Catania: Alle Gallerie d’Arte Calcagno le opere pittoriche del leonfortese Ignazio Vanadia

Vanadia e AngilettiE’ stata inaugurata questo fine settimana, alle Gallerie Calcagno (sede di Via Piave 8-10) la mostra bi-personale dal titolo “Dualismo” dedicata alle opere di Ignazio Vanadia e Giacomo Angiletti, che sarà aperta sino al 28 dicembre dalle 10:00 alle 13:00 e dalle 17:00 alle 20:00.
Ignazio Vanadia, in arte IVAN, è nato a Leonforte dove vive attualmente, è laureato in filosofia e ha insegnato materie letterarie nella scuola media. Ha esposto, oltre che nel paese natio, a Piazza Armerina, Enna, Sperlinga, Fiuggi e Palermo. Nel suo “profilo artistico” pubblicato sul catalogo delle opere in esposizione si legge “La sua è una ricerca che si concretizza in una continua sperimentazione dei materiali fino al raggiungimento di un equilibrio estetico”. E ancora “Tra i colori e le forme, che tradiscono una istintiva rapidità di esecuzione, occhieggiano parole oppure, addirittura, frasi compiute, vere e proprie metafore sulla solitudine,la memoria, la storia, il tempo, il gioco, il potere. Sicché la scrittura sulla superficie dell’opera, quando c’è, diventa componente del corpus stesso dell’opera”.

Professore Vanadia come è nata l’idea della mostra alle Gallerie d’Arte Calcagno?

Tempo fa sono stato contattato da Davide Calcagno che ha gradito la mescolanza dei diversi materiali che uso per i miei quadri come l’acrilico, l’olio, lo smalto e molta carta, ma anche i testi che accompagnano le opere che sono riflessioni o poesie. E’ da circa un anno che collaboriamo, ma è di questa estate la sua idea di fare la mostra.

Le opere esposte a quale periodo della sua produzione artistica risalgono?

Vanno dagli anni 2000 ad oggi, ma la maggior parte sono di quest’anno. Calcagno, da quando ha deciso di investire su di me, mi ha offerto molti stimoli, mi ha incoraggiato, ha creduto in me sin dal primo momento della nostra collaborazione.

Quali sono tematiche che ricorrono nelle sue opere?

La memoria, le parole, la storia, il tempo, le atmosfere paesane, le relazioni con le persone, i colori stessi, il colore diventa tema di se stesso, come il blu e il rosso. Tutte le opere sono diverse l’una dall’altra, solo la tecnica li accomuna. Ad esempio un volto di donna come compare in “coppia che parla”, non lo ripeto più; non seguo la serialità. Un quadro l’ho invece voluto dedicare a San Francesco d’Assisi.

E il futuro, c’è?

No, c’è il desiderio di una bellezza più direttamente fruibile. Nel futuro c’è la morte.

A quale quadro è più legato, e quale le suscita insofferenza?

Quello al quale sono più affezionato è “La solitudine attende ” perché c’è uno scambio di ruoli tra me e la solitudine, come in un rapporto di cordiale rispetto. La solitudine è un’entità che mi corteggia come un cavaliere nel corso della mia vita, ma accade anche il contrario, sia io a corteggiarla.
Mi mette tristezza “Se non fossi mai nato”, in esso c’è solo un muro, un albero che da fastidio alla vista e sopra una luna che pare un macigno, non nascere è uguale all’esser morto.

Il suo incontro con la pittura quando è avvenuto e come si è sviluppato nel tempo?

E’ sempre stato un hobby personale, tenuto quasi segreto per pudore, anche se mi è sempre stata famigliare come atre, ho dei parenti affermati nel campo. Tuttavia la passione vera e propria è nata quando i miei figli erano molto piccoli, dedicavo interi pomeriggi a giocare con loro e tra i nostri giochi c’era la combinazione e sperimentazione di colori e materiali.

E’ da loro che imparato a dipingere?

Da loro ho appreso la creatività.

Che colore attribuirebbe alla pittura?

Ha i suoi momenti e quindi i suoi colori. Adesso il colore è blu, penso e scrivo così, è attraverso di esso che vedo la realtà; è una questione sensoriale. Ma c’è stato anche il rosso, con quello ho parlato del mio paese, e mi fa pensare alle mie esperienze personali , a immagini di gente che canta, inni di popolo e urla di rabbia, un colore che ha avuto la sua epoca.

Che messaggio dà al fruitore della sua opera?

Al fruitore dico di non limitarsi a verificare l’adattabilità del quadro al colore del divano, ma di farsi “emozionare” dalla sua armonia, di entrare in empatia con colori e forme, come si fa quando si ascolta della buona musica. Se poi anche un pensiero arriva, tanto meglio. Ci si accorge così che la vita è espansiva, e può portare, se lo si vuole, in territori lontani, che forse, sono quelli della propria anima…

Livia D’Alotto