basterebbe che l’impresa monti l’impalcatura per le tumulazioni e subito dopo la smonti per garantire quel minimo di rispetto dei vivi e dei morti. La giustificazione della decisione di chiudere la cappella che i parenti si sentono ripetere è quella dei “motivi di sicurezza” per la presenza dell’impalcatura, quindi chi segnala quanto sta accadendo chiede che gli uffici comunali competenti diffidi l’impresa, intimando lo smontaggio del ponteggio, la pulizia da polvere e calcinacci, garantendo l’accesso alle tombe, un diritto che i parenti hanno in molti casi già “pagato” versando la quota richiesta.
GIULIA MARTORANA PER IL QUOTIDIANO LA SICILIA