Le aree depresse, svantaggiate e povere, con collegamenti in rovina debbono usufruire di investimenti adeguati che possono garantire in quel contesto gli stessi standard di cui beneficiano i cittadini presenti in territori più floridi. Inutile dire che si stava riferendo alla sanità del centro Sicilia.
Insomma, come già diceva Don Milani, non c’è ingiustizia più grande che tagliare la torta in fette uguali trattando allo stesso modo chi mangia il dolce a completamento di un lauto pasto e a chi da quella fetta trae l’unico sostentamento.
Vedete in Italia esiste una legge (D.M. 70/2015), chiamata anche decreto Balduzzi, che con puntigliosa precisione stabilisce il numero di medici, infermieri, specialità mediche, posti letto e infine ospedali che servono ogni Tot numero di abitanti.
Ogni regione, applicando questa legge, pubblica un piano regionale ospedaliero che elenca quanti ospedali dovrà avere ogni provincia precisando per ciascuno di essi sia le specialità (il tipo dei reparti) sia i posti letto a disposizione. Qualche giorno fa la regione Siciliana ha pubblicato il suo rispettando puntigliosamente per la nostra provincia il decreto Balduzzi di cui sopra. I risultati lasciano di stucco.
Perché se applichiamo questi criteri su una popolazione concentrata su delle aree metropolitane di pochi chilometri quadrati e con facili vie di comunicazioni tutto ha un senso. Ma quando caliamo gli stessi vincoli sul nostro territorio in cui la popolazione è distribuita su un territorio vasto e con le vie di comunicazioni che tutti conosciamo, succedono cose inquietanti.
Cito solo il caso della oncologia, perché paradigmatico e perché i tumori sconvolgono la vita dei malati e delle loro famiglie.
In atto all’Umberto I di Enna abbiamo una Unità Operativa Complessa (ovvero una struttura con la possibilità di ricoverare) che è nelle condizioni sia di accogliere i malati sia di erogare terapie ambulatoriali con antitumorali. Abbiamo poi un servizio capace di fornire la chemioterapia direttamente nella zona nord della provincia.
Applicando il nuovo piano regionale l’Unità Operativa Complessa di Enna viene cancellata (così chi deve ricoverarsi per malattie oncologiche deve andare fuori provincia) e conseguentemente viene riassorbito il servizio della zona settentrionale (così chi deve fare chemioterapia deve arrivare ad Enna e poi godersi tornanti e buche stradali al ritorno con la nausea ed i crampi che seguono alla terapia).
E questo è solo un esempio, ma possiamo farne degli altri.
Soprattutto dobbiamo richiedere che i vari reparti oltre ad esistere sulla carta debbono essere messi in grado di funzionare. Prendiamo ad esempio l’UTIN (Unità di Terapia Intensiva Neonatale) con annessa neonatologia dove specialisti di alta professionalità con grande impegno vigilano insieme agli Ostetrici per impedire che l’attesa di una nuova vita da grande gioia si trasformi in incubo. UTIN che a fine mese deve fare salti mortali per garantire i turni per carenza di personale, che accumula stanchezza e frustrazione nel suo personale. UTIN che garantisce l’operato del più grande punto nascita del centro Sicilia e che raccoglie piccoli prematuri da tutto il nostro bacino di riferimento (mancando a Caltanissetta un reparto analogo).
E che dire dei pronto soccorso; non basta una insegna per dire che c’è ne è uno, occorre personale (sia medici che infermieri in numero adeguato per turnare con tranquillità) attrezzature, ambulanze medicalizzate che permettono di trasferire i pazienti in Ospedali qualificati e organizzati per quelle specifiche condizioni in tempi adeguati (quando 20 minuti in più o in meno fanno la differenza).
comunicato stampa a cura di:
Federico Amato – Segretario Aziendale CISL Medici ASP Enna