E l’università Kore di Enna accusò la moglie del Prefetto
«Ostacolati perché le eravamo antipatici»
I veleni per il commissariamento e un caso che ora vede indagato il ministro dell’Interno Angelino Alfano
Gian Antonio Stella per il Corriere della Sera
La replica
La signora, che si chiama Cecilia Neri, è appassionata di bio-architettura e nei due anni siciliani si era data da fare in varie iniziative culturali, ha risposto secca: «È completamente falso». Di più: «È un chiaro tentativo di deviare l’attenzione su cose che non hanno nulla a che vedere con le indagini. Non ho mai ricevuto alcun sostegno, né logistico né di altro tipo da parte della Kore. Tutto quello che abbiamo fatto a Enna, una comunità straordinaria che anche in questo momento ci sta mostrando grande vicinanza, è stato fatto gratuitamente, i progetti che abbiamo portato avanti hanno coinvolto più di mille persone». Querele in vista? Può darsi. Certo «l’affare Enna», con l’inchiesta del procuratore di Roma Giuseppe Pignatone su Alfano, sul viceministro Filippo Bubbico, sul capo della segreteria particolare ed ex deputato ds Ugo Malagnino, sull’ex senatore pd Mirello Crisafulli e sullo stesso Cataldo Salerno sta divampando, col suo ricasco di richieste di dimissioni da parte dei grillini e non solo, sempre più incontrollabile. Quel trasferimento di Fernando Guida a Isernia deciso alla vigilia di Natale fu una punizione perché il prefetto infastidiva certi potentati locali, un normale trasloco esente da ogni malizia o addirittura un favore al funzionario avvicinato per motivi familiari a due ore da Roma? Buona la terza, fa sapere il trasferito che avrebbe qualche difficoltà, va detto, a ribellarsi al ministro. Buona la seconda, dice Alfano: «La vicenda di cui si parla è un caso nato morto, superato e smentito dai fatti». Se lui avesse davvero spostato il prefetto perché quello voleva commissariare la «Fondazione Kore» che vede ai vertici (nominati a vita come il Papa) alcuni degli uomini più potenti di Enna, perché mai lui stesso avrebbe poi «personalmente stimolato» la prefettura «a completare l’opera» col commissariamento «il 30 gennaio scorso»? A farla corta, pare filare tutto: la tesi del ministro e del prefetto che avrebbe manifestato «piena condivisione».
Le intercettazioni
Tutto bene se una ventina di intercettazioni, su un totale di sei o settemila registrate in un’inchiesta sulla «Fondazione Kore» non rivelassero una fretta sempre più irritata e apprensiva di vari potentati locali in attesa di «quel» trasferimento. Una su tutte, quella di Mirello Crisafulli che sbuffava contro Alfano: «Dobbiamo fare presto, dobbiamo risolvere questa cosa prima che il ministro parta per le vacanze di Natale». Facciamo un passo indietro. Tutto nasce da Mirello, il Barone Rosso per decenni dominus locale («Qui vinco col proporzionale, il maggioritario e pure col sorteggio», rideva prima di essere sconfitto alle ultime comunali) e da una sua «fissa»: perché mai Enna, anche se ha solo 28 mila abitanti (un terzo di Torre del Greco) non può avere una sua università? Et voilà, ecco la Kore, per anni retta dall’ex ministro socialista Salvo Andò e basata su tre ordinari e tutti gli altri professori, diciamo così, a tempo. Passa qualche anno e rilancia: perché mai i ragazzi ennesi dovrebbero sottostare come tutti al numero chiuso in medicina? Et voilà, ecco la sede distaccata della «Universitatea Dunărea de Jos» di Galati («Sono fantasioso») sia pure ultima nel ranking nazionale rumeno in medicina e odontoiatria. L’Italia sorride, il ministro manda ispettori, arrivano le diffide? Crisafulli se ne infischia: a «Mirellolandia» (copyright di Mario Barresi, de La Sicilia) comanda lui. Immaginate dunque il fastidio nel vedere il prefetto Fernando Guida mettere il naso nella Fondazione Kore e peggio ancora avviare il commissariamento. Non ha peli sulla lingua, Mirello: «Chi vuol commissariare la Kore è un bandito, chiaro?».
Il rapporto trasmesso a Roma
A far scoppiare il caso a livello nazionale è però l’allora procuratore ennese Calogero Ferrotti. È il 31 dicembre 2015 e un attimo prima di andare in pensione il giudice trasmette a Roma un rapporto ipotizzando appunto che il prefetto sia stato trasferito per punizione. Meno di due settimane dopo, alla cerimonia di addio, Ferrotti lascia in prima fila una sedia vuota, quella del prefetto: «Il suo allontanamento rappresenta un vero sfregio al tessuto vivo di questo territorio. Fin dall’insediamento aveva dato l’immagine autorevole della presenza dello Stato in una terra difficile. Al radicamento di questi principi basilari, alcune forze, da tempo, si dimostrano invece indifferenti, se non addirittura avverse». Non bastasse, il procuratore generale di Caltanissetta Sergio Lari rincara: «Sono stati posti aperti tentativi di bloccare un’indagine della magistratura e di delegittimare con una denuncia fatti inesistenti contro chi stava conducendo quelle indagini nel pieno rispetto delle regole e senza alcun clamore mediatico»… Ed era, come si è visto, solo l’inizio…
Enna: nella telenovela dell’università romena spunta l’avvocato di Gelli
Felice Cavallaro per il Corriere della Sera
La «fatwa» del ministro
Appunto, nell’«aula remota». Un eufemismo che potrebbe richiamare i cliché della vecchia scuola per corrispondenza o delle più giovani università telematiche definite sui siti approvati dal ministero dell’Istruzione «corsi universitari a distanza». Ma è stata proprio la ministra Giannini a lanciare la fatwa contro questa università «illegale» picchiando duro anche sulla Regione siciliana. Accusata di avere stipulato una convenzione per assicurare i locali all’interno dell’ospedale. Scelta revocata con un frettoloso passo indietro. Seguito da un passo avanti, visto che all’inaugurazione dell’anno accademico s’è comunque presentato l’assessore all’Istruzione del governo Crocetta, Bruno Marziano, subito redarguito dall’assente assessore alla Sanità Baldo Gucciardi. Tutti nel Pd e tutti divisi, davanti a ragazzi che al Fondo Proserpina pagano una retta da 9.300 euro, disorientati come Alessio Alfano, pendolare da Floridia, 130 chilometri dalla provincia di Siracusa, matricola con l’aspirazione di diventare oncologo: «Mio fratello studia a Siena. Io volevo andare in Romania. Ma quando mio padre, medico di famiglia, ha saputo di Enna abbiamo scelto questa soluzione. È un’opportunità. Costa meno e ci crediamo. Abbiamo fatto un corso di due mesi in lingua rumena. Abbiamo superato il test. Che male facciamo a studiare qui? Ma con queste polemiche diventa tutto incerto…». Annuisce Cristian Pagana, 26 anni, la famiglia nella vicina Troina, infermiere professionale con laurea breve, precario in una casa di riposo: «Con i risparmi che ho messo da parte nulla chiedo a casa, mi autosostengo e scommetto per diventare medico, da ‘studente rumeno’ con nazionalità italiana. Come i miei colleghi che studiano all’estero. Noi e loro in linea col Trattato di Lisbona…».
Ricorso a Bruxelles
Ed eccoci alle dispute di diritto internazionale che campeggiano sull’ex ufficio del Collocamento di Enna Bassa, locali in affitto nei quali insegnanti e allievi hanno dovuto ripiegare dopo il niet delle strutture sanitarie negate dalla Regione. Dispute che pure l’omologo di Crocetta, il presidente della regione di Galati, Bacal Baça, arrivato con il rettore dell’ateneo «Dunarea de Jos», Iulian Gabriel Birsan, e con il direttore dell’università, Cesar Bichescu, ha deciso di porre a Parlamento europeo e Corte di giustizia dell’Ue, rassicurando gli studenti. Sorrisi e foto di gruppo. Poi, il via alle lezioni, a dicembre. Cominciando con biofisica. Dalle 9 alle 13, un’ora di pausa, fino alle 17,30. Orari tosti. Tutto in rumeno. Ma senza eccessive difficoltà, stando ad Alessio, l’aspirante oncologo: «È lingua di ceppo latino e se qualche parola salta ci arrangiamo con l’inglese». Il test del primo periodo di lezioni sembra soddisfare anche Mariapia Barbagallo che torna nella sua Acireale per il weekend, Gaetano Roberti, Martina Strano, Delizia Di Carlo, un po’ tutti gli aspiranti medici. Tutti in posa per le foto di gruppo con dirigenti e professori rumeni. Una festa che, fuori dal vecchio Collocamento, diventa una guerra.
Ritirata al Collocamento
Combattuta a colpi di incriminazioni non solo per abuso d’ufficio, ma addirittura per «invasione di edificio pubblico», stando ai reati ipotizzati dal procuratore di Enna contro il vertice della «Proserpina», la creatura di Crisafulli, il cervellone di questo ponte siculo-rumeno, da Renzi defenestrato, senza partito, ma deciso a difendere la sua idea, felice di vedere i ragazzi in aula anche se hanno dovuto abbandonare i locali dell’ospedale. Effetto della convenzione sventolata e poi negata dalla Regione. Con l’epilogo dell’«invasione» che ha costretto i siculo-rumeni alla ritirata verso Enna bassa, appunto nei locali lasciati dal Collocamento. Dove si studia lontani dall’ospedale che forse i rumeni speravano di trasformare in una sorta di Policlinico di periferia facendo mettere mano sui malati. Così resta invece la dimensione ridotta dell’«aula remota» che fa gridare allo scandalo i rettori di Palermo e Catania, compreso quello di Enna, il professore Gianni Puglisi, mai una parola a favore del giocatolo di Crisafulli.
L’avvocato di Gelli
Un giocattolo che crea imbarazzi e attacchi durissimi come quelli dei Cinque Stelle, sferzanti con Valentina Zafarana nel definire «inaccettabile, scandalosa, oltraggiosa» la presenza all’inaugurazione con i rumeni dell’assessore Marziano, un po’ pentito ma non troppo: «Ho replicato duro quando è aleggiata la minaccia di commissariamento da parte della ministra…». Provvedimento poi scattato mentre il tribunale del riesame, col dissequestro del conto corrente milionario, dava un dispiacere al procuratore di Enna contro il quale, chiedendone perfino la rimozione al Csm, si scatena l’avvocato già ingaggiato dalla «Proserpina», Augusto Sinagra, guarda un po’, famoso legale di Licio Gelli. Altra polemica aperta. Nella contesa di Enna dove comunque 60 ragazzi vivono la loro speranza «remota».