Come diavolo c’è andato a finire l’alluminio nell’acqua distribuita a Nicosia e Troina? e per gli altri comuni?

Ma allora da dove diavolo è spuntato l’alluminio rinvenuto nelle acque che sgorgavano dai rubinetti dei nicosiani e troinesi, che ha spinto i sindaci di questi due comuni prima, un paio di settimane fa, a invitare i loro concittadini a usare l’acqua per solo fini igienici e non per preparare cibi e bevande e dopo, ieri, a rassicurali che l’acqua è ritornata ed essere potabile?
Non è domanda peregrina. E’ una domanda seria, che scaturisce da considerazioni su quanto dicono, a tal proposito, sia Siciliacque spa, che fornisce a AcquaEnna l’acqua prelevata dall’Ancipa e trattata nel potabilizzatore di contrada Calamaro di Troina, e sia AcquaEnna, che distribuisce ai cittadini di Troina e Nicosia l’acqua proveniente dal potabilizzatore di contrada Calamaro.
Avuti il 1° marzo i risultati delle analisi fatti eseguire dall’Asp di Enna sui campioni d’acqua prelevati il 26 febbraio, che segnalavano una concentrazione di alluminio superiore al limite previsto dal decreto legislativo numero 31 del 2001, che è di 200 microgrammi per litro, AcquaEnna prende carta e penna e scrive a Siciliacque e ai sindaci di Troina e Nicosia, all’Asp di Enna e al Consorzio Ato n. 5 di Enna.
A Siciliacque Acqua Enna chiede di fornirle informazioni sugli esiti delle recenti analisi sui campioni di acqua, “con particolare attenzione al parametro Alluminio nelle acque in distribuzione” nei comuni di Nicosia e Troina. AcquaEnna, scrive in questa lettera, che l’allumino “è pressoché inesistente nelle acque provenienti dalle proprie fonti” e che “in ogni caso, le acque che afferiscono ai punti di prelievo in cui è stato effettuato il campionamento dai tecnici del Servizio Igiene alimenti e nutrizione provengono dalla fornitura di vostra competenza”.
Tradotto dal burocratese nel linguaggio normale della gente comune, AcquaEnna vuole dire che non c’entra con l’alluminio nelle acque in distribuzione, e se qualcuno c’entra, è proprio Siciliacque. Ma c’è di più perché AcquaEnna invita i sindaci dei due comuni “di volere estendere a tutto il centro abitato, in via cautelativa, le ordinanze già emesse di divieto per uso potabile dell’acqua in distribuzione, nelle more della ricezione dei richiesti chiarimenti da Siciliacque e della conseguenziale ripetizione del campionamento”. Immediata la risposta di Siciliacque che, nella lettera inviata anche all’Asp di Enna, al Consorzio Ato n. 5 di Enna e ai sindaci dei due comuni, respinge piccata l’accusa e dichiara che, sulla scorta degli esiti delle analisi sulle acque in uscita dal potabilizzatore, “si ritiene che i valori riscontrati non siano da attribuire alla sua presenza (alluminio ndr) nella acque prodotte dall’impianto”.
Nell’acqua che esce dal potabilizzatore – dice in sostanza Siciliacque – non c’è alluminio. Essendo scesa la concentrazione di alluminio nell’acqua al di sotto della soglia prevista dalla legge, ieri l’emergenza è rientrata e i sindaci di questi due comuni hanno revocato le ordinanze che vietavano l’uso dell’acqua per uso umano.
Rimane, però, la domanda iniziale: ma allora da dove viene quest’alluminio che i risultati delle analisi hanno rilevato? Una risposta a tale domanda è dovuta ai cittadini di questi due comuni, se non si vuole che si rafforzi quella congregazione degli àpoti, di quelli che non se la bevono, di cui parlava Giuseppe Prezzolini nel 1922, questa volta, però, in senso figurato e in senso reale.

Silvano Privitera