Soldi prodotti illegalmente al Nord da «soggetti dimoranti in Lombardia di origine siciliana» che, oltre a creare proventi per se stessi, accumulando fondi neri all’estero, ma dovevano girare alla famiglia mafiosa il denaro che serviva anche ad aiutare i «picciotti» finiti in carcere. Giuseppe Nastasi era in contatto diretto con la cosca dell’ennese, ma anche con la cosca degli Accardo di Partanna (Trapani), vicina al superlatitante Matteo Messina Denaro di Castelvetrano (Trapani) ed è imparentato con una clan della ‘ndrangheta calabrese attivo nel milanese. Il pm Paolo Storari nel processo ha fatto riferimento anche a possibili collegamenti tra Nastasi e Messina Denaro, ed il Gup scrive che il primo ha avrebbe ben potuto anche mettersi «a disposizione ed al servizio» del secondo. Il giudice condivide l’impostazione di Storari secondo il quale Nastasi, sebbene non fosse inserito organicamente in Cosa nostra, ne agevolasse l’attività mafiosa attraverso una «redistribuzione dei proventi» delle attività imprenditoriali al Nord decisa con Liborio Pace, altro amministratore di fatto di Dominus (sarà processato con il rito ordinario in Tribunale).
Le indagini hanno rivelato la «elevata pericolosità sociale» di Nastasi che è stato «ideatore e promotore di un sodalizio criminoso strutturato per operare in modo duraturo, programmato e continuato», un «meccanismo illecito e sofisticato» dalla «palesata capacità di infiltrazione nella realtà imprenditoriale lombarda», sottolinea il giudice Del Corvo. I risultati dell’inchiesta hanno poi portato al commissariamento da parte della sezione misure di prevenzione del Tribunale di gran parte delle attività di Fiera spa e, prima ancora, della stessa Nolostand che allestisce gli spazi espositivi nelle varie manifestazioni organizzate da Fiera Milano, come ha fatto in Expo 2015 realizzando quelli del Palazzo Congressi, dell’Auditorium, dei padiglioni della Francia e del Qatar. Queste vicende e l’eco che esse producono «si traducono in un evidente disincentivo agli investimenti, essendo fatto notorio che la presenza di infiltrazioni mafiose in seno al settore degli appalti compromette la libertà e l’autonomia imprenditoriale e vanifica i criteri della libera concorrenza», annota il Giudice per l’udienza preliminare.
di Giuseppe Guastella per il Corriere della Sera