L’uguaglianza di tutti gli uomini è costitutiva della tradizione cristiana che attuò una rivoluzione culturale ed etica. Questa concezione si radica nella cultura religiosa ebraica da cui è sorto il cristianesimo in perfetta antitesi con la concezione razzista del nazismo, che prevedeva il dominio universale e totale della razza superiore, da realizzarsi non solo con l’eliminazione sistematica degli ebrei, ma anche con l’annientamento e la sottomissione di tutti i popoli, le categorie e i gruppi sociali considerati inferiori. L’Italia, che prima del 1937 non poteva dirsi istituzionalmente antisemita, ebbe bisogno della teoria razzista del biologo Nicola Pende per legittimare l’antiebraismo nazista, espellendo gli ebrei dal corpus sociale. Nicola Pende teorizzò la “biotipologia umana” e “l’ortogenesi sociale” in base alla quale ciascun individuo doveva e poteva essere studiato, misurato e valutato dal punto di vista morfologico, umorale-dinamico, morale e intellettivo e
propugnò il principio dell’ igiene nazionale.
Lo stato moderno, a detta di Pende, doveva essere fondato su basi biopsicologiche così da garantire al regime “una cellula produttiva ingranata armonicamente e consensualmente nel complesso cellulare unitario dello Stato Mussoliniano”.
Leonforte scoprì gli ebrei nel 1938 quando venne appeso al comune un avviso, racconta la professoressa Maria, che pretendeva dai dipendenti pubblici un certificato di non appartenenza alla razza ebraica. Di pura razza ariana dovevano essere tutti gli impiegati. Prodromi cialtroneschi di uno sterminio che non può essere ricordato solo una volta all’anno.
Lunedì prossimo tratteremo della legge elettorale e dei “Savoia o paisi”.
Gabriella Grasso