– Quale compito ha avuto?-
Ho svolto il mio lavoro: il meteorologo. Stare nella base, analizzare le mappe del tempo, fare assistenza al volo ai piloti di aerei ma anche ai geologi impegnati in qualche campo remoto ed hanno avuto bisogno di sapere com’era il tempo per pianificare le attività.
– Com’è il tempo in Antartide?-
Con un’evoluzione molto rapida: nell’arco di un’ora si passa dal sole alla neve. Da ottobre a febbraio la luce del giorno è di 24 ore e il sole non tramonta mai. Il cielo è sempre terso senza una nuvola.
– Quali le difficoltà? –
Le comunicazioni, piuttosto scarse e costose. Nel ’94 si telefonava una volta alla settimana, il costo della chiamata era di 20 dollari al minuto.
– Quali esperienze spiacevoli e/o piacevoli ricorda in particolar modo?
Nella prima missione, usciti per un recupero di fusti, un gruppo di otto persone siamo rimaste bloccate, con l’elicottero, per tre giorni, dentro la mela, che è un campo di emergenza. La cosa tragicomica è che per poter parlare con mia moglie, che non aveva mie notizie, sono riusciti a mettere su un sistema di comunicazione con la radio. Piacevolmente, ricordo, che, nella 30^ spedizione, ci siamo ritrovati quattro siciliani: un professore di Catania, uno della Marina militare ed un operaio. O l’incontro con Paul Nicklen del National Geographic, uno dei migliori fotografi naturalistici al mondo.
– Quali immagini non si dimenticano del continente ghiacciato?
Quelle della natura, il paesaggio incontaminato, i colori: bianco e azzurro. D’obbligo, infatti, gli occhiali da sole perché il bianco potrebbe bruciare la retina, E poi gli animali: i pinguini sono piuttosto bizzarri, curiosi. E’ vietato toccarli. Si osservano anche delle procedure per evitare di passare con gli elicotteri vicino ai posti in cui nidificano.
– Ha assistito a delle scoperte scientifiche?
Sì, nella 30^, i geologi di Pisa hanno ritrovato un’intera foresta fossilizzata, con gli alberi integri, risalente a milioni di anni fa quando l’Antartide non era al polo sud ma alla latitudine dell’India. Ci sono gruppi di ricerca poi che vanno a caccia di meteoriti. Una volta me ne hanno messo in mano una da 500g, che è già una meteorite importante. Si fanno ricerche di geologia, come quella di alcuni anni fa con la scoperta dell’oro nativo. Il compito dell’Italia, fare la mappa dei giacimenti, anche se il Trattato antartico vieta che si possano sfruttare.
– Quanta è stata importante la famiglia?
La famiglia è un forte aiuto; chiaramente è anche una difficolta perché si è lontanissimi ed è difficile pensare di poter rientrare subito a casa perchè occorre aspettare la prima occasione utile, a volte passa infatti anche una settimana.
– Qual è la motivazione che la spinge ad andare in un posto ai confini del mondo?
La curiosità. Dopo la terza missione avevo pensato di smettere; invece poi ne ho fatte altre due, per la curiosità, di vedere, dopo 20 anni dalla prima, se l’ambiente era cambiato. Anche in Antartide si percepisce il riscaldamento globale. Nel 2014, ho visto ruscelli scorrere durante l’estate, di cui non ho memoria prima, nel ‘94. E poi l’Antartide è come il mal d’Africa, ti prende una sensazione nostalgica.
– Che ruolo ha avuto la dimensione della fede?-
La dimensione della fede ti aiuta molto. L’assoluto silenzio che c’è lì è impressionante, uno si sforza di percepire qualche rumore ma non senti nulla. Allora cominci a sentire il sangue che ti circola, il battito del cuore, cominci a vivere quei profondi silenzi nella convinzione che Dio esiste anche in quei luoghi così lontani, così sperduti Certo, in un ambiente scientifico come quello, la fede è difficile trasmetterla agli altri. Una volta, per Natale, sono riuscito a posizionare la sagoma di un presepe e a raccogliere alcuni in preghiera, nonostante lo scetticismo di qualche scienziato.
– Cosa le manca dell’Antartide? –
Il plateau, la base italo –francese di Dome C, vorrei capire cosa significa vivere in quelle condizioni dove le temperature arrivano a -50°-60°.
Angela Rita Palermo