“Nella delibera emergono parecchie contraddizioni – ci dice Peppe Amato della Legambiente Sicilia, a suo tempo tra i promotori della nascita del Parco – già il termine “Consorzio”, utilizzato ad libitum dall’estensore della delibera, sembra fuorviare circa l’esatta natura giuridica dell’Ente Parco che essendo un “ente pubblico non economico della regione siciliana” non può soggiacere alla procedura civilistica prevista per le “società costituite” o per le “partecipazioni acquistate” dagli enti locali. Poi, sarebbe gravissimo che nel momento in cui l’Unesco ha finalmente inserito il Geopark ennese, e Floristella che ne rappresenta il fulcro, nel Programma Internazionale dei Geoparchi, due dei quattro comuni che fanno parte dell’Ente – appunto Enna e Valguarnera – se ne chiamino fuori condannando al sottosviluppo aree con grandissime potenzialità di crescita. Inoltre, nel Piano delle razionalizzazioni allegato alla delibera, si leggono altre palesi incongruenze. Da un lato gli elogi per l’azione svolta dall’Ente Parco e gli apprezzamenti per la contabilità in ordine, dall’altro un giudizio negativo imputato alle possibili conseguenze della crisi finanziaria alla Regione Siciliana e allo stato di precarietà della ex Provincia di Enna che prima o poi verranno scaricate sull’ente partecipato. Come dire: siccome papà e mamma appaiono come dissoluti, tu, seppure figlio virtuoso, sarai abbandonato. Ed io lo faccio prima degli altri”. Infatti, nel Piano di razionalizzazione approvato dalla giunta Draià, è scritto: “pur riconoscendo un alto valore nella gestione di funzioni fondamentali, pur verificando la positività dei dati di bilancio […] si ritiene che si debba proporre al Consiglio Comunale la fuoriuscita dal Consorzio con la cessione della quota”. “Ove ciò accadesse davvero – continua Amato – sarebbe l’inevitabile disfacimento dell’Ente Parco. E a nulla saranno valsi gli sforzi sin qui compiuti per recuperare alla pubblica fruizione quei luoghi abbandonati al degrado, per dare lavoro alle persone che vi sono occupate, per recuperare l’ottocentesco Palazzo Pennisi da adibire a museo in cui conservare la straordinaria memoria della civiltà mineraria siciliana”.
Salvatore Di Vita