La vara è un esempio di ideale concetto di comunità che aggrega e non divide. Perché secondo Lei la stessa cosa non avviene con la municipalità?
“Il Comune e la Chiesa dovrebbero collaborare perché avrebbero lo stesso scopo: il bene comune. Però se nella chiesa, nel bene e nel male, si guarda sempre il fratello che soffre e che ha bisogno d’aiuto, nel Comune la visione, a volte, è a livello egoistico”.
La vara, come la Madonna, è l’icona del cammino, possiamo dire che siamo umanità dolente ma incamminante?
Siamo in un periodo di crisi economica che non consente a molti giovani di guardare al futuro con ottimismo e fiducia. Cosa si sente di dire loro?
“Mi sento di dire, con grande forza, che il futuro è il loro. Il futuro non va subito, va creato; va aiutato a svilupparsi, a realizzarsi e la gioventù è nel proprio animo che dovrebbe trovare la necessità di esprimersi. Non attendere dal papà o dal nonno la realizzazione della vita. Ma buttarsi con coraggio nell’arena se si vuole vincere”.
Il due lugli gli ennesi possono ancora gridare Viva Maria?
“Certamente. Perché la Madonna è piena di doni per tutti. La festa patronale è di per sé un grande dono che Maria ci concede”.
Un messaggio generale per la città. “Dati i tempi un po’ difficili, ciascuno di noi trovi in se stesso la forza non di reagire, ma di agire perché quello che è ed è stato sia migliorato nel futuro per noi e per quelli che ci seguiranno. Alla classe dirigente chiediamo di indicarci delle persone non solo oneste ma capaci. Perché nel momento in cui ci troviamo abbiamo bisogno di queste due grandi virtù per risolvere i problemi difficili che abbiamo”.
Giacomo Lisacchi