Università popolare: Mostri a Leonforte

Università popolare leonforteLeonforte. Si parlò all’Università popolare di una nascita mostruosa. Si parlò di un parto straordinario in occasione della giornata del 25 di novembre ebbene quella notizia ha scosso le anime dei curiosi al punto che è stato doveroso riparlarne. La lezione del 14 dicembre infatti è stata dedicata interamente a questa vicenda. A raccontare l’accaduto è la professoressa Maria che dal libro di P. Pappalardo “Un paese, storie di tabarani” legge il Mongitore, nella sua opera “La Sicilia ricercata nelle cose più memorabili”. Al Mongitore giunse notizia dal dottore Mazzocca che in Leonforte viveva praticando la medicina. Il Mazzocca scriveva nell’anno 1740 in data 13 dicembre e al principe di Leonforte e al cronista Mongitore. Al primo rivolgeva l’ invito di sedare i turbinii che un fatto inenarrabile avevano provocato al paese; al secondo inviava un resoconto dettagliato dell’accaduto: “….Chiamato da G. V. a visitar la sua donna che stava sopra il parto da due giorni” e continua così fino a descrivere un essere disanimato: bicefalo e munito di quattro arti e apparentemente asessuato. Gli interni della creatura erano assai più atipici che le esteriorità, il cuore infatti stava attaccato alla spina dorsale e gli altri organi pure erano sparsi e disarticolati. La nascita come già si è detto allarmò i leonfortesi, che lasciati in balia dell’ignoranza e in assenza di autorità si rivolsero alla chiesa. Si rubava l’acqua dalle acquasantiere, si aspergevano le persone e gli animali che avevano sfiorato la donna che in grembo portava il mostro e si ricorse a esorcismi e pratiche indicibili per mesi. La natalità crollò per quello e l’anno a venire. La paura che l’immondo si fosse incarnato in una femmina d’uomo, colpevole senz’altro di chissà quali abomini, alimentò i peggiori pensieri e la totale mancanza di controllo portò all’anarchia. Nel 1964 al paese un fatto analogo si ripresentò interessando stavolta un agnellino. Taluni dei presenti in “aula” della bestiola si ricordavano ancora e fra un “ io la vidi” e un “a me la raccontarono” si è giunti alla conclusione della lezione. L’umanità è ancora timorosa del diverso e a ricordarcelo è stata un’universitaria che a chiosa di un fatto, che pare un cuntu, ha raccontato di come pure la sua bambina fu oggetto di morbosa curiosità: “mi fermavano per strada e mi bussavano alla porta di casa per vederla” e forse uscendo si segnavano pure per allontanare il pericolo, per sviare il fato, per raccomandarsi a Dio che la malattia e la povertà portano sventura e solitudine, ieri come oggi.

Gabriella Grasso