Elio Galvagno ex Presidente Provincia Enna su mobilitazione dipendenti

Elio GalvagnoA margine dell’incontro tra i Sindaci e i dipendenti della ex Provincia di Enna, riuniti in Assemblea permanente dallo scorso 19 maggio, abbiamo chiesto ad Elio Galvagno, oggi Sindaco di Centuripe e già Presidente della Provincia Regionale di Enna dal 1994 al 2003, un parere sulla vicenda.

Sindaco Galvagno, innanzitutto auguri per questo nuovo impegno amministrativo. Come si sente a ritornare a fare il Sindaco del suo Comune dopo 25 anni?
E’ per me motivo di grande orgoglio, per l’ampia fiducia che mi hanno tributato i miei concittadini, ma anche di grande responsabilità, per i problemi, non solo di bilancio, che mi sono trovato ad affrontare già dal giorno della mia elezione e di cui ero pienamente a conoscenza quando ho accettato di candidarmi. D’altra parte, per chi come me ha speso gran parte della propria vita al servizio delle Istituzioni, quando la tua comunità ti chiede una mano per risollevarsi, non puoi tirarti indietro. E io non l’ho fatto, consapevole delle difficoltà ma anche fiducioso nella possibilità di una ripartenza, a Centuripe come altrove.

Oggi ha partecipato all’assemblea dei dipendenti della ex Provincia in vista della mobilitazione a Palermo prevista per martedì. Cosa ne pensa?
Desidero innanzitutto esprimere la mia più sentita solidarietà a chi oggi, dopo l’ennesimo fallimento all’Ars del Disegno di Legge di riforma delle ex Province, si trova senza certezza sul proprio futuro. E questo per la scelta schizofrenica e del tutto incomprensibile di sopprimere questi Enti senza prima avere deciso cosa fare, senza prima avere chiaro un progetto di riordino e di governance più ampio e complessivo, che dovrebbe partire proprio dalle risorse umane che nelle Province hanno lavorato e lavorano, e che oggi vengono trattate come carne da macello, come una variabile secondaria di scelte spesso affrettate e legate ad esigenze, per così dire, di “audience”.

Cosa intende?
Ricordiamo tutti che l’annuncio di Crocetta sull’abolizione delle Province fu uno dei suoi primi atti da Governatore, fatto durante un noto talk show televisivo. Per assecondare l’ondata di antipolitica molto forte nel Paese, ed in Sicilia in particolare, consegnando uno “scalpo” in pasto all’opinione pubblica, si è sacrificato un Ente intermedio serio ed importante. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

Per esempio?
Basti guardare la condizione in cui versano, da allora, interi territori, completamente abbandonati per l’assenza di interventi che prima venivano effettuati dalle Province: penso, solo per citare due esempi emblematici, alle scuole, che stanno in alcuni casi letteralmente cadendo a pezzi, e alle strade, che in assenza di manutenzione da quasi tre anni rischiano di diventare impercorribili, oltre che mettere a rischio quotidianamente chi le attraversa.

Cosa si può fare, adesso, anche per affrontare il problema del personale?
E’ necessario immediatamente approvare una legge, per mettere quantomeno una toppa a quella che considero una vera e propria “ferita”politico-istituzionale. Ma va fatto in maniera strutturale e complessiva, perché non è pensabile lasciare ancora le Province spoglie di funzioni e di competenze. Partendo da una seria analisi su quelli che sono davvero i “costi” e i “benefici” della riforma in discussione.

Lei ritiene che sia sbagliato abolirle?
Ritengo che la scelta, come dicevo, sia stata troppo frettolosa, in Sicilia come nel resto del Paese. In realtà, in un’ottica di spending review, ma anche di razionalizzazione della programmazione, sarebbe molto più utile ridurre le Regioni, che troppo spesso sono state i veri centri di spesa e di spreco, ed istituire al loro posto delle macroregioni, favorendo processi di cooperazione interregionale che facciano recuperare alle Regioni stesse quel ruolo di indirizzo che hanno storicamente avuto. Sapendo che non può esservi una riforma istituzionale efficace senza prima una riforma coraggiosa degli enti locali. E quello a cui stiamo assistendo non è certamente il modo giusto per portarla a termine.