Cgil Sicilia, Legge Acqua: niente bufale per sostenere vecchie e nuove privatizzazioni

Legge Acqua in Sicilia: niente bufale per sostenere vecchie e nuove privatizzazioni; sentenza della Corte Costituzionale scontata e prevedibile, non inficia in alcun modo la possibilità della gestione pubblica e la rescissione dei contratti coi privati
Mai bocciatura fu più preannunciata e, quel che è peggio, mai fu più scontata fin dall’inizio.
Che le norme demagogiche votate dall’Ars fossero destinate a bocciatura costituzionale era infatti evidente a tutti

La riforma per l’acqua pubblica è sempre più un terreno minato su cui muoversi. La sensazione viene fuori dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha bocciato alcuni, forse i più significativi, articoli della riforma del sistema idrico che l’Ars aveva strombazzato ai quattro venti. Questo ovviamente porta dei riflessi anche nella provincia ennese dove il tema acqua è molto caro, anche in senso economico, e sempre di grande attualità.
Nella sua sentenza la Corte ha bocciato il limite di nove anni per le concessioni ai privati a fronte di una gestione illimitata per le gestioni in “house”. Nel caso ennese, ad esempio, AcquaEnna ha avuto una gestione trentennale. La Corte ha considerato la norma in violazione con il principio della concorrenza.
Disco rosso anche sulle tariffe che la norma metteva tra i “poteri” della giunta ma bocciata perchè spetta all’Autorità per l’energia elettrica il gas e il sistema idrico il compito di definirle. Bocciata, poi, la norma che creava il Fondo di solidarietà così come quella che dimezzava le tariffe in caso di non potabilità.
Nell’Ennese si è guardato molto a questa sentenza e soprattutto a quell’articolo 4 che metteva a carico dell’affidatario ogni variazione economica per qualsiasi causa anche non imputabile al gestore e qui la mente è subito andata alle ormai note partite pregresse su cui tanto ha discusso, ed anche litigato, sia la politica che i comitati per i cittadini con l’ente gestore del servizio. I sindaci a maggioranza si sono schierati per la loro sospensione di sei mesi, atto votato ma dichiarato nullo dal dipartimento regionale Acqua perchè l’Ati non poteva farlo. Tra consumatori ed AcquaEnna invece la lotta continua ad andare avanti a colpi di sentenze del Giudice di pace sulla legittimità delle stesse partite pregresse.
L’eredità che la sentenza della Corte lascia è dunque il ruolo pressocchè nullo dell’Ati, e quindi dei Comuni, nel decidere le tariffe ma anche e l’esclusione di qualsiasi gestione diretta dei Comuni anche in forma associata. Decisioni che apriranno la porta a mille polemiche.

CGIL Sicilia:
Gli articoli della legge 19/15 giudicati incostituzionali dalla Corte sono gli stessi che il Presidente Crocetta e l’Assessore Contraffatto hanno voluto inserire, come emendamenti al testo di legge esitato dalla IV Commissione ambiente ARS, in fase di approvazione in Assemblea Regionale. Avevamo già scritto che sembravano messi apposta per dare l’opportunità di far impugnare la legge a Renzi come è infatti avvenuto. La disparità di trattamento per la durata della gestione tra pubblico e privato e la determinazione delle tariffe in ambito regionale, cassati dalla legge, erano scontati; tutti conoscono le leggi nazionali ed europee a tutela della concorrenza e che è di competenza dell’AEEGSI, su proposta delle Autorità d’Ambito, e non della Giunta regionale il sistema tariffario.
Quello che il Governo Crocetta non ha voluto difendere, rinunciando guarda caso a costituirsi come parte resistente all’impugnativa di Renzi, è la possibilità delle gestioni dirette e la costituzione dei sub-ambiti da parte dei comuni, bocciate dalla Corte in funzione dalla modifica introdotta all’art. 149 bis del d.lgs 152/2006, che introduce l’unicità di gestione in luogo dell’unitarietà. Questa possibilità, a nostro parere, sarebbe rimasta del tutto legittima se la legge avesse interessato l’intero patrimonio idrico regionale per tutti gli usi, anche irrigui ed industriali, e non solo per l’idropotabile, così come era previsto dalla proposta di legge di iniziativa Popolare e dei Consigli Comunali di cui la legge 19/15 è figliastra. Il paradosso invece è che la sentenza della Corte risulta avversa alle gestioni dirette facendo perno proprio sull’art. 14 dello Statuto autonomo che affiderebbe competenze esclusive in materia di acque pubbliche alla Regione, dando un’interpretazione riduttiva anziché espansiva dell’articolo 14 e dell’Autonomia al contrario di quanto avvenuto per le province autonome di Trento e Bolzano che hanno rafforzato nel proprio Statuto la competenza sull’idrico.
Al Giornale di Sicilia che oggi titola “Bocciata la riforma dell’acqua, tornano i privati” vorremmo dire che i privati non se ne sono mai andati ne sono stati mai messi in discussione i loro contratti come prevede la legge 19/15. Parliamo della multinazionale francese Veolia che gestisce con il 75% delle quote insieme al 25% della regione il sovrambito regionale Siciliaacque spa. Crocetta avrebbe dovuto entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge, cioè entro novembre 2015 valutare “la sussistenza dei presupposti per l’eventuale esercizio di recesso dalla convenzione con Siciliaacque spa” ed in ogni caso avviare le procedure per la revisione della stessa, cosa mai avvenuta, mentre rischiamo l’emergenza idrica a causa di invasi e dighe mai ristrutturate. I privati gestiscono il SII in provincia di Agrigento e di Caltanissetta rispettivamente con Girgenti Acque e Caltacqua. Non si contano più le inchieste giudiziarie in corso e le condanne in giudicato per diverse tipologie di reato, ma le inadempienze contrattuali, il danno ambientale e le vessazioni sui cittadini non sono mai stati verificati, malgrado diversi articoli della legge 19/15 lo prevedessero con una tempistica preordinata dalla stessa legge.
Invano abbiamo chiesto l’accesso agli atti all’Assessore ed al Presidente in merito ad esempio al rispetto del Protocollo di legalità sottoscritto da Ministero, Confindustria, Federutility e Regione Sicilia nel 2010, delle conseguenti Linee Guida di attuazione del Protocollo del 04/07/11 e Patto d’integrità. Si è chiesto di conoscere se fossero state effettuate dalla Presidenza della Regione, dall’Assessorato all’energia, dal Ministero per l’Ambiente, dalle Prefetture siciliane individualmente e/o congiuntamente le verifiche periodiche sul rispetto del Protocollo ed in particolare delle relazioni semestrali dei Dirigenti Gen.li del Dipartimento acqua, rifiuti. Invano abbiamo chiesto in data 3 febbraio 2017 un incontro urgente al Presidente Crocetta, attendiamo ancora risposta.
Quella che abbiamo avuto di fronte è una Regione autistica ed asservita alla logica neoliberista di privatizzazione promossa a livello nazionale, incapace di rispondere alla volontà Popolare e dei Comuni siciliani che hanno lottato negli ultimi 10 anni per l’Acqua Pubblica e che hanno trovato negli ultimi tre governi regionali un muro di gomma. La legge regionale 19/15, anche spogliata degli articoli cassati dalla Corte, resta una legge per la ripubblicizzazione delle Acque. Se in questi due anni si è temporeggiato in attesa della sentenza ora bisogna correre per non vedersi servire qualche ulteriore polpetta avvelenata di cui si ha già sentore. Ai sindaci riuniti nelle ATI il compito di definire la gestione pubblica e partecipativa delle acque in Sicilia, di rescindere i contratti con i gestori privati, di pretendere dal Presidente e dall’Assessore l’applicazione della legge. Come movimenti continueremo a lottare affinché la volontà popolare venga rispettata e faremo valutare ai nostri legali possibili interventi sulle inadempienze della Regione in merito all’applicazione della legge.
Si scrive Acqua si legge Democrazia e non siamo disposti a cedere ne l’una ne l’altra!


SENTENZA N. 93
ANNO 2017

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Paolo GROSSI; Giudici : Alessandro CRISCUOLO, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,

ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 2, lettera c), 3, comma 3, lettera i), 4, commi 2, 3, 4, 6, 7, 8, e 12, 5, comma 2, 7, comma 3, e 11 della legge della Regione siciliana 11 agosto 2015, n. 19 (Disciplina in materia di risorse idriche), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 20-23 ottobre 2015, depositato in cancelleria il 22 ottobre 2015 ed iscritto al n. 99 del registro ricorsi 2015.
Udito nell’udienza pubblica del 7 marzo 2017 il Giudice relatore Daria de Pretis;
udito l’avvocato dello Stato Pio Giovanni Marrone per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto
1.‒ Con ricorso notificato il 20-23 ottobre 2015, depositato il 22 ottobre 2015 e iscritto al n. 99 del registro ricorsi 2015, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato diversi articoli della legge della Regione siciliana 11 agosto 2015, n. 19, recante «Disciplina in materia di risorse idriche».
1.1.‒ In primo luogo, il Governo impugna i commi 2 e 3 dell’art. 4 della legge reg. Sicilia n. 19 del 2015, i quali così recitano: «2. La disciplina dell’affidamento della gestione del servizio idrico integrato è di prevalente interesse pubblico e non riveste carattere lucrativo. Per tale ragione, può essere affidata dalle Assemblee Territoriali Idriche di cui all’articolo 3, comma 2, ad enti di diritto pubblico, quali Aziende speciali, Aziende speciali consortili, consorzi tra comuni, società a totale partecipazione pubblica, a condizione che i comuni, che compongono le Assemblee, esercitino nei confronti dei soggetti affidatari un controllo analogo. 3. La gestione del medesimo servizio idrico integrato può essere affidata, per un periodo non superiore a nove anni, all’esito di procedure di evidenza pubblica e con esclusione delle procedure di affidamento di cui agli articoli 56 e 57 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, come recepito nella Regione con legge regionale 12 luglio 2011, n. 12 e successive modifiche ed integrazioni, a soggetti privati, ivi comprese le società miste a partecipazione pubblica. Tale affidamento ha luogo previa verifica, da parte delle Assemblee territoriali idriche, della sussistenza di condizioni di migliore economicità dell’affidamento, rispetto alle ipotesi di cui al comma 2 […]».
Tali disposizioni sarebbero viziate sotto tre differenti profili.
1.1.1.‒ La previsione di un’asimmetria tra l’affidamento in house della gestione del servizio idrico integrato (in seguito, anche SII), per il quale non è stabilito alcun termine di durata, e l’affidamento a privati mediante procedura di evidenza pubblica, ristretto nel termine massimo di nove anni, eccederebbe dalle competenze di cui all’art. 14, primo comma, del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana, di seguito: statuto della Regione siciliana), violando:
– l’art. 3, primo comma, della Costituzione, in relazione al principio di eguaglianza e ragionevolezza;
– l’art. 117, comma secondo, lettere e) e s), Cost., in riferimento agli artt. 119 e 154 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) e all’art. 10, comma 14, lettera d), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 (Semestre Europeo – Prime disposizioni urgenti per l’economia), convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, in quanto l’affidamento in house a tempo indeterminato contrasterebbe con il principio secondo cui il servizio deve essere organizzato in modo da garantire il recupero dei costi;
– gli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in riferimento agli artt. 14 e 106 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), nonché in riferimento all’art. 9 e al considerando n. 38 della direttiva 2000/60/CE (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque), dai quali si desumerebbero i principi di pari trattamento tra impresa pubblica e impresa privata e di recupero dei costi;
– l’art. 117, comma secondo, lettere e) e s), Cost., in riferimento all’art. 149-bis del d.lgs. n. 152 del 2006, che non ammetterebbe discriminazioni in base alla natura pubblica, mista o privata del soggetto affidatario;
– l’art. 117, comma secondo, lettere e) e s), Cost., in riferimento agli artt. 151, comma 2, lettera d), del d.lgs. n. 152 del 2006 e 10, comma 14, lettera d), del d.l. n. 70 del 2011, i quali attribuiscono all’Autorità per l’energia elettrica ed il gas e il sistema idrico (di seguito: AEEGSI) il compito di predisporre la convenzione tipo della gestione, definendo anche «la durata dell’affidamento, non superiore comunque a trenta anni»;
– l’art. 14, primo comma, dello statuto della Regione siciliana, dato che il principio del recupero dei costi costituirebbe una «norma di grande riforma economico-sociale».
1.1.2.‒ L’art. 4, comma 2, nella parte in cui non prevede che gli enti di diritto pubblico cui è possibile affidare la gestione del servizio idrico integrato svolgano la loro attività in prevalenza nei confronti dell’ente affidante, non rispetterebbe le condizioni stabilite dal diritto dell’Unione europea per l’affidamento in house. Per questo motivo, la disposizione violerebbe:
– l’art. 14, primo comma, dello statuto della Regione siciliana;
– l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in riferimento all’art. 149-bis del d.lgs. n. 152 del 2006;
– gli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in riferimento agli artt. 14 e 106 del TFUE.
1.1.3.‒ L’art. 4, comma 3, garantirebbe un regime di favore per l’affidamento in house rispetto all’affidamento tramite procedura di evidenza pubblica, dovendo, il soggetto affidante che sceglie questo secondo sistema, assolvere a uno speciale onere motivazionale. È prevista, infatti, una «previa verifica, da parte delle Assemblee territoriali idriche, della sussistenza di condizioni di migliore economicità dell’affidamento». La disposizione violerebbe:
– l’art. 14, primo comma, dello statuto della Regione siciliana;
– l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in riferimento all’art. 149-bis del d.lgs. n. 152 del 2006, che non prevede analogo onere motivazionale;
– gli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in riferimento agli artt. 14 e 106 TFUE, in quanto secondo il diritto dell’Unione europea l’affidamento in house rappresenta una «eccezione rispetto alla regola generale dell’affidamento a terzi mediante gara», come affermato da questa Corte nella sentenza n. 325 del 2010;
1.2.‒ L’art. 4, comma 4, recita: «Nell’ipotesi di affidamento prevista dal comma 3 i bandi di gara prevedono, a pena di nullità, che: a) le condizioni economiche dell’affidamento non possano mutare per tutta la sua durata, rimanendo a carico dell’affidatario anche gli oneri relativi ad eventuali varianti, per qualsiasi causa necessarie, ove funzionali all’espletamento del servizio; b) il contratto di affidamento sia risolto di diritto, ove il servizio venga interrotto per più di quattro giorni e interessi almeno il 2 per cento della popolazione, fermo restando che, ove qualsiasi interruzione anche di diversa natura si protragga per più di un giorno, l’affidatario è tenuto al pagamento di una penale di importo non inferiore ad euro 100.000 e non superiore ad euro 300.000 per giorno di interruzione. Le fideiussioni definitive del contratto di affidamento devono garantire l’ipotesi di pagamento della penale di cui alla presente lettera».
Avverso tale previsione il Governo articola tre ordini di censure.
1.2.1.‒ Nel porre a carico dell’affidatario ogni variazione economica che possa intervenire nel periodo di affidamento per qualsiasi causa, anche non imputabile al gestore, la disposizione contrasterebbe con il principio, di derivazione comunitaria, di copertura dei costi e di equilibrio economico finanziario della gestione.
Ne conseguirebbe la violazione:
– degli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in riferimento all’art. 14 del TFUE, all’art. 9 e al considerando n. 38 della direttiva 2000/60/CE;
– dell’art. 14, primo comma, dello statuto della Regione siciliana;
– dell’art. 117, secondo comma, lettere e) e s), Cost., in riferimento agli artt. 119 e 154, comma l, del d.lgs. n. 152 del 2006, e all’art. 10, commi 11 e 14, del decreto-legge n. 70 del 2011, e agli artt. 2, lettera e), e 3, comma l, lettera c), del d.P.C.m. 20 luglio 2012 (Individuazione delle funzioni dell’Autorità per l’energia elettrica ed gas attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi idrici, ai sensi dell’articolo 21, comma 19 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201).
1.2.2.‒ La disposizione censurata colliderebbe, in secondo luogo, con l’art. 151 del d.lgs. n. 152 del 2006, il quale attribuisce all’AEEGSI il compito di definire, nell’ambito della convenzione tipo: «i criteri e le modalità di applicazione delle tariffe determinate dall’ente di governo dell’ambito e del loro aggiornamento annuale, anche con riferimento alle diverse categorie di utenze» (comma 2, lettera e); nonché «le penali, le sanzioni in caso di inadempimento e le condizioni di risoluzione secondo i principi del codice civile» (comma 2, lettera o).
1.2.3.‒ Nella parte in cui prevede condizioni per l’affidamento del servizio tramite procedure di evidenza pubblica ulteriori e più rigorose rispetto a quelle previste per l’affidamento in house, la disposizione regionale renderebbe eccessivamente difficile l’organizzazione di un servizio in grado di recuperare efficacemente i costi nel corso di una gestione già di sé molto breve (avente durata massima di nove anni), determinando una disparità di trattamento tra situazioni analoghe.
La norma si porrebbe quindi in contrasto con:
– l’art. 3, primo comma, Cost., in relazione al principio di eguaglianza e ragionevolezza;
– l’art. 14, primo comma, dello statuto della Regione siciliana;
– l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in riferimento all’art. 149-bis del d.lgs. n. 152 del 2006;
– gli artt. 11 e 117, primo comma, Cost.
1.3.‒ Viene impugnato l’art. 4, comma 7, il quale recita: «Al fine di salvaguardare le forme e le capacità gestionali esistenti, i comuni possono provvedere alla gestione in forma diretta e pubblica del servizio idrico, in forma associata, anche ai sensi dell’articolo 30 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, attraverso la costituzione di sub-ambiti ai sensi dell’articolo 3, comma 3, lettera i), composti da più comuni facenti parte dello stesso Ambito territoriale ottimale, che possono provvedere alla gestione unitaria del servizio».
Secondo il ricorrente, tale norma presenterebbe profili di illegittimità costituzionale sia in relazione alle modalità di affidamento del servizio, sia in relazione alla frammentazione dell’unicità della gestione nell’ambito.
1.3.1.‒ Sotto il primo profilo, contrasterebbe con l’art. 149-bis del d.lgs. n. 152 del 2006, il quale dispone che l’affidamento del servizio deve avvenire in una delle forme «previste dall’ordinamento europeo», nonché nel rispetto «della normativa nazionale in materia di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica», escludendo la possibilità della gestione diretta del servizio consentita invece dalla norma censurata.
Ne risulterebbero violati:
– l’art. 117, comma secondo, lettera e), Cost., in riferimento all’art. 149-bis del d.lgs. n. 152 del 2006;
– l’art. 14, primo comma, dello statuto della Regione siciliana;
– gli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in riferimento agli artt. 14 e 106 del TFUE.
In via consequenziale, il ricorrente sollecita questa Corte a dichiarare, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953 n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), costituzionalmente illegittimo anche l’art. 5, comma 6, della legge regionale impugnata, secondo cui: «[n]elle more dell’espletamento delle procedure di cui all’art. 4, i comuni afferenti ai disciolti Ambiti territoriali ottimali presso i quali non si sia determinata effettivamente l’implementazione sull’intero territorio di pertinenza della gestione unica di cui all’art. 147, comma 2, lettera b), del decreto legislativo n. 152/2006 e successive modifiche e integrazioni, con deliberazione motivata da assumere entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, possono adottare le forme gestionali del comma 7 dell’articolo 4».
1.3.2.‒ Sotto altro aspetto, la disposizione impugnata, consentendo la costituzione di sub-ambiti, si porrebbe in contrasto con la legislazione statale – in riferimento agli artt. 147, 149-bis e 172 del d.lgs. n. 152 del 2006, e all’art. 3-bis, comma l, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, in legge 14 settembre 2011, n. 148 – la quale mira ad assicurare l’unicità della gestione per ciascun ambito territoriale ottimale e l’integrazione verticale e orizzontale dei servizi, superando la frammentazione gestionale determinata dall’esistenza di gestioni comunali di dimensioni inadeguate rispetto alla mole di investimenti necessari (vengono citati stralci della sentenza n. 32 del 2015). Ne conseguirebbe la violazione dell’art. 14, primo comma, dello statuto della Regione siciliana e dell’art. 117, secondo comma, lettere e) e s), Cost., in riferimento alle citate norme statali interposte.
1.4.‒ L’art. 4, comma 8, della legge impugnata recita: «8. I comuni montani con popolazione inferiore a 1.000 abitanti nonché i comuni delle isole minori ed i comuni di cui al comma 6 dell’articolo 1 della legge regionale 9 gennaio 2013, n. 2 possono gestire in forma singola e diretta il servizio idrico integrato nei casi in cui la gestione associata del servizio risulti antieconomica».
Secondo il ricorrente, anche tale disposizione presenterebbe profili di illegittimità costituzionale, sia con riguardo alle modalità di affidamento, sia per quel che riguarda l’effetto di frammentazione della gestione nell’ambito ottimale che essa determina.
1.4.1.‒ Quanto al primo aspetto, per le stesse considerazioni illustrate in relazione all’art. 4, comma 7, la norma sarebbe incostituzionale per violazione dell’art. 14, primo comma, dello statuto della Regione siciliana e dell’art. 117, comma secondo, lettera e), Cost., in riferimento all’art. 149-bis del d.lgs. n. 152 del 2006, nonché degli art. 11 e 117, primo comma, Cost., in riferimento agli artt. 14 e l06, lettera a), del TFUE.
1.4.2.‒ Quanto al secondo profilo, la difesa statale osserva che l’art. 147, comma 2-bis, lettera a), del d.lgs. n. 152 del 2006, nel disciplinare i casi di eccezione al vincolo dell’unicità della gestione nell’ambito ottimale, fa salve «le gestioni del servizio idrico in forma autonoma nei comuni montani con popolazione inferiore a 1.000 abitanti già istituite ai sensi del comma 5 dell’articolo 148». Su queste basi, la disposizione regionale impugnata sarebbe costituzionalmente illegittima nella parte in cui estende la richiamata eccezione anche ai «comuni che non hanno consegnato gli impianti ai gestori del servizio idrico integrato», continuando nella gestione diretta (art. l, comma 6, della legge regionale siciliana n. 2 del 2013). La fattispecie normativa regionale sarebbe del tutto estranea alla ratio dell’eccezione stabilita dalla norma statale. Il contrasto si determinerebbe anche in relazione all’estensione della deroga ai «casi in cui la gestione associata del servizio risulti antieconomica», da valutarsi discrezionalmente pro futuro, a fronte di una previsione statale concernente le sole gestioni già «esistenti».
1.4.3.‒ Il Governo chiede dunque che la norma sia dichiarata costituzionalmente illegittima per violazione dell’art. 14, primo comma, dello statuto della Regione siciliana e dell’art. 117, comma secondo, lettera e), Cost., in riferimento agli artt. 147, comma 2-bis e 149-bis del d.lgs. n. 152 del 2006, nonché degli art. 11 e 117, primo comma, Cost., in riferimento agli artt. 14 e 106 del TFUE. In via consequenziale, aggiunge che dovrebbe essere dichiarata l’illegittimità costituzionale anche dell’art. 9, comma l, secondo cui: «L’Assessorato regionale dell’energia e dei servizi di pubblica utilità destina i finanziamenti previsti per l’adeguamento degli impianti di depurazione e delle reti idriche anche ai comuni degli ambiti privi del soggetto gestore ed ai comuni di cui all’articolo 1, comma 6, della legge regionale 9 gennaio 2013, n. 2.».
1.5.‒ Viene impugnato l’art. 3, comma 3, lettera i), il quale recita: « L’Assemblea territoriale idrica svolge le seguenti funzioni: […] delibera, su proposta dei comuni facenti parte del medesimo ATO, la costituzione di sub-ambiti previo parere dell’Assessorato regionale competente da rendersi entro sessanta giorni».
La disposizione, consentendo la costituzione di sub-ambiti, sarebbe illegittima per le stesse ragioni esposte con riferimento all’art. 4, comma 7, e cioè per violazione dell’art. 14, primo comma, dello statuto della Regione siciliana e dell’art. 117, comma 2, lettere e) e s), Cost., in riferimento agli artt. 147, 149-bis e 172 del d.lgs. n. 152 del 2006 e all’art. 3-bis, commi l e 1-bis, del d.l. n. 138 del 2011.
1.6.‒ Vengono impugnati gli artt. 5, comma 2, 7, comma 3, e 11 della legge reg. Sicilia n. 19 del 2015.
Secondo il Governo tali disposizioni, nella parte in cui attribuiscono alla Giunta ricorrente regionale il compito di definire e approvare i modelli tariffari del ciclo idrico relativi all’acquedotto e alla fognatura, violerebbero le competenze esclusive dello Stato previste dall’art. 117, secondo comma, lettere e) e s), Cost., in relazione agli artt. 154, commi 2 e 4, e 161, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006, e all’art. 10, comma 14, del d. l. n. 70 del 2011 (in combinato disposto con l’art. 21, comma 19, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, recante «Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici», convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e con l’art. 3 del d.P.C.m. 20 luglio 2012). Il ricorrente precisa che nello statuto della Regione siciliana non è contenuta alcuna disposizione che assegni alla Regione competenza legislativa esclusiva per la disciplina della materia tariffaria, come confermerebbe la circostanza che in Sicilia ha sempre trovato applicazione la disciplina statale in materia di determinazione delle tariffe del SII (con particolare riferimento al Metodo tariffario normalizzato di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici del 1° agosto 1996 e, ancora prima, ai provvedimenti del CIPE).
Nella denegata ipotesi in cui si ritenesse che alla Regione siciliana debbano essere riconosciute particolari forme di autonomia in materia di determinazione della tariffa, le citate disposizioni statali in tema di regolazione tariffaria dell’AEEGSI dovrebbero ritenersi comunque norme di «grande riforma economico-sociale della Repubblica», al cui rispetto sarebbe chiamata anche la Regione siciliana nell’esercizio delle proprie competenze legislative primarie. In ogni caso, la disposizione impugnata sarebbe illegittima nella parte in cui non prevede che i provvedimenti adottati dalla Giunta regionale devono «conformarsi alle direttrici della metodologia tariffaria statale» al fine di assicurare «una regolazione stabile e idonea a garantire gli investimenti necessari, un servizio efficiente e di qualità , nonché la tutela degli utenti finali» (così come prescritto dalla sentenza di questa Corte n. 142 del 2015 con riguardo alla Regione autonoma Valle d’Aosta).
Da ultimo, il Governo avverte che il riconoscimento di una competenza esclusiva della Regione siciliana in materia di determinazione delle tariffe del SII potrebbe generare richieste di restituzione da parte degli utenti di quanto erroneamente versato, in forza dei provvedimenti dell’Autorità, per i bienni 2012/2013 e 2014/2015.
1.7.‒ L’art. 11 della legge reg. Sicilia n. 19 del 2015 sarebbe illegittimo anche sotto i seguenti due ulteriori profili.
1.7.1.‒ Il modello tariffario dettato dalla disposizione regionale escluderebbe il segmento del servizio idrico relativo alla depurazione. Tale conclusione, oltre che dalla lettera della norma impugnata, sarebbe avvalorata dall’autonoma considerazione che l’art. 27, comma 1, n. 3, lettera e), della legge della Regione siciliana 4 agosto 2015, n. 15 (Disposizioni in materia di liberi Consorzi comunali e Città metropolitane), riserva al servizio di depurazione, la cui organizzazione è attribuita ai liberi consorzi di comuni, senza che sia fatta menzione alcuna degli ulteriori servizi che compongono il SII.
Interpretata nel senso di escludere la depurazione dall’insieme dei servizi il cui costo deve essere recuperato mediante la tariffa, la norma si porrebbe in contrasto con gli artt. 119, 141, comma 2, e 154, comma l, del d.lgs. n. 152 del 2006, e con l’art. 10, comma 14, lettera d), del d.l. n. 70 del 2011. Queste norme esprimono il principio dell’intero recupero dei costi in relazione a tutti i segmenti del SII, nonché il principio del “chi inquina paga”, con la conseguenza che sarebbero violati l’art. 117, comma secondo, lettere e) e s), Cost. e l’art. 14, primo comma, dello statuto della Regione siciliana.
La norma violerebbe anche la direttiva 2000/60/CE (in particolare il suo considerando n. 38 e il suo art. 9), che enuncia i principi del recupero integrale dei costi e del “chi inquina paga”, con conseguente violazione degli artt. 11 e 117, primo comma, Cost.
1.7.2.‒ Oltre che per i motivi esposti al punto precedente, secondo il Governo l’art. 11 sarebbe illegittimo anche nella parte in cui prevede che «[i]n relazione al livello di qualità della risorsa idrica ovvero nei casi in cui la stessa non è utilizzabile per fini alimentari, la tariffa è ridotta in una misura pari al 50 per cento».
Avendo la legge impugnata optato per un modello di gestione che esclude in radice la generazione di qualunque profitto (come si desumerebbe dagli artt. l, commi1, 2, lettera c, e 4, commi l e 2), la prevista riduzione del 50 per cento della tariffa (ove la risorsa idrica non sia utilizzabile per fini alimentari anche in assenza di qualunque responsabilità del gestore) contrasterebbe con il principio del recupero dei costi relativi ai servizi idrici.
Ne conseguirebbe la violazione:
– dell’art. 14, primo comma, dello statuto della Regione siciliana;
– dell’art. 117, secondo comma, lettere e) e s), Cost., in riferimento agli artt. 119 e 154 del d.lgs. n. 152 del 2006, e all’art. 10, comma 14, lettera d), del d.l. n. 70 del 2011;
– nonché degli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in riferimento all’art. 9 della direttiva 2000/60/CE, e al considerando n. 38 della medesima.
1.8.‒ Per le medesime ragioni, anche la previsione contenuta all’art. 4, comma 6, secondo cui «[p]er i disservizi di cui al comma 4, lettera b), prodotti dalle gestioni interamente pubbliche, le tariffe a carico degli utenti sono proporzionalmente ridotte […]», violerebbe:
– l’art. 14, primo comma, dello statuto della Regione siciliana;
– l’art. 117, secondo comma, lettere e) e s), Cost., in riferimento agli artt. 119 e 154 del d.lgs. n. 152 del 2006, ed all’art. 10, comma 14, lettera d), del d.l. n. 70 del 2011;
– nonché gli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in riferimento all’art. 9 della direttiva 2000/60/CE, e al considerando n. 38 della medesima.
1.9.‒ L’art. 4, comma 12, prevede l’istituzione di un Fondo di solidarietà a sostegno dei soggetti meno abbienti, destinato ad essere alimentato per il primo anno attraverso le risorse derivanti dalla tariffa del servizio idrico integrato, e successivamente «mediante un accantonamento a carico del gestore, nella misura pari allo 0,2 per cento del fatturato complessivo annuo».
Osserva la difesa statale che la tariffa, in quanto unica fonte di approvvigionamento economico del gestore, è destinata anche a costituire e alimentare il fondo in questione. Di conseguenza, essa dovrebbe essere determinata anche tenuto conto del finanziamento del Fondo di solidarietà, da considerare alla stregua di un costo del servizio per la gestione del rischio di morosità. Tale circostanza, tuttavia, sarebbe contraddetta dall’art. 11 della legge impugnata, che prevedrebbe una tariffa determinata esclusivamente sulla base dei costi vivi del servizio, al netto di quanto occorre per finanziare il Fondo. La tariffa sarebbe, per questi motivi, inadeguata a realizzare un’effettiva integrale copertura dei costi, con conseguente violazione:
– dell’art. 14, primo comma, dello statuto della Regione siciliana;
– dell’art. 117, secondo comma, lettere e) e s), Cost., in riferimento agli artt. 119 e 154 del d.lgs. n. 152 del 2006, e all’art. 10, comma 14, lettera d), del d.l. n. 70 del 2011;
– degli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in riferimento all’art. 9 della direttiva 2000/60/CE, e al considerando n. 38.
1.10.‒ Viene impugnato anche l’art. l, comma 2, lettera c), che recita: «[…] Gli acquedotti, le reti fognarie, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture e dotazioni patrimoniali afferenti al servizio idrico integrato costituiscono il capitale tecnico necessario e indispensabile per lo svolgimento di un pubblico servizio e sono proprietà degli enti locali».
Secondo il Governo, la disposizione determinerebbe effetti espropriativi generalizzati nei confronti dei beni in essa elencati che siano in proprietà di privati alla data della sua entrata in vigore. Per questo essa eccederebbe dalle competenze statutarie e violerebbe:
– gli artt. 3, primo comma, e 42, terzo comma, Cost., nella misura in cui «la generalizzazione e la indeterminatezza degli effetti espropriativi rendono impossibile valutare se sussistano i motivi di interesse generale» in ciascuno dei casi coinvolti che soli, ai sensi dell’art. 42, terzo comma, Cost., possono giustificare un provvedimento espropriativo, caratterizzando in tal modo la norma in questione in senso profondamente irragionevole, in violazione dell’art. 3, primo comma, Cost.»;
– l’art. 42, terzo comma, Cost., e l’art. 117 Cost., in riferimento all’art. l del Primo Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, in quanto il provvedimento (legislativo) espropriativo non prevedrebbe alcun indennizzo;
– l’art. 14 dello statuto della Regione siciliana, dovendosi interpretare la competenza legislativa primaria della Regione in materia di «espropriazione» come riferita esclusivamente agli aspetti amministrativistici (sono citate le sentenze n. 95 del 1966 e n. 49 del 1961).
2.‒ La Regione siciliana non si è costituita in giudizio.

Considerato in diritto
1.‒ Il Presidente del Consiglio dei ministri ha promosso questioni di legittimità costituzionale degli artt. l, comma 2, lettera c), 3, comma 3, lettera i), 4, commi 2, 3, 4, 6, 7, 8, e 12, 5, comma 2, 7, comma 3, e 11 della legge della Regione siciliana 11 agosto 2015, n. 19 (Disciplina in materia di risorse idriche), per violazione dell’art. 14, primo comma, del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), nonché degli artt. 3, primo comma, 11, 42, terzo comma, 117, primo e secondo comma, lettere e) e s), della Costituzione.
2.‒ La giurisprudenza di questa Corte riconduce ai titoli di competenza di cui all’art. 117, secondo comma, lettere e) e s), Cost., sia la disciplina della tariffa del servizio idrico integrato (sentenze n. 67 del 2013, n. 142 e n. 29 del 2010, n. 246 del 2009), sia le forme di gestione e le modalità di affidamento al soggetto gestore (sentenze n. 117 e n. 32 del 2015, n. 228 del 2013, n. 62 del 2012, n. 187 e n. 128 del 2011, n. 325 del 2010), con la precisazione, operata sempre con riguardo al settore idrico, che le regioni possono dettare norme che tutelino più intensamente la concorrenza rispetto a quelle poste dallo Stato (sentenza n. 307 del 2009).
2.1.‒ Tale giurisprudenza, tuttavia, riferita al riparto delle attribuzioni fra lo Stato e le regioni ad autonomia ordinaria, non è immediatamente trasponibile nell’odierno giudizio di costituzionalità, nel quale occorre preliminarmente definire l’ambito delle competenze spettanti statutariamente in materia a una regione ad autonomia speciale (sentenze n. 51 del 2016 e n. 142 del 2015, riferite, rispettivamente, alla Provincia autonoma di Trento e alla Regione autonoma Valle d’Aosta).
L’art. 14 dello statuto della Regione siciliana, nell’enumerare le materie nelle quali la Regione siciliana ha potestà legislativa primaria, contiene un generico riferimento alle «acque pubbliche, in quanto non siano oggetto di opere pubbliche di interesse nazionale» (lettera i), ma la previsione è da riferire alla mera disciplina demaniale del bene idrico e marittimo, come si desume sia dal dato letterale, che significativamente considera l’acqua in quanto oggetto di opera pubblica, sia dal dato di contesto del collegamento con la norma statutaria, che dispone l’appartenenza delle acque pubbliche al demanio regionale, con l’eccezione delle acque che interessano la difesa e i servizi di carattere nazionale (art. 32).
I servizi pubblici compaiono invece tra le materie di potestà legislativa regionale concorrente. Infatti, ai sensi dell’art. 17 del medesimo statuto di autonomia, è previsto che: «Entro i limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato, l’Assemblea regionale può, al fine di soddisfare alle condizioni particolari ed agli interessi propri della Regione, emanare leggi, anche relative all’organizzazione dei servizi, sopra le seguenti materie concernenti la Regione: […] «assunzione di pubblici servizi» (lettera h), nonché «tutte le altre materie che implicano servizi di prevalente interesse regionale» (lettera i).
Trattandosi in questo caso di competenze meno ampie rispetto a quelle spettanti alle regioni ordinarie, nello stesso ambito, in base all’art. 117, quarto comma, Cost. (sentenza n. 29 del 2006), alla Regione siciliana deve essere riconosciuta, in applicazione della cosiddetta «clausola di maggior favore» contenuta all’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2003, n. 1 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), potestà legislativa residuale, per quanto limitata dalle competenze esclusive trasversali dello Stato interferenti con la materia del servizio idrico integrato (in seguito, anche «SII»). In numerosi precedenti, questa Corte ha affermato che le materie di competenza esclusiva e nel contempo «trasversali» dello Stato, come la tutela della concorrenza e la tutela dell’ambiente di cui all’art. 117, secondo comma, lettere e) e s), Cost., in virtù del loro carattere «finalistico», «possono influire su altre materie attribuite alla competenza legislativa concorrente o residuale delle Regioni fino ad incidere sulla totalità degli ambiti materiali entro i quali si applicano» (sentenza n. 2 del 2014; nello stesso senso, ex plurimis, sentenze n. 291, n. 150 del 2011, n. 288 del 2010, n. 249 del 2009 e n. 80 del 2006), come appunto accade nel caso della disciplina del servizio idrico integrato.
2.2.‒ È opportuno precisare che questa Corte ha riconosciuto che spetta alla Regione autonoma Valle d’Aosta (sentenza n. 142 del 2015) e alla Provincia autonoma di Trento (sentenza n. 51 del 2016) potestà legislativa primaria in materia di organizzazione del servizio idrico, sulla base di un sistema di previsioni statutarie che non è dato ravvisare per la Regione siciliana.
Si tratta, infatti, nel caso della Provincia autonoma di Trento, dell’attribuzione, ad opera del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige), della competenza legislativa primaria in materia di «acquedotti e lavori pubblici di interesse provinciale» (art. 8, numero 17), di «assunzione diretta di servizi pubblici e loro gestione mediante aziende speciali» (art. 8, numero 19) e di «opere idrauliche» (art. 8, numero 24).
E si tratta a sua volta, nel caso della Valle d’Aosta, in primo luogo della competenza primaria riconosciuta dalla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta) nelle materie delle «acque minerali e termali» (art. 2, primo comma, lettera i), e delle «acque pubbliche destinate ad irrigazione ed uso domestico» (art. 2, primo comma, lettera m), con una marcata differenza, dunque, rispetto alla previsione statutaria siciliana che, come visto, individua l’ambito delle acque pubbliche oggetto di competenza regionale nella circostanza che «non siano oggetto di opere pubbliche di interesse nazionale» (art. 14, lettera i). In secondo luogo, lo statuto assegna alla Regione in regime di potestà integrativo-attuativa le materie «igiene e sanità» (art. 3, primo comma, lettera l) e «assunzione di pubblici servizi» (art. 3, primo comma, lettera o), e la normativa di attuazione contenuta nel decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 89 (Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Valle d’Aosta in materia di acque pubbliche) – la quale, anche in ragione del suo speciale procedimento di adozione (ex art. 48-bis dello statuto), possiede un sicuro ruolo interpretativo e integrativo delle stesse espressioni statutarie che delimitano le sfere di competenza delle regioni ad autonomia speciale (sentenza n. 51 del 2006) – trasferisce «al demanio della Regione tutte le acque pubbliche utilizzate ai fini irrigui o potabili», prevedendo che la Regione stessa eserciti «tutte le attribuzioni inerenti alla titolarità di tale demanio e in particolare quelle concernenti la polizia idraulica e la difesa delle acque dall’inquinamento» (art. 1, primo e secondo comma).
2.3.‒ Individuato così nella competenza legislativa residuale il titolo di intervento della Regione siciliana nella disciplina del servizio idrico integrato, è possibile passare ad esaminare puntualmente le censure del Governo.
3.‒ Il Governo impugna i commi 2 e 3 dell’art. 4 della legge reg. Sicilia n. 19 del 2015, sotto tre differenti profili.
3.1.‒ Le disposizioni censurate, sulla gestione del SII, non prevedono alcun termine di durata per l’affidamento in house, mentre stabiliscono un termine massimo di nove anni per l’affidamento mediante procedura di evidenza pubblica. Per tale motivo esse violerebbero: l’art. 3, primo comma, Cost., in relazione al principio di eguaglianza e ragionevolezza; l’art. 117, secondo comma, lettere e) e s), Cost., in riferimento agli artt. 149-bis e 151, comma 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale), i quali non ammettono discriminazioni in base alla natura pubblica, mista o privata del soggetto affidatario; l’art. 117, comma secondo, lettere e) e s), Cost., in riferimento all’art. 151, comma 2, lettera b), del d.lgs. n. 152 del 2006 e all’art. 10, comma 14, lettera d), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 (Semestre Europeo – Prime disposizioni urgenti per l’economia), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 12 luglio 2011, n. 106, che attribuiscono all’Autorità per l’energia elettrica il gas e il sistema idrico (di seguito AEEGSI) il compito di predisporre la convenzione tipo di gestione, definendo anche «la durata dell’affidamento, non superiore comunque a trenta anni»; l’art. 117, secondo comma, lettere e) e s), Cost., in riferimento agli artt. 119 e 154 del d.lgs. n. 152 del 2006 e all’art. 10, comma 14, lettera d), del d.l. n. 70 del 2011, secondo cui il servizio deve essere organizzato in modo da garantire il recupero dei costi; l’art. 14, primo comma, dello statuto della Regione siciliana, poiché il principio del recupero dei costi costituisce una «norma di grande riforma economico-sociale»; gli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in riferimento agli artt. 14 e 106 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (da ora: TFUE), nonché in riferimento al considerando n. 38 e all’art. 9 della direttiva 2000/60/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2000 (che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque), da cui si desumono i principi di pari trattamento tra impresa pubblica e impresa privata e di recupero dei costi.
3.1.1.‒ La questione è fondata.
Va ribadito che – alla stregua della già richiamata giurisprudenza di questa Corte – la disciplina concernente le modalità dell’affidamento della gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica è riferibile alla competenza legislativa statale in tema di «tutela della concorrenza» (ex plurimis, sentenza n. 117 del 2015). Le norme regionali censurate derogano all’art 151, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006, il quale prevede che, indipendentemente dalla natura pubblica, mista o privata del soggetto affidatario, nella convenzione stipulata tra l’ente di governo dell’ambito e il soggetto gestore del servizio idrico integrato, sia definita anche la durata dell’affidamento, in ogni caso «non superiore comunque a trenta anni».
La deroga introdotta dal legislatore regionale ‒ che comporta un effetto restrittivo sull’assetto competitivo del mercato di riferimento ‒ si pone dunque in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.
3.2.‒ Sotto altro profilo, il Governo lamenta che l’art. 4, comma 2, della legge reg. Sicilia n. 19 del 2015 non rispetterebbe le condizioni stabilite dal diritto dell’Unione europea per l’affidamento in house, nella parte in cui non prevede che gli enti di diritto pubblico cui è possibile affidare la gestione del servizio idrico integrato svolgano la loro attività in prevalenza nei confronti dell’ente affidante. Per questo motivo la norma sarebbe illegittima per violazione dell’art. 14, primo comma, dello statuto della Regione siciliana e dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in riferimento all’art. 149-bis del d.lgs. n. 152 del 2006, nonché degli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in riferimento agli artt. 14 e 106 del TFUE.
3.2.1.‒ Anche tale questione è fondata, per le stesse ragioni di inerenza della disciplina delle modalità di affidamento del servizio alla competenza legislativa esclusiva dello Stato fissata all’art. 117, secondo comma, lettere e) e s), Cost.
Ai sensi dell’art. 149-bis del d.lgs. n. 152 del 2006, «[l]’affidamento diretto può avvenire a favore di società interamente pubbliche, in possesso dei requisiti prescritti dall’ordinamento europeo per la gestione in house […]». In base alla giurisprudenza comunitaria, rientra nella nozione di in house providing l’affidamento a società a totale partecipazione pubblica sulle quali gli enti titolari del capitale sociale esercitano un controllo analogo a quello esercitato sui propri organi e apparati e che realizzano la parte prevalente della propria attività per gli enti controllanti (a partire dal noto caso Teckal, Corte di Giustizia dell’Unione europea, 18 novembre 1999, in causa C -107/98). I presupposti che legittimano l’in house providing sono codificati dall’art. 12 della direttiva 24/2014/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 (sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE) e, da ultimo, attuati con l’art. 5 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture), e l’art. 16 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica).
La tassatività dei requisiti dell’in house esclude che la legge regionale possa definire diversamente i presupposti necessari per qualificare l’affidamento di un servizio a una società partecipata come scelta di autoorganizzazione, in particolare elidendo il requisito dell’attività prevalente, come fa la norma siciliana impugnata.
Il successivo comma 9 dell’art. 4 prescrive sì che l’«esercizio della propria attività istituzionale [avvenga] in via prevalente in favore dell’ente o degli enti pubblici titolari del relativo capitale sociale», ma limita tale vincolo alle società a capitale interamente pubblico già titolari di affidamento (al momento dell’entrata in vigore della nuova legge) che vogliano continuare a gestire il servizio idrico integrato.
3.3.‒ Il Governo censura l’art. 4, comma 3, della legge reg. Sicilia n. 19 del 2015 nella parte in cui, per l’affidamento tramite procedura di evidenza pubblica, impone una «previa verifica, da parte delle Assemblee territoriali idriche, della sussistenza di condizioni di migliore economicità dell’affidamento, rispetto alle ipotesi di cui al comma 2». La norma violerebbe l’art. 14, primo comma, dello statuto della Regione siciliana e l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in riferimento all’art. 149-bis del d.lgs. n. 152 del 2006, nonché gli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in riferimento agli artt. 14 e 106 del TFUE.
3.3.1.‒ La questione è fondata, ancora una volta per violazione della potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di affidamento del servizio idrico integrato, in quanto la disposizione censurata si pone in evidente contrasto con l’art. 149-bis del d.lgs. n. 152 del 2006, che non prevede analogo onere di motivazione per l’esternalizzazione del SII.
4.‒ Il Governo impugna l’art. 4, comma 4, lettera a), nella parte in cui pone a carico dell’affidatario ogni variazione economica che possa intervenire nel periodo di affidamento per qualsiasi causa, anche non imputabile al gestore. La disposizione regionale violerebbe: l’art. 117, secondo comma, lettere e) e s), Cost., in riferimento all’art. 151 del d.lgs. n. 152 del 2006, il quale attribuisce all’AEEGSI il compito di definire, nell’ambito della convenzione tipo, «i criteri e le modalità di applicazione delle tariffe determinate dall’ente di governo dell’ambito e del loro aggiornamento annuale, anche con riferimento alle diverse categorie di utenze» (lettera e), nonché «le penali, le sanzioni in caso di inadempimento e le condizioni di risoluzione secondo i principi del codice civile» (lettera o); l’art. 117, secondo comma, lettere e) e s), Cost., in riferimento agli artt. 119 e 154, comma l, del d.lgs. n. 152 del 2006, nonché in riferimento all’art. 10, commi 11 e 14, del d.l. n. 70 del 2011, e agli artt. 2, lettera e), e 3, comma l, lettera c), del d.P.C.m. del 20 luglio 2012 (Individuazione delle funzioni dell’Autorità per l’energia elettrica ed il gas attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi idrici, ai sensi dell’articolo 1, comma 19, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201), i quali dettano il principio di copertura dei costi e di equilibrio economico finanziario della gestione; gli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in riferimento all’art. 14 del TFUE e all’art. 9 e al considerando n. 38 della direttiva 2000/60/CE, da cui si desume il principio di copertura dei costi e di equilibrio economico finanziario della gestione; l’art. 14, primo comma, dello statuto della Regione siciliana.
4.1.‒ La questione è fondata.
È dirimente considerare che la disposizione regionale contrasta con l’art. 151 del d.lgs. n. 152 del 2006, il quale attribuisce, al comma 2, all’Autorità il compito di definire, nell’ambito della convenzione tipo, «le penali, le sanzioni in caso di inadempimento e le condizioni di risoluzione secondo i principi del codice civile» (lettera o) e «i criteri e le modalità di applicazione delle tariffe determinate dall’ente di governo dell’ambito e del loro aggiornamento annuale, anche con riferimento alle diverse categorie di utenze» (lettera e).
La norma statale è diretta a preservare l’equilibrio economico-finanziario della gestione e ad assicurare all’utenza efficienza e affidabilità del servizio. Trattandosi di profili che attengono alla tutela della concorrenza, si deve concludere che i poteri legislativi esercitati con la norma censurata invadono la competenza legislativa esclusiva statale disciplinata all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.
5.‒ Viene impugnato l’art. 4, comma 7, della legge reg. Sicilia n. 19 del 2015, secondo cui, «[a]l fine di salvaguardare le forme e le capacità gestionali esistenti, i comuni possono provvedere alla gestione in forma diretta e pubblica del servizio idrico, in forma associata, anche ai sensi dell’articolo 30 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, attraverso la costituzione di sub-ambiti ai sensi dell’articolo 3, comma 3, lettera i), composti da più comuni facenti parte dello stesso Ambito territoriale ottimale, che possono provvedere alla gestione unitaria del servizio». La disposizione violerebbe: l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in riferimento all’art. 149-bis del d.lgs. n. 152 del 2006, il quale esclude la possibilità di una gestione diretta del servizio; l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in quanto, consentendo la costituzione di sub-ambiti, si porrebbe in contrasto con gli artt. 147, 149-bis e 172 del d.lgs. n. 152 del 2006, e 3-bis, comma l, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 14 settembre 2011, n. 148, i quali mirano ad assicurare l’unicità della gestione per ciascun ambito territoriale ottimale e l’integrazione-verticale e orizzontale dei servizi; l’art. 14, primo comma, dello statuto della Regione siciliana; gli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in riferimento agli artt. 14 e l06 del TFUE.
Il ricorrente chiede altresì che, in via consequenziale, venga dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 5, comma 6, della legge regionale impugnata, secondo cui «[n]elle more dell’espletamento delle procedure di cui all’art. 4, i comuni afferenti ai disciolti Ambiti territoriali ottimali presso i quali non si sia determinata effettivamente l’implementazione sull’intero territorio di pertinenza della gestione unica di cui all’art. 147, comma 2, lett. b), del decreto legislativo n. 152/2006 e successive modifiche e integrazioni, con deliberazione motivata da assumere entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, possono adottare le forme gestionali del comma 7 dell’articolo 4».
5.1.‒ Le censure formulate dal Governo ‒ riferite, sia alle modalità di affidamento del servizio, in quanto se ne autorizza la gestione diretta, pubblica e in forma associata, sia alla frammentazione dell’unicità della gestione che consegue alla costituzione di sub-ambiti ‒ devono essere accolte.
In primo luogo, la disposizione regionale si pone in contrasto con l’art. 149-bis del d.lgs. n. 152 del 2006, il quale, nel rispetto del «principio di unicità della gestione per ciascun ambito territoriale ottimale», non contempla la possibilità per i singoli comuni di associarsi autonomamente per la gestione diretta del servizio idrico «al fine di salvaguardare le forme e le capacità gestionali esistenti». Come più volte ricordato, la disciplina concernente le modalità di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica va ricondotta all’ambito della tutela della concorrenza, «tenuto conto degli aspetti strutturali e funzionali suoi propri e della sua diretta incidenza sul mercato» (sentenze n. 134 del 2013 e n. 325 del 2010), e quindi rientra nella potestà legislativa esclusiva dello Stato.
Consentendo la costituzione di sub-ambiti, inoltre, la norma regionale impugnata vìola anche sotto un altro profilo la riserva statale di disciplina delle materie della «tutela della concorrenza» e della «tutela dell’ambiente e dell’ecosistema». La soluzione adottata dal legislatore regionale si pone invero in contrasto insanabile con l’invocata normativa interposta, costituita dall’art. 147 del d.lgs. n. 152 del 2006, il quale, nel testo risultante dalle modifiche introdotte dall’art. 2, comma 13, del decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4 (Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale), prevede che i servizi idrici sono organizzati sulla base degli ambiti territoriali ottimali definiti dalle regioni in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (Disposizioni in materia di risorse idriche), e che le regioni possono modificare le delimitazioni degli ATO per migliorare la gestione del servizio idrico integrato, purché ne sia assicurato lo svolgimento secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto dei principi, rilevanti in questa sede, di unitarietà della gestione e superamento della frammentazione verticale delle gestioni, nonché di adeguatezza delle dimensioni gestionali in base a parametri fisici, demografici e tecnici.
Questa Corte ha chiarito che la disciplina diretta al superamento della frammentazione verticale della gestione delle risorse idriche, con l’assegnazione a un’unica Autorità preposta all’ambito delle funzioni di organizzazione, affidamento e controllo della gestione del servizio idrico integrato, è ascrivibile alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza, essendo essa diretta ad assicurare la concorrenzialità nel conferimento della gestione e nella disciplina dei requisiti soggettivi del gestore, allo scopo di assicurare l’efficienza, l’efficacia e l’economicità del servizio (sentenze n. 325 del 2010 e n. 246 del 2009). Al contempo, la stessa disciplina ricade nella sfera di competenza esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente in quanto «l’allocazione all’Autorità d’ambito territoriale ottimale delle competenze sulla gestione serve a razionalizzare l’uso delle risorse idriche e le interazioni e gli equilibri fra le diverse componenti della “biosfera” intesa “come ‘sistema’ […] nel suo aspetto dinamico” (sentenze n. 168 del 2008, n. 378 e n. 144 del 2007)» (sentenza n. 246 del 2009).
5.2.‒ Ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), la dichiarazione di illegittimità costituzionale va estesa, in via consequenziale, all’art. 5, comma 6, della legge regionale impugnata, secondo cui «[n]elle more dell’espletamento delle procedure di cui all’articolo 4, i comuni afferenti ai disciolti Ambiti territoriali ottimali presso i quali non si sia determinata effettivamente l’implementazione sull’intero territorio di pertinenza della gestione unica di cui all’art. 147, comma 2, lett. b), del decreto legislativo n. 152/2006 e successive modifiche e integrazioni, con deliberazione motivata da assumere entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, possono adottare le forme gestionali del comma 7 dell’articolo 4». L’annullamento di quest’ultima disposizione rende infatti inapplicabile il citato art. 5, comma 6.
6.‒ Viene impugnato, altresì, l’art. 4, comma 8, che recita: «I comuni montani con popolazione inferiore a 1.000 abitanti nonché i comuni delle isole minori ed i comuni di cui al comma 6 dell’articolo 1 della legge regionale 9 gennaio 2013, n. 2 possono gestire in forma singola e diretta il servizio idrico integrato nei casi in cui la gestione associata del servizio risulti antieconomica». Secondo il Governo la norma violerebbe: l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in riferimento agli artt. 147, comma 2-bis, e 149-bis del d.lgs. n. 152 del 2006, in quanto contempla un’eccezione non consentita al principio di unicità della gestione nell’ambito ottimale; l’art. 14, primo comma, dello statuto della Regione siciliana; gli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in riferimento agli artt. 14 e 106 del TFUE. Il Governo chiede inoltre che in via consequenziale sia dichiarata l’illegittimità costituzionale anche dell’art. 9, comma l, secondo cui «[l]’Assessorato regionale dell’energia e dei servizi di pubblica utilità destina i finanziamenti previsti per l’adeguamento degli impianti di depurazione e delle reti idriche anche ai comuni degli ambiti privi del soggetto gestore ed ai comuni di cui all’articolo 1, comma 6, della legge regionale 9 gennaio 2013, n. 2».
6.1.‒ La questione è fondata, per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.
Per i profili di censura attinenti alle modalità di affidamento, valgono anche in questo caso le considerazioni innanzi illustrate sull’art. 4, comma 7, alle quali si rinvia.
Per quanto concerne invece l’effetto di frammentazione della gestione, è necessaria una precisazione aggiuntiva sul quadro normativo di riferimento.
L’art. 7, comma 1, lettera b), numero 4), del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133 (Misure urgenti per l’apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l’emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività produttive), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164, introduce, tra l’altro, modifiche all’art. 147 del d.lgs. n. 152 del 2006. Con esse sono rafforzate le modalità attuative della definizione degli ambiti territoriali ottimali e, dopo il comma 2 del citato art. 147, è aggiunto il seguente comma: «2-bis. Qualora l’ambito territoriale ottimale coincida con l’intero territorio regionale, ove si renda necessario al fine di conseguire una maggiore efficienza gestionale ed una migliore qualità del servizio all’utenza, è consentito l’affidamento del servizio idrico integrato in ambiti territoriali comunque non inferiori agli ambiti territoriali corrispondenti alle province o alle città metropolitane. Sono fatte salve: a) le gestioni del servizio idrico in forma autonoma nei comuni montani con popolazione inferiore a 1.000 abitanti già istituite ai sensi del comma 5 dell’articolo 148; b) le gestioni del servizio idrico in forma autonoma esistenti, nei comuni che presentano contestualmente le seguenti caratteristiche: approvvigionamento idrico da fonti qualitativamente pregiate; sorgenti ricadenti in parchi naturali o aree naturali protette ovvero in siti individuati come beni paesaggistici ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; utilizzo efficiente della risorsa e tutela del corpo idrico. Ai fini della salvaguardia delle gestioni in forma autonoma di cui alla lettera b), l’ente di governo d’ambito territorialmente competente provvede all’accertamento dell’esistenza dei predetti requisiti».
Il richiamato comma 5 dell’art. 148 recita: «Ferma restando la partecipazione obbligatoria all’Autorità d’ambito di tutti gli enti locali ai sensi del comma 1, l’adesione alla gestione unica del servizio idrico integrato è facoltativa per i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane, a condizione che gestiscano l’intero servizio idrico integrato, e previo consenso della Autorità d’ambito competente».
Alla luce della disciplina citata è agevole constatare che il legislatore regionale non ha rispettato i limiti della deroga introdotta dal legislatore statale in materia di gestione autonoma del servizio idrico integrato, quanto all’individuazione dei comuni ai quali tale facoltà è concessa. Riferendosi alla fattispecie dell’art. 1, comma 6, della legge della Regione siciliana 9 gennaio 2013, n. 2 (Norme transitorie per la regolazione del servizio idrico integrato), la norma censurata estende infatti l’eccezione ai «comuni che non hanno consegnato gli impianti ai gestori del servizio idrico integrato», i quali «possono gestire in forma singola e diretta il servizio idrico integrato nei casi in cui la gestione associata del servizio risulti antieconomica» (art. l, comma 6, citato). Si tratta di un’eccezione del tutto estranea alla ratio della normativa statale, per la quale la possibilità di derogare all’unicità della gestione del servizio si giustifica esclusivamente in ragione di un elemento tipicamente ambientale costituito dalla peculiarità idrica di talune aree del territorio.
6.2.– Non sussistono peraltro gli estremi per dichiarare, ai sensi dell’art. 27 della legge n. 87 del 1953, l’illegittimità costituzionale consequenziale dell’art. 9, comma l, secondo cui «[l]’Assessorato regionale dell’energia e dei servizi di pubblica utilità destina i finanziamenti previsti per l’adeguamento degli impianti di depurazione e delle reti idriche anche ai comuni degli ambiti privi del soggetto gestore ed ai comuni di cui all’articolo 1, comma 6, della legge regionale 9 gennaio 2013, n. 2». La disposizione regionale sui finanziamenti destinati all’adeguamento degli impianti idrici non è legata infatti da un rapporto di necessaria presupposizione rispetto all’art. 4, comma 8, dichiarato incostituzionale. Né può dirsi che la perdurante esistenza dell’art. 9, comma 1, sia idonea a frustrare la precedente dichiarazione di illegittimità.
7.‒ Il Governo censura l’art. 3, comma 3, lettera i), della legge della Regione siciliana n. 19 del 2015, secondo cui «L’Assemblea territoriale idrica svolge le seguenti funzioni: […] delibera, su proposta dei comuni facenti parte del medesimo ATO, la costituzione di sub-ambiti previo parere dell’Assessorato regionale competente da rendersi entro sessanta giorni».
La disposizione violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in riferimento agli artt. 147, 149-bis e 172 del d.lgs. n. 152 del 2006 e all’art. 3-bis, commi l e 1-bis, del decreto-legge n. 138 del 2011, nonché l’art. 14, primo comma, dello statuto della Regione siciliana.
7.1.‒ La questione è fondata per le stesse ragioni esposte a fondamento della declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 4, commi 7 e 8, della legge impugnata, alle quali interamente si rinvia.
8.‒ Vengono impugnati gli artt. 11, 5, comma 2, e 7, comma 3, della legge della Regione siciliana n. 19 del 2015, nella parte in cui attribuiscono alla Giunta regionale il compito di definire e approvare i modelli tariffari del ciclo idrico relativi all’acquedotto e alla fognatura.
Ne risulterebbero violati: l’art. 117, secondo comma, lettere e) e s), Cost., in riferimento agli artt. 154, commi 2 e 4, e 161, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006, e all’art. 10, comma 14, del decreto-legge n. 70 del 2011 (in combinato disposto con l’art. 21, comma 19, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, recante «Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici», convertito con modificazioni dall’art. 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214, e con l’art. 3 del d.P.C.m. 20 luglio 2012); in subordine, l’art. 14, primo comma, dello statuto della Regione siciliana, in quanto le sopra citate norme in tema di regolazione tariffaria ad opera dell’AEEGSI dovrebbero ritenersi norme fondamentali di riforma economico-sociale, al cui rispetto sarebbe chiamata anche la Regione siciliana, nell’esercizio delle proprie competenze legislative primarie. A ciò si aggiunge che la disposizione impugnata sarebbe comunque illegittima nella parte in cui non prevede che i provvedimenti adottati dalla Giunta regionale debbano «conformarsi alle direttrici della metodologia tariffaria statale» al fine di assicurare «una regolazione stabile e idonea a garantire gli investimenti necessari, un servizio efficiente e di qualità, nonché la tutela degli utenti finali».
8.1.‒ La questione è fondata.
La giurisprudenza costituzionale, come si è detto, riconduce la disciplina della tariffa del servizio idrico integrato ai titoli di competenza di cui all’art. 117, secondo comma, lettere e) e s), Cost. (sentenze n. 67 del 2013, n. 142 e n. 29 del 2010, n. 246 del 2009). Richiamando ancora una volta quanto già esposto circa la competenza esclusiva statale in materia di tariffa del servizio idrico, ex art. 117, secondo comma, lettere e) e s), Cost., occorre sottolineare che l’uniforme metodologia tariffaria adottata dalla legislazione statale garantisce, in primo luogo, un trattamento uniforme alle varie imprese operanti in concorrenza tra loro, evitando che si producano arbitrarie disparità di trattamento sui costi aziendali, conseguenti a vincoli imposti in modo differenziato sul territorio nazionale. Il nesso della previsione con la tutela della concorrenza si spiega anche perché la regolazione tariffaria deve assicurare l’equilibrio economico-finanziario della gestione e l’efficienza e affidabilità del servizio (art. 151, comma 2, lettere c, d, e, del codice dell’ambiente) attraverso il meccanismo di price cap (artt. 151 e 154, comma 1, del codice dell’ambiente), «diretto ad evitare che il concessionario [recte: gestore] unico abusi della sua posizione dominante» (sentenza n. 246 del 2009, che richiama anche le sentenze n. 335 e n. 51 del 2008).
Sotto altro profilo, attraverso la determinazione della tariffa il legislatore statale fissa livelli uniformi di tutela dell’ambiente, perseguendo la finalità di garantire la tutela e l’uso delle risorse idriche secondo criteri di solidarietà e salvaguardando così la vivibilità dell’ambiente e le aspettative e i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio ambientale. La finalità della tutela dell’ambiente è anche posta alla base della scelta delle tipologie dei costi che la tariffa è diretta a recuperare, tra i quali il legislatore ha incluso espressamente quelli ambientali.
Con riguardo a disposizioni regionali che riservano a organi della regione poteri di approvazione e modulazione delle tariffe, questa Corte ha già precisato che la normativa regionale, allorché incida sulle attribuzioni dei soggetti preposti alla regolazione tariffaria del servizio idrico integrato, sottraendo parte della competenza ad essi riservata dagli artt. 154 e 161 del d.lgs. n. 152 del 2006, per ciò stesso deve ritenersi illegittima, senza che, in tale contesto, possa essere rivendicata la competenza legislativa regionale in materia di servizi pubblici locali (sentenza n. 29 del 2010).
Le norme regionali impugnate, attribuendo alla Giunta regionale il compito di definire e approvare i modelli tariffari del ciclo idrico relativi all’acquedotto e alla fognatura, si pongono in aperto contrasto con la disciplina statale che detta le funzioni e le sfere di competenza relative alla regolazione tariffaria del SII.
In particolare, l’art. 10, comma 14, del d.l. n. 70 del 2011 dispone che l’Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua definisce le componenti di costo per la determinazione della tariffa relativa ai servizi idrici per i vari settori di impiego dell’acqua, predispone il metodo tariffario e «approva le tariffe predisposte dalle autorità competenti». L’art. 21, commi 13 e 19, del d.l. n. 201 del 2011 ha trasferito all’AEEGSI le funzioni di regolazione e controllo dei servizi idrici, precisando che esse «vengono esercitate con i medesimi poteri attribuiti all’Autorità stessa dalla legge 14 novembre 1995, n. 481». L’art. 3, comma 1, del d.P.C.m. 20 luglio 2012, specificando le funzioni di regolazione e controllo dei servizi idrici trasferite all’Autorità, precisa che essa «approva le tariffe del servizio idrico integrato, ovvero di ciascuno dei singoli servizi che lo compongono compresi i servizi di captazione e adduzione a usi multipli e i servizi di depurazione ad usi misti civili e industriali, proposte dal soggetto competente sulla base del piano di ambito di cui all’art. 149 del decreto legislativo 6 aprile 2006, n. 152, impartendo, a pena d’inefficacia prescrizioni […]». Ai sensi dell’art. 154 del d.lgs. n. 152 del 2006, la tariffa base viene predisposta dall’ente di governo dell’ambito, nell’osservanza del metodo tariffario regolato dall’AEEGSI cui viene trasmessa per l’approvazione. Nelle more della istituzione dell’ente di governo dell’ambito, trova applicazione l’art. 3, comma 1, lettera f), del d.P.C.m. 20 luglio 2012, che assegna all’Autorità la competenza di determinare in via provvisoria la tariffa, ove l’ente di governo non adempia all’obbligo di predisporla.
9.‒ L’art. 11 della legge della Regione siciliana n. 19 del 2015 è stato impugnato per due ulteriori aspetti.
9.1.‒ In primo luogo, nella parte in cui prevede modelli tariffari che escludono il segmento del servizio idrico relativo alla depurazione, la disposizione regionale violerebbe: l’art. 117, secondo comma, lettere e) e s), Cost., in riferimento agli artt. 119, 141, comma 2, e 154, comma l, del d.lgs. n. 152 del 2006, e all’art. 10, comma 14, lettera d), del d.l. n. 70 del 2011, da cui si desume il principio dell’intero recupero dei costi in relazione a tutti i segmenti del SII, nonché il principio del “chi inquina paga”; l’art 14, primo comma, dello statuto della Regione siciliana; nonché gli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in riferimento all’art. 14 del TFUE e all’art. 9 e al considerando n. 38 della direttiva 2000/60/CE.
La questione è fondata.
La norma regionale deroga alla disciplina statale (sopra dettagliatamente richiamata), secondo cui la tariffa del SII è comprensiva di ciascuno dei singoli servizi che lo compongono, tra cui anche il segmento della depurazione.
9.2.‒ In secondo luogo, lo stesso art. 11, nella parte in cui prevede che, «in relazione al livello di qualità della risorsa idrica ovvero nei casi in cui la stessa non è utilizzabile per fini alimentari, la tariffa è ridotta in una misura pari al 50 per cento», violerebbe: l’art. 117, secondo comma, lettere e) ed s), Cost., in riferimento agli artt. 119 e 154 del d.lgs. n. 152 del 2006, e all’art. 10, comma 14, lettera d), del d.l. n. 70 del 2011, in quanto, avendo la legge impugnata optato per un modello di gestione che esclude in radice la generazione di qualunque profitto (come si desume dagli artt. l, commi l e 2, lettera c, e 4, commi l e 2), prevedere la riduzione del 50 per cento della tariffa ove la risorsa idrica non sia utilizzabile per fini alimentari anche in assenza di qualunque responsabilità del gestore comporterebbe una violazione del principio fondamentale della copertura dei costi; l’art 14, primo comma, dello statuto della Regione siciliana; gli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in riferimento all’art. 14 del TFUE e all’art. 9 e del considerando n. 38 della direttiva 2000/60/CE.
La questione è fondata.
Le norme concernenti il sistema di calcolo delle tariffe, con la determinazione «delle tipologie dei costi che la tariffa è diretta a recuperare», rientrano nella potestà legislativa esclusiva dello Stato (sentenze n. 142 del 2015, n. 67 del 2013, n. 29 del 2010 e n. 246 del 2009). Non è quindi consentito al legislatore regionale siciliano di dettare una disciplina autonoma delle componenti tariffarie, in deroga a quella statale (sentenza n. 325 del 2010).
10.‒ L’art. 4, comma 6, della legge della Regione siciliana n. 19 del 2015, secondo cui «per i disservizi di cui al comma 4, lettera b), prodotti dalle gestioni interamente pubbliche, le tariffe a carico degli utenti sono proporzionalmente ridotte», violerebbe: l’art. 117, secondo comma, lettere e) e s), Cost., in riferimento agli artt. 119 e 154 del d.lgs. n. 152 del 2006, e all’art. 10, comma 14, lettera d), del d.l. n. 70 del 2011, da cui si desume il principio della copertura dei costi; l’art 14, primo comma, dello statuto della Regione siciliana; gli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in riferimento all’art. 14 del TFUE, all’art. 9 e al considerando n. 38 della direttiva 2000/60/CE.
10.1.‒ La questione è fondata, poiché anche la disposizione in esame invade la competenza esclusiva dello Stato in materia tariffaria.
11.‒ È impugnato l’art. 4, comma 12, della legge della Regione siciliana n. 19 del 2015. La norma censurata prevede l’istituzione di un Fondo di solidarietà a sostegno dei soggetti meno abbienti, destinato ad essere alimentato per il primo anno, con le risorse derivanti dalla tariffa del servizio idrico integrato», e successivamente «mediante un accantonamento a carico del gestore, nella misura pari allo 0,2 per cento del fatturato complessivo annuo». Secondo il Governo la disposizione violerebbe: l’art. 117, comma 2, lettere e) e s), Cost., in riferimento agli artt. 119 e 154 del d.lgs. n. 152 del 2006 e all’art. 10, comma 14, lettera d), del d.l. n. 70 del 2011, in quanto la tariffa, non essendo determinata anche in ragione del finanziamento del Fondo di solidarietà, non sarebbe in grado di realizzare una effettiva integrale copertura dei costi; l’art 14, primo comma, dello statuto della Regione siciliana; gli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in riferimento all’art. 14 del TFUE, all’art. 9 e al considerando n. 38 della direttiva 2000/60/CE.
11.1.‒ La questione è fondata.
L’alimentazione del Fondo di solidarietà a sostegno dei soggetti meno abbienti, essendo posta a carico del soggetto gestore del SII (integralmente per il primo anno, parzialmente per gli anni successivi), si traduce necessariamente in una componente di costo aggiuntiva da imputarsi in tariffa in virtù del principio del «recupero integrale dei costi» (artt. 119 e 154 del d.lgs. n. 152 del 2006 e art. 9 della direttiva 2000/60/CE).
Poiché, come ripetuto, le finalità della tutela della concorrenza e dell’ambiente vengono in rilievo anche in relazione alla scelta delle tipologie dei costi che la tariffa è diretta a recuperare, si deve concludere che la norma impugnata invade la competenza esclusiva dello Stato di cui all’art. 117, secondo comma, lettere e) e s), Cost.
Queste conclusioni non escludono che le regioni possano introdurre misure sociali di accesso alla risorsa idrica che non interferiscano con la materia tariffaria e che si coordinino con le misure di analoga funzione previste a livello nazionale. Non è invero inutile ricordare che, recentemente, l’art. 60 della legge 28 dicembre 2015, n. 221 (Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali), dettato in tema di tariffa sociale del servizio idrico integrato, prevede che l’AEEGSI, «al fine di garantire l’accesso universale all’acqua, assicura agli utenti domestici del servizio idrico integrato in condizioni economico-sociali disagiate l’accesso, a condizioni agevolate, alla fornitura della quantità di acqua necessaria per il soddisfacimento dei bisogni fondamentali, sentiti gli enti di ambito nelle loro forme rappresentative, sulla base dei princìpi e dei criteri individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri […]» (comma 1), e che la stessa Autorità, al fine di assicurare la copertura degli oneri conseguenti, «definisce le necessarie modifiche all’articolazione tariffaria per fasce di consumo o per uso determinando i criteri e le modalità per il riconoscimento delle agevolazioni» (comma 2).
12.‒ Il Governo contesta infine l’art. l, comma 2, lettera c), della legge della Regione siciliana n. 19 del 2015, che recita: «Gli acquedotti, le reti fognarie, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture e dotazioni patrimoniali afferenti al servizio idrico integrato costituiscono il capitale tecnico necessario e indispensabile per lo svolgimento di un pubblico servizio e sono proprietà degli enti locali».
Secondo il ricorrente, la norma determinerebbe effetti espropriativi generalizzati nei confronti dei beni che, alla data della sua entrata in vigore, siano in proprietà di privati, eccedendo così dalle competenze statutarie regionali e in particolare violando: gli artt. 3, primo comma, e 42, terzo comma, Cost., nella misura in cui «la generalizzazione e la indeterminatezza degli effetti espropriativi rendono impossibile valutare se sussistano i “motivi di interesse generale” in ciascuno dei casi coinvolti che soli, ai sensi dell’art. 42, terzo comma, Cost., possono giustificare un provvedimento espropriativo, caratterizzando in tal modo la norma in questione in senso profondamente irragionevole, in violazione dell’art. 3, primo comma, Cost.»; gli artt. 42, terzo comma, e 117, primo comma, Cost., in riferimento all’art. l del Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, in quanto il provvedimento (legislativo) espropriativo non prevede alcun indennizzo; l’art. 14, primo comma, dello statuto della Regione siciliana, dovendosi interpretare la competenza legislativa primaria regionale nella materia «espropriazione» come riferita esclusivamente agli aspetti amministrativistici.
12.1.‒ Le censure non sono fondate, in quanto muovono da un erroneo presupposto interpretativo.
Gli acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture idriche, fino al punto di consegna o misurazione, fanno parte del demanio “accidentale”, ai sensi dell’art. 822 e seguenti del codice civile. L’art. 143, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006 conferma che «gli acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture idriche di proprietà pubblica, fino al punto di consegna e/o misurazione, fanno parte del demanio ai sensi degli articoli 822 e seguenti del codice civile e sono inalienabili se non nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge». Ai sensi dell’art. 153, comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006, le infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali devono essere affidate in concessione d’uso gratuita per tutta la durata della gestione al gestore del servizio idrico integrato che ne assume i relativi oneri secondo le clausole contenute nella convenzione (che regola i rapporti tra ente locale e gestore) e nel relativo disciplinare.
La norma regionale, letta nel più ampio contesto normativo riportato, ha portata meramente ricognitiva del regime demaniale “accidentale” delle infrastrutture e dotazioni patrimoniali afferenti al servizio idrico integrato. Ad essa sono dunque estranei gli intenti e gli effetti espropriativi lamentati dal Governo.

PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, commi 2 e 3, della legge della Regione siciliana 11 agosto 2015, n. 19, recante «Disciplina in materia di risorse idriche»;
2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 4, lettera a), della legge reg. Sicilia n. 19 del 2015;
3) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 7, della legge reg. Sicilia n. 19 del 2015;
4) dichiara in via consequenziale, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), l’illegittimità costituzionale dell’art. 5, comma 6, della legge reg. Sicilia n. 19 del 2015;
5) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 8, della legge reg. Sicilia n. 19 del 2015;
6) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 3, lettera i), della legge reg. Sicilia n. 19 del 2015;
7) dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 11, 5, comma 2, e 7, comma 3, della legge reg. Sicilia n. 19 del 2015;
8) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 6, della legge reg. Sicilia n. 19 del 2015;
9) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 12, della legge reg. Sicilia n. 19 del 2015;
10) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. l, comma 2, lettera c), della legge reg. Sicilia n. 19 del 2015, promossa in riferimento agli artt. 3, primo comma, 42, terzo comma, 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nonché all’art. 14 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione siciliana), del Presidente del Consiglio dei ministri indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 marzo 2017.
F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Daria de PRETIS, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 4 maggio 2017.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA


Legge regionale – Sicilia – 11/08/2015, n. 19
Testo vigente
EPIGRAFE

Disciplina in materia di risorse idriche.

REGIONE SICILIANA
L’ASSEMBLEA REGIONALE HA APPROVATO
IL PRESIDENTE DELLA REGIONE
PROMULGA
la seguente legge:

ARTICOLO N.1
Principi e finalità
1. La Regione, ai sensi dell’articolo 14, lettera i), dello Statuto, considera l’acqua bene comune pubblico non assoggettabile a finalità lucrative quale patrimonio da tutelare, in quanto risorsa pubblica limitata, essenziale ed insostituibile per la vita e per la comunità, di alto valore ambientale, culturale e sociale. Considera, altresì, che la disponibilità e l’accesso all’acqua potabile ed all’acqua necessaria per il soddisfacimento dei bisogni collettivi costituiscono un diritto umano, individuale e collettivo, non assoggettabile a ragioni di mercato, così come sancito dalla Risoluzione n. 64 approvata dall’Assemblea generale dell’ONU il 28 luglio 2010.
2. La presente legge si prefigge l’obiettivo di definire i principi per la tutela, il governo pubblico e partecipativo della gestione delle acque, il conseguimento dell’equilibrio idrogeologico del suolo contrastando il rischio frane ed alluvioni nonché il processo di desertificazione, in grado di garantire un uso della risorsa rispettoso dei criteri di sostenibilità, solidarietà, trasparenza, equità sociale ed efficacia. Disciplina, altresì, funzioni e compiti per il governo pubblico del ciclo integrato dell’acqua sotto il profilo quantitativo e qualitativo, tenendo conto prioritariamente della salvaguardia dei diritti e delle aspettative delle generazioni future, promuovendo:
a) l’uso responsabile e sostenibile della risorsa idrica, in quanto bene comune pubblico essenziale ed insostituibile per la vita e per la comunità, secondo criteri di efficacia, efficienza ed economicità, trasparenza, equità sociale e solidarietà e con l’obiettivo di salvaguardare i diritti delle future generazioni e l’integrità e la tutela del patrimonio ambientale;
b) le azioni necessarie per tutelare le acque destinate prioritariamente al consumo umano, successivamente all’uso agricolo ed infine agli altri usi, garantendo, quale esigenza fondamentale, nei bacini idrografici di competenza, il deflusso necessario alla vita negli alvei a salvaguardia permanente degli ecosistemi interessati;
c) la gestione pubblica dei beni del demanio idrico senza finalità lucrative. Gli acquedotti, le reti fognarie, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture e dotazioni patrimoniali afferenti al servizio idrico integrato costituiscono il capitale tecnico necessario e indispensabile per lo svolgimento di un pubblico servizio e sono proprietà degli enti locali;
d) il miglioramento della qualità delle acque, sotto il profilo igienico-sanitario e nel rispetto degli obiettivi relativi al buono stato ecologico delle acque, in linea con il “Piano per la salvaguardia delle risorse idriche europee”
della Commissione europea, attraverso la prevenzione e la progressiva eliminazione delle cause di inquinamento e la realizzazione di un efficace sistema di trattamento delle acque reflue e del riciclo delle acque utilizzate;
e) il raggiungimento degli obiettivi di qualità sulla base della programmazione della gestione delle fonti puntuali e diffuse e degli usi delle acque;
f) l’erogazione giornaliera per l’alimentazione e l’igiene umana di un quantitativo minimo vitale pari a 50 litri per persona per tutti i residenti della Regione;
g) l’introduzione, al fine di favorire lo sviluppo di politiche di utilizzo della risorsa nel rispetto dei principi di efficienza, efficacia ed economicità, razionalità e corretto uso dell’acqua, di tecnologie sostenibili nella gestione dei servizi idrici integrati e degli acquedotti irrigui;
h) la progressiva sostituzione dell’uso dell’energia elettrica di rete per gli impianti inerenti alla gestione idrica, dall’adduzione alla depurazione, con impianti di produzione di energia rinnovabile.
3. La presente legge favorisce lo sviluppo di un sistema finalizzato al conseguimento dell’equilibrio idrogeologico del suolo e al contrasto del rischio frane e alluvioni nonché del processo di desertificazione, promuovendo:
a) la prevenzione del rischio idrogeologico e di frana garantendo, prioritariamente, la sicurezza delle popolazioni e delle infrastrutture;
b) la difesa e la regolazione dei corsi d’acqua, delle aree limitrofe, delle zone umide e lacustri;
c) la difesa e il consolidamento dei versanti delle aree instabili e dei litorali;
d) la realizzazione, la manutenzione, la gestione ed il recupero delle infrastrutture idrauliche e degli impianti;
e) l’attività di recupero delle acque meteoriche;
f) la progressiva sostituzione degli impianti di depurazione convenzionali con impianti per il trattamento, il recupero e il riutilizzo delle acque grigie e nere, secondo le disposizioni contenute nell’articolo 12, comma 1, della direttiva 91/271/CEE del Consiglio del 21 maggio 1991 e del decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela delterritorio n. 185/2003, integrati, ove possibile, con sistemi di fitodepurazione;
g) la realizzazione di interventi a difesa degli abitati e delle strutture esistenti che tengano conto delle condizioni di naturalità dei fiumi, della riqualificazione dei corsi d’acqua, privilegiando tecniche di ingegneria naturalistica nell’ottica di un progressivo miglioramento ecologico del sistema;
h) la realizzazione di un unico sistema informativo regionale accessibile online costituito dall’insieme delle banche dati ed informazioni, anche georiferite, in materia di tutela delle acque e del territorio, rischio frane ed alluvioni, processo di desertificazione, servizio idrico integrato dell’intero distretto idrografico della Sicilia.
4. La Regione, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, procede a riattribuire, secondo le modalità di cui all’articolo 3, le funzioni esercitate dalle Autorità di ambito territoriale ottimale già esercitate ai sensi dell’articolo 148 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e successive modifiche ed integrazioni.
La riorganizzazione del servizio idrico integrato è attuata al fine di garantire la qualità, l’efficienza, l’efficacia, l’economicità, la trasparenza, l’equità sociale e la solidarietà nonché l’omogeneizzazione dei livelli del servizio e della relativa tariffa, anche in applicazione dei decreti del Presidente della Repubblica n. 113 e n. 116 del 18 luglio 2011.
5. Gli enti di governo degli ambiti territoriali ottimali realizzano la gestione pubblica del servizio idrico integrato nelle forme consentite dal vigente ordinamento giuridico europeo che, ai sensi degli articoli 14 e 106, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea nonché dell’articolo 36 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, è da considerarsi un servizio pubblico locale di interesse generale.
6. La Regione avvia la definizione di un sistema tariffario tendenzialmente unitario.

ARTICOLO N.2
Riordino delle competenze amministrative
1. All’Assessorato regionale dell’energia e dei servizi di pubblica utilità, oltre alle funzioni individuate dall’articolo 63 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sono attribuite anche le seguenti:
a) redazione e aggiornamento di un ‘bilancio idrico regionale’, inteso come processo di valutazione di tutte le componenti in ingresso ed in uscita del sistema idrico, al fine di esplicitare: il diritto all’acqua; l’equilibrio tra prelievi e capacità naturale di ricostituzione del patrimonio idrico; la presenza di una quantità minima di acqua, in relazione anche alla naturale dinamica idrogeologica ed ecologica, necessaria a permettere il mantenimento di biocenosi autoctone ed il raggiungimento degli obiettivi di qualità ambientale, per garantire la tutela e la funzionalità degli ecosistemi acquatici naturali;
b) redazione e aggiornamento del Piano di gestione del distretto idrografico della Sicilia, in attuazione dell’articolo 13, comma 1, della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2000, ai sensi dell’articolo 57, comma 1, lettera a), n. 2, e dell’articolo 66, comma 6, del decreto legislativo n. 152/2006. Le disposizioni del suddetto Piano di gestione sono immediatamente vincolanti per le amministrazioni e per gli enti pubblici nonché per i soggetti privati;
c) elaborazione di proposte per dare operatività al programma di misure per raggiungere gli obiettivi ambientali individuati nel Piano di gestione del distretto idrografico della Sicilia, secondo i principi contenuti nelle direttive 2000/60/CE e 2007/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2007. I piani ed i programmi di sviluppo socio-economico e di assetto ed uso del territorio sono coordinati, o comunque non in contrasto, con il Piano di gestione del distretto idrografico della Sicilia;
d) creazione di una banca dati per la raccolta, l’elaborazione e la pubblicazione di dati statistici predisposti dagli organi competenti su tutti i pozzi privati, sui contratti di concessione e relativa remunerazione, con riferimento alla disponibilità privata delle risorse idriche per l’uso idropotabile, irriguo, industriale, sui prelievi effettuati, sugli allacciamenti abusivi;
e) creazione di una banca dati per la raccolta, l’elaborazione e la pubblicazione di dati statistici predisposti dagli organi competenti sulle concessioni per l’imbottigliamento delle acque minerali, relativa remunerazione e sugli effettivi prelievi;
f) elaborazione di proposte per favorire il riutilizzo dell’acqua impiegata all’interno degli impianti industriali con la sola reintegrazione del quantitativo disperso nel processo industriale e con esclusione, ove possibile, del prelievo diretto di acqua proveniente da falda;
g) vigilanza sul rispetto dei livelli minimi di qualità del servizio irriguo e potabile;
h) vigilanza sulla corretta redazione del Piano d’ambito di cui all’articolo 149 del decreto legislativo n. 152/2006 nel rispetto dei principi della presente legge e delle indicazioni degli strumenti pianificatori; vigilanza sulla trasparenza della contabilità delle gestioni e di valutazione dei costi delle singole prestazioni;
i) formulazione di proposte di revisione della disciplina vigente;
l) formulazione di proposte in materia di tutela dei diritti degli utenti;
m) formulazione di pareri in merito al servizio idrico integrato su richiesta degli enti locali;
n) trasmissione annuale alla competente commissione legislativa dell’Assemblea regionale siciliana di una relazione sull’attività svolta;
o) uso plurimo delle acque per finalità potabili, minerali, agricole e industriali.
2. Il piano di gestione del distretto idrografico della Sicilia è approvato dalla Giunta regionale.

ARTICOLO N.3
Individuazione degli Ambiti Territoriali Ottimali
1. Al fine della gestione del servizio idrico integrato, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentita la competente commissione legislativa dell’Assemblea regionale siciliana, l’Assessore regionale per l’energia e per i servizi di pubblica utilità individua in numero di 9 gli Ambiti territoriali ottimali (ATO) coincidenti con le zone omogenee dei bacini idrografici o con i preesistenti Ambiti territoriali ottimali.
2. In ogni Ambito territoriale ottimale, di cui al comma 1, è costituita un’Assemblea territoriale idrica, dotata di personalità giuridica di diritto pubblico e di autonomia amministrativa, contabile e tecnica. L’Assemblea è composta dai sindaci dei comuni ricompresi nell’ATO che eleggono il Presidente dell’Assemblea che esercita le funzioni già attribuite dalle Autorità d’Ambito territoriale ottimale di cui all’articolo 148 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e successive modifiche ed integrazioni.
3. L’Assemblea territoriale idrica svolge le seguenti funzioni:
a) approva lo statuto contenente le norme di funzionamento dell’Assemblea;
b) approva ed aggiorna il Piano d’Ambito di cui all’articolo 149 del decreto legislativo n. 152/2006, ivi compresi gli interventi necessari al superamento delle criticità idropotabili e depurative presenti nel territorio;
c) approva la proposta di tariffazione dei corrispettivi relativi alla fornitura del servizio idrico;
d) approva il piano operativo di emergenza per la crisi idropotabile;
e) approva il piano operativo annuale e triennale delle attività e degli interventi;
f) affida la gestione del servizio idrico integrato, stipula e approva la relativa convenzione ed il disciplinare con il soggetto gestore del servizio;
g) definisce gli standard qualitativi del servizio;
h) approva la Carta della qualità del servizio che il gestore è tenuto ad adottare;
i) delibera, su proposta dei comuni facenti parte del medesimo ATO, la costituzione di sub-ambiti previo parere dell’Assessorato regionale competente da rendersi entro sessanta giorni.
4. Le Assemblee territoriali idriche, in sede di approvazione ed aggiornamento dei piani operativi triennali, prevedono adeguamenti delle condutture idriche di adduzione secondo le innovazioni tecnologiche tese alla salvaguardia della salute dei cittadini.
5. La gestione dei sistemi acquedottistici relativi al servizio idrico integrato, dei servizi e delle opere idriche di captazione, di accumulo, di potabilizzazione e di adduzione, individuati nel Piano regolatore generale degli acquedotti, è affidata ai gestori del servizio idrico integrato in ciascun Ambito territoriale ottimale, così come individuati al comma 1.

ARTICOLO N.4
Gestione del servizio idrico integrato
1. La gestione del servizio idrico integrato è realizzata senza finalità lucrative, persegue obiettivi di carattere sociale e ambientale ed è finanziata attraverso meccanismi tariffari.
2. La disciplina dell’affidamento della gestione del servizio idrico integrato è di prevalente interesse pubblico e non riveste carattere lucrativo. Per tale ragione, può essere affidata dalle Assemblee Territoriali Idriche di cui all’articolo 3, comma 2, ad enti di diritto pubblico, quali Aziende speciali, Aziende speciali consortili, consorzi tra comuni, società a totale partecipazione pubblica, a condizione che i comuni, che compongono le Assemblee, esercitino nei confronti dei soggetti affidatari un controllo analogo.
3. La gestione del medesimo servizio idrico integrato può essere affidata, per un periodo non superiore a nove anni, all’esito di procedure di evidenza pubblica e con esclusione delle procedure di affidamento di cui agli articoli 56 e 57 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, come recepito nella Regione con legge regionale 12 luglio 2011, n. 12 e successive modifiche ed integrazioni, a soggetti privati, ivi comprese le società miste a partecipazione pubblica. Tale affidamento ha luogo previa verifica, da parte delle Assemblee territoriali idriche, della sussistenza di condizioni di migliore economicità dell’affidamento, rispetto alle ipotesi di cui al comma 2.
4. Nell’ipotesi di affidamento prevista dal comma 3 i bandi di gara prevedono, a pena di nullità, che:
a) le condizioni economiche dell’affidamento non possano mutare per tutta la sua durata, rimanendo a carico dell’affidatario anche gli oneri relativi ad eventuali varianti, per qualsiasi causa necessarie, ove funzionali all’espletamento del servizio;
b) il contratto di affidamento sia risolto di diritto, ove il servizio venga interrotto per più di quattro giorni e interessi almeno il 2 per cento della popolazione, fermo restando che, ove qualsiasi interruzione anche di diversa natura si protragga per più di un giorno, l’affidatario è tenuto al pagamento di una penale di importo non inferiore ad euro 100.000 e non superiore ad euro 300.000 per giorno di interruzione. Le fideiussioni definitive del contratto di affidamento devono garantire l’ipotesi di pagamento della penale di cui alla presente lettera.
5. Le procedure di cui all’articolo 49 della legge regionale 12 maggio 2010, n. 11, sono completate entro il termine di centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
6. Per i disservizi di cui al comma 4, lettera b), prodotti dalle gestioni interamente pubbliche, le tariffe idriche a carico degli utenti sono proporzionalmente ridotte.
Le riduzioni sono stabilite con decreto dell’Assessore regionale per l’energia ed i servizi di pubblica utilità.
7. Al fine di salvaguardare le forme e le capacità gestionali esistenti, i comuni possono provvedere alla gestione in forma diretta e pubblica del servizio idrico, in forma associata, anche ai sensi dell’articolo 30 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, attraverso la costituzione di sub-ambiti ai sensi dell’articolo 3, comma 3, lettera i), composti da più comuni facenti parte dello stesso Ambito territoriale ottimale, che possono provvedere alla gestione unitaria del servizio.
8. I comuni montani con popolazione inferiore a 1.000
abitanti nonché i comuni delle isole minori ed i comuni di cui al comma 6 dell’articolo 1 della legge regionale 9 gennaio 2013, n. 2 possono gestire in forma singola e diretta il servizio idrico integrato nei casi in cui la gestione associata del servizio risulti antieconomica.
9. Le società a capitale interamente pubblico hanno facoltà di continuare a gestire il servizio idrico integrato già affidato dall’ente o dagli enti pubblici territoriali titolari del relativo capitale sociale, nella permanente ricorrenza delle seguenti condizioni:
a) divieto di cessione di quote di capitale a qualsiasi titolo a soggetti privati;
b) esercizio della propria attività istituzionale in via prevalente in favore dell’ente o degli enti pubblici titolari del relativo capitale sociale;
c) obbligo di sottostare a forme di controllo analogo da parte dell’ente o degli enti pubblici titolari del relativo capitale sociale.
10. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l’ente o gli enti pubblici territoriali titolari del capitale delle società di cui al comma 9, mediante adozione di apposita delibera del consiglio comunale, attestano la sussistenza dei requisiti di cui al comma 9 apportando, ove occorra, modifiche agli statuti e stabilendo la nuova durata dell’affidamento del servizio idrico integrato alle predette società.
11. Le società di cui al comma 9 che detengano a qualsiasi titolo infrastrutture e mezzi nel territorio da servire possono assumere la gestione del servizio idrico integrato in favore degli enti locali ricadenti nell’Ambito territoriale ottimale ovvero della Città metropolitana di riferimento, ampliando la propria compagine sociale o stipulando apposito contratto di servizio con l’ente o gli enti locali interessati.
12. Nelle convenzioni di affidamento del servizio idrico integrato è previsto un Fondo di solidarietà a sostegno dei soggetti meno abbienti utilizzato, secondo modalità definite dalle Assemblee territoriali idriche, esclusivamente per il pagamento delle bollette afferenti al servizio idrico integrato. I beneficiari del suddetto Fondo sono individuati sulla base dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) e di altri indicatori reddituali, quali attestazioni che certifichino la condizione di indigenza, di disoccupazione ovvero di mancata percezione di reddito. Il Fondo è alimentato, per il primo anno, attraverso le risorse derivanti dalla tariffa del servizio idrico integrato.
Decorso il primo anno dalla sua istituzione, il Fondo è alimentato mediante un accantonamento a carico del gestore, nella misura pari allo 0,2 per cento del fatturato complessivo annuo. Con decreto dell’Assessore regionale per l’energia ed i servizi di pubblica utilità, sentito l’Assessore regionale per la famiglia, le politiche sociali ed il lavoro, sono stabilite le modalità di attuazione del presente comma.

ARTICOLO N.5
Regime Transitorio
1. Nelle more della definizione degli ambiti di cui all’articolo 3 e comunque entro e non oltre 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, restano in vigore le attuali perimetrazioni degli Ambiti territoriali ottimali e conservano efficacia gli strumenti di pianificazione esistenti.
2. Le funzioni dei commissari straordinari e liquidatori delle soppresse Autorità d’ambito, coincidenti con i commissari straordinari di cui alla legge regionale 27 marzo 2013, n. 7, articolo 1, commi 3 e 4, in ciascun Ambito territoriale ottimale di ciascuna provincia, sono prorogate sino alla costituzione degli ATO di cui all’articolo 3. Gli stessi continuano ad avvalersi del personale in servizio presso le soppresse Autorità d’ambito con costi a carico della tariffa del servizio idrico.
3. Al personale delle società affidatarie del servizio idrico integrato che hanno cessato l’attività al 31 dicembre 2014 si applica, sussistendone le condizioni e verificato il fabbisogno, quanto previsto dall’articolo 173 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
4. Le Assemblee territoriali idriche, anche al fine di consentire il più rapido allineamento delle attuali gestioni alle finalità ed agli obiettivi della presente legge, valutano la sussistenza dei presupposti per l’eventuale revoca delle aggiudicazioni e degli affidamenti effettuati sulla base della normativa abrogata con i decreti del Presidente della Repubblica 18 luglio 2011, numeri 113 e 116, nonché ai sensi dell’articolo 49 della legge regionale 12 maggio 2010, n. 11 e comunque nel rispetto della normativa vigente, adottando i conseguenti provvedimenti.
5. Le aziende industriali operanti nella Regione, entro dieci anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, riutilizzano l’acqua impiegata all’interno dell’impianto con la sola reintegrazione del quantitativo disperso nel processo industriale e con esclusione, ove possibile, del prelievo diretto di acqua proveniente da falda.
6. Nelle more dell’esperimento delle procedure di cui all’articolo 4, i comuni afferenti ai disciolti Ambiti territoriali ottimali presso i quali non si sia determinata effettivamente l’implementazione sull’intero territorio di pertinenza della gestione unica di cui all’articolo 147, comma 2, lett. b), del decreto legislativo n. 152/ 2006 e successive modifiche ed integrazioni, con deliberazione motivata da assumere entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, possono adottare le forme gestionali del comma 7 dell’articolo 4.

ARTICOLO N.6
Gestione del sistema acquedottistico della Sicilia e del relativo servizio di erogazione di acqua per uso idropotabile
1. Entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Presidente della Regione valuta la sussistenza dei presupposti per l’eventuale esercizio del diritto di recesso dalla Convenzione con Siciliacque S.p.A. ed in ogni caso avvia le procedure per la revisione della stessa al fine di allinearla ai principi generali dell’ordinamento giuridico statale e comunitario diretti a garantire la possibilità di accesso, secondo criteri di solidarietà, all’acqua in quanto bene pubblico primario, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza, nonché alle direttive emanate dall’Autorità nazionale per l’energia elettrica ed il gas.

ARTICOLO N.7
Personale delle soppresse Autorità d’Ambito Ottimale
1. Al compimento delle attività di cui al comma 2 dell’articolo 5, il personale in servizio delle Autorità d’Ambito territoriali ottimali proveniente da pubbliche amministrazioni transita, unitamente alle funzioni, alle Assemblee territoriali idriche di cui all’articolo 3, che provvedono alla relativa assegnazione, per le attività inerenti alle proprie competenze, anche a livello decentrato.
2. Le Assemblee territoriali idriche applicano al personale trasferito, con contratto di tipo subordinato di categoria non dirigenziale, i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi decentrati integrativi vigenti presso gli enti di provenienza, fino alla loro ridefinizione, con un accordo decentrato, che preveda modalità e termini per la loro omogeneizzazione.
3. Gli oneri finanziari per il personale di cui al presente articolo sono coperti dai proventi derivanti dalla tariffa del servizio idrico integrato. Con decreto dell’Assessore regionale per l’energia ed i servizi di pubblica utilità sono fissate le modalità di ripartizione dei predetti oneri a carico dei soggetti gestori del servizio idrico integrato.

ARTICOLO N.8
Strumento di democratica partecipazione per il servizio idrico integrato
1. Al fine di assicurare un governo democratico della gestione del servizio idrico integrato, gli enti locali prevedono strumenti di partecipazione alle decisioni sugli atti fondamentali di pianificazione, programmazione e gestione dei lavoratori del servizio idrico integrato e degli abitanti del territorio. Ai sensi dell’articolo 8 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, gli strumenti di democrazia partecipativa di cui al presente comma sono disciplinati negli statuti degli enti locali.
2. Entro 180 giorni dalla data di approvazione della presente legge, il Presidente della Regione istituisce il Comitato consultivo permanente degli utenti e il tavolo consultivo permanente sulle tariffe di cui all’articolo 50, commi 1 e 4, della legge regionale 12 maggio 2010, n. 11.
3. All’articolo 50, comma 3, della legge regionale n. 11/2010, sono aggiunte le seguenti lettere:
“f) può proporre una valutazione preventiva degli impatti delle politiche di settore sul sistema ambiente;
g) partecipa al processo di condivisione delle scelte e delle azioni necessarie alla verifica del raggiungimento degli obiettivi.”.

ARTICOLO N.9
Adeguamento degli impianti
1. L’Assessorato regionale dell’energia e dei servizi di pubblica utilità destina i finanziamenti previsti per l’adeguamento degli impianti di depurazione e delle reti idriche anche ai comuni degli ambiti privi del soggetto gestore ed ai comuni di cui all’articolo 1, comma 6, della legge regionale 9 gennaio 2013, n. 2.

ARTICOLO N.10
Erogazione quantitativo minimo vitale d’acqua
1. L’erogazione giornaliera per l’alimentazione e l’igiene umana, considerata diritto umano e quantitativo minimo vitale garantito, è pari a 50 litri per persona.
2. L’erogazione del quantitativo minimo vitale garantito non può essere sospesa, neppure in caso di morosità, per i soggetti di cui all’articolo 4, comma 12. In caso di morosità nel pagamento, il gestore provvede a installare apposito meccanismo limitatore dell’erogazione, idoneo a garantire esclusivamente la fornitura giornaliera essenziale di 50 litri al giorno per persona, salvo il diritto di agire per il recupero delle somme dovute.
3. L’erogazione di cui ai commi 1 e 2 è garantita nei limiti delle disponibilità del Fondo di cui all’articolo 4, comma 12

ARTICOLO N.11
Modelli tariffari
1. La Giunta regionale, su proposta delle Assemblee territoriali idriche, approva i modelli tariffari del ciclo idrico relativi all’acquedotto ed alla fognatura, compreso quello gestito da Siciliacque S.p.A., sulla base di quanto disposto dall’articolo 154 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ossia che la tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata dalla qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell’entità dei costi di gestione delle opere e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonché di una quota parte dei costi di funzionamento delle Assemblee territoriali idriche, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio ‘chi inquina paga’. In relazione al livello di qualità della risorsa idrica ovvero nei casi in cui la stessa non è utilizzabile per fini alimentari, la tariffa è ridotta in una misura pari al 50 per cento. Tutte le quote delle tariffe del servizio idrico integrato hanno natura di corrispettivo.

ARTICOLO N.12
Istituzione Commissioni tecniche presso gli ATO idrici posti in liquidazione
1. Il Presidente della Regione, con proprio decreto, istituisce presso gli ATO idrici posti in liquidazione, che abbiano già affidato la gestione del Servizio idrico integrato ad enti di diritto privato, commissioni tecniche allo scopo di verificare eventuali inadempimenti contrattuali, sulla base delle convenzioni stipulate e in ottemperanza alle previsioni di cui all’articolo 49 della legge regionale 12 maggio 2010, n. 11.
2. Le commissioni di cui al comma 1 sono presiedute dai commissari degli ATO idrici posti in liquidazione e composte da tre sindaci dei comuni appartenenti all’Ambito territoriale ottimale, da un rappresentante delle organizzazioni sindacali, da un rappresentante dei comitati cittadini per l’acqua pubblica e da un funzionario del dipartimento acque e rifiuti dell’Assessorato regionale dell’energia e dei servizi di pubblica utilità.
3. Tutti i componenti delle commissioni sono designati dagli organismi di rispettiva appartenenza e non hanno diritto ad alcun compenso per la loro attività.
4. Entro 90 giorni dalla loro istituzione le commissioni tecniche formalizzano, mediante relazione scritta, le osservazioni in ordine a quanto indicato al comma 1. In caso di accertati inadempimenti contrattuali degli enti di diritto privato gestori del servizio idrico integrato, le istituite commissioni avanzano al Presidente della Regione una proposta di risoluzione anticipata delle convenzioni stipulate.
5. In attesa della definitiva applicazione dei principi e delle norme previste dalla presente legge, le commissioni di cui al comma 1 avanzano all’Assessore regionale per l’energia ed i servizi di pubblica utilità soluzioni per calmierare le tariffe del servizio idrico integrato in tutti i comuni aderenti al consorzio d’ambito, al fine di evitare disagi e problemi di ordine sociale tra la popolazione.

ARTICOLO N.13
Norme a favore dei comuni in situazioni di emergenza idrica
1. Al comma 4 dell’articolo 2 della legge regionale 13 gennaio 2015, n. 3, come modificato con il comma 2 dell’articolo 46 della legge regionale 7 maggio 2015, n. 9, le parole “30 giugno 2015” sono sostituite con le parole “31 dicembre 2015”

ARTICOLO N.13 bis
Norma transitoria [1]
1. Nelle more della definizione e del concreto avvio del modello tariffario regionale di cui alle disposizioni della presente legge, e comunque non oltre il 31 dicembre 2016, i provvedimenti tariffari dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico (AEEGSI) di cui all’Allegato A alla deliberazione n. 474/2015 dell’Autorità medesima, conservano efficacia nella Regione.
2. Fino alla definizione ed al concreto avvio del modello tariffario regionale di cui alla presente legge, trova applicazione ogni altro eventuale successivo provvedimento dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico (AEEGSI).
3. Fino alla definizione ed al concreto avvio del modello tariffario regionale di cui alla presente legge, l’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico (AEEGSI) continua ad esercitare, anche con riferimento alle gestioni operanti nel territorio siciliano, i poteri di cui all’articolo 21, commi 13 e 19, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214 e successive modifiche ed integrazioni nonché di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 20 luglio 2012 e successive modifiche ed integrazioni.
[1] Articolo inserito dall’articolo 38 della L.R. n. 3 del 17 marzo 2016.

ARTICOLO N.14
Entrata in vigore
1. La presente legge sarà pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana ed entrerà in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione.
2. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione.
04.05.2017