L’Università Kore di Enna. “En marche”

L’Università Kore di Enna. “En marche”

di Massimo Greco

Sulla dimenticata questione delle “aree interne” siciliane è allarme rosso e tutti coloro che sono nelle condizioni di comprendere la gravità del fenomeno sono chiamati alla responsabilità ovvero alla “marche” direbbe Macron. Ora, esclusa la Regione Siciliana, che per il tramite del suo Governatore Crocetta ha manifestato con i fatti l’inconsapevolezza del suo ruolo istituzionale, e la categoria dei Sindaci, costretta ad amministrare una quotidianità fatta solo di “acqua”, “rifiuti”, “presìdi sanitari” e “limiti di finanza pubblica”, l’unica Istituzione dotata di autorevolezza, credibilità e capace di affrontare la tematica dello sviluppo territoriale è l’Università Kore di Enna (UKE), della quale abbiamo già tracciato genesi, mission ed evoluzione.

Ovviamente non si tratta qui di osannare l’uso della ricerca scientifica nella prospettiva dello sviluppo economico del rispettivo territorio, fine al quale l’università tradizionale comunque non ha mancato di dare il proprio contributo, quanto piuttosto di sperimentare se e con quali limiti l’UKE, dotata di autonomia funzionale, possa avere un ruolo per la difesa del territorio su cui insiste. Da questo punto di vista, è stato auspicato dalla Fondazione della Conferenza dei Rettori delle università italiane, che “I collegamenti università-territorio – già esistenti a livello di singole relazioni dirette tra cattedre, dipartimenti e aziende o a livelli di organismi leggeri come i comitati consultivi d’indirizzo – possano consolidarsi e trasformarsi in strutture permanenti o dotazioni infrastrutturali come, ad esempio, i Consorzi università-industria, i Parchi scientifici, le Fondazioni universitarie o i Businnes Innovation Center o i Liaison Office”. Con tutto ciò non si vuole qui proporre un governo delle “aree interne” sottratto alle tradizionali Istituzioni rappresentative ed esponenziali del territorio ed affidato all’UKE, ma sottolineare che una vera democrazia partecipativa, che parte dalle forze dinamiche della società, dell’economia, della cultura e della scienza presenti nell’entroterra della Sicilia, può contribuire a restituire credibilità alla democrazia rappresentativa. Peraltro, l’attuale ceto politico, non può non prendere atto di questa nuova realtà democratica che non lo vede più unico protagonista, seppure ancora dotato di potere legittimo, di autorità.

Per il tramite dell’UKE, i territori delle “aree interne e centrali” della Sicilia potranno riuscire a fare squadra attorno ad un concetto di innovazione come res pubblica su cui attivare investimenti orizzontali di tutti gli stakeolders, per creare comunità di ricerca e produzione che integrano relazioni mercantilistiche e collaborative, capaci di richiamare e trattenere qui la testa delle global value chain.

Rispetto a questa prospettiva, da noi auspicata ed approfondita anche in sede di ricerca, l’UKE non sembra affatto intollerante, come dimostrano i numerosi apporti collaborativi forniti ad Istituzioni pubbliche e private anche del territorio. Tuttavia, come già accennato in altra occasione, urge andare oltre la “terza missione” dell’università, affrontando in modo strutturale la questione delle “aree interne” ed assumendone l’iniziativa progettuale.

In sintesi l’UKE è chiamata alla responsabilità civica, politica ed istituzionale per la difesa del territorio dal quale ( e per il quale?) è nata.