In effetti l’ovinicoltura presenta aspetti e caratteri “tradizionali”: in pratica è il settore meno soggetto ad ammodernamenti e razionalizzazioni.
Da secoli l’allevamento ovino viene considerato come attività agricola di ripiego rispetto ad altre attuabile solo in zone povere caratterizzate da fattori ambientali, climatici e pedologici non idonei ad altri indirizzi produttivi.
Ancora oggi, escluse rare eccezioni, l’allevamento ovino viene effettuato allo stato brado, o in condizioni di transumanza, secondo schemi tradizionali restii ad ogni innovazione; i ricoveri si risolvono in pochi elementi strutturali quali tettoie e recinti rudimentali.
Tecnici e studiosi sono d’accordo nel ritenere che la produzione può essere incrementata e migliorata non solo attraverso un affinamento delle tecniche di alimentazione ed un miglioramento genetico della specie, ma anche attraverso una razionalizzazione delle strutture aziendali sì da assicurare un maggiore comfort agli animali e facilitare il lavoro dell’uomo.
In effetti, gli allevamenti stanziali non sembrano avere, a tempi brevi, un futuro su larga scala, tuttavia in forma singola od associata si potrebbero promuovere delle strutture che accolgano tecnologie riguardanti lo svezzamento, l’allattamento artificiale, la mungitura e la lavorazione dei prodotti cui non è più possibile rinunciare.
Occorre perciò individuare e definire schemi costruttivi ed impianti che, pur nei limiti imposti dalla duplice esigenza di adottare soluzioni semplici ed economiche, assicurino una più razionale organizzazione degli allevamenti ed una maggiore rispondenza delle costruzioni alle esigenze degli animali.
Tutto ciò per rilanciare il settore e programmare il completo sviluppo.
Nino Costanzo