“E ora vorrei dire io due parole.
La prima, e forse unica, è GRAZIE.
Grazie alla fiducia concessami da Aldo che mi ha voluto al suo fianco (sopportandomi e supportandomi!) nell’organizzare quest’ultima fase de “Le giornate di Davì”. Il mio è stato un contributo minuscolo in confronto all’impresa mastodontica di Aldo che è riuscito a incastonare ben 40 tra autori e relatori. Incastonamento pienamente riuscito anche tramite l’ausilio della tecnologia con collegamenti telefonici e via Skype. La rassegna merita, merita, merita, merita, merita. È un momento, anzi “IL” momento per eccellenza in cui Nicosia diventa veramente, senza alcun artificio retorico, “Capitale culturale di Sicilia”.
Questo è il primo spunto di riflessione che offre tale manifestazione. Potrei estendere il ragionamento ad altre lodevoli iniziative che nel corso dell’anno allietano Nicosia e che mettono questo paese dimenticato da Dio e da Cristo fermatosi ad Eboli o più realisticamente allo svincolo di Mulinello al posto in cui merita: una perla nel cuore della Sicilia.
Mi viene in mente una seconda riflessione, ispirandomi al pensiero che il prof. Di Grado ci ha regalato telefonicamente all’inizio della rassegna: l’assonanza tra libro e libero. Questa rassegna è libera non solo perché non ha padrini o padroni. Questa rassegna è libera perché è libera da qualunque ideologia. E rende liberi perché lo spettatore che è stato presente alle tre giornate ha visto una commistione di pensieri in un ventaglio immenso e infinito. Si è reso partecipe sul fatto che, come dice Hegel, “il vero è l’intero”. Oggi siamo troppo divisi a causa di “compartimenti stagni” che ci siamo autoimposti. Siamo schiavi di noi stessi e della società. L’appartenente ad una determinata bandiera si sente avversario belligerante dell’altro appartenente ad un’altra bandiera. Senza capire che, dialogando, si potrebbe trovare una soluzione e si potrebbe progredire. Siamo schiavi dei “titoli onorifici”, vacui e insignificanti, che servono solo a ridicolizzare la nostra persona e non ad esaltarla.
Siamo schiavi dei pensieri piramidali e delle gerarchie che, se andiamo a vedere, non sono qualcosa di naturale ma un perverso marchingegno per creare mostri che si sentono padreterni. Il pensiero è per tutti e di tutti. La libertà è per tutti e di tutti. Come potremmo liberarci dalle catene esterne se prima non ci liberiamo dalle catene autoimposte? Tramite il pensiero e l’esercizio di esso possiamo raggiungere quest’obiettivo.
Grazie Aldo, quindi, non tanto per la rassegna che, come vedi, ha completato il suo tempo, ma per il messaggio che ci dai e che ci hai lasciato. E se tutto ciò è utopia, lasciateci liberi almeno di sognare. Lasciateci liberi di essere don Chisciotte!
P.s. e ad Aprile si ritorna a lottare!”
Alain Calò