No di Legambiente Sicilia alla realizzazione di una piattaforma di rifiuti a Centuripe

Legambiente Sicilia esprime forte e decisa contrarietà alla paventata possibilità di realizzazione di una piattaforma di gestione e valorizzazione dei rifiuti nel territorio di Centuripe e paesi limitrofi.

Un impianto che dovrebbe coprire una superficie di quasi 200 ha e che potrebbe avere la capacità di soddisfare le esigenze di trattamento e abbancamento dei rifiuti di almeno un buon quarto se non un terzo della popolazione siciliana.

Un assoluto passo indietro rispetto gli attuali orientamenti dei governi, a tutti i livelli, che sono quelli del mantenimento di sistemi circolari e chiusi che tendano a soddisfare direttamente sul territorio i fabbisogni dello stesso e all’impegno, ormai decennale, di associazioni e comitati che cercano di costruire, su quel territorio e comunque in tutta l’isola, un ciclo virtuoso dei rifiuti basato sulla sostenibilità e sull’economia circolare.

“Proposte di questo tipo – sottolineano gli ambientalisti – creano solo confusione, allarmismo tra le popolazioni e i territori e mettono in difficoltà coloro i quali, come noi, si battono per la realizzazione di impianti moderni che garantiscano l’economia circolare”.

L’impianto dovrebbe realizzarsi in virtù di una variante al PRG di Centuripe su proposta di OIKOS S.p.A. che già gestisce la megadiscarica di Tiritì tra Motta Sant’Anastasia e Misterbianco.

E, proprio per le note vicende di quest’ultimo impianto, ci saremo aspettati qualcosa di più e non, di fatto, il trasferimento e la revisione della discarica già esistente in contrada Tiritì che tanti problemi ha causato alle popolazioni dell’area di Misterbianco e Motta.

Non un nuovo impianto la cui tecnologia risulta obsoleta e superata e in netta rotta di collisione con il nuovo pacchetto europeo sull’economia circolare che modifica la direttiva quadro sui rifiuti 2008/98/CE, specialmente per la previsione, tutta italiana, di produzione di CSS (combustibile solido secondario). Non un impianto che per dimensioni e sistemi di gestione finirebbe per sfruttare le inadeguatezze del sistema pubblico, a discapito dei cittadini.

Il tutto aggravato dal fatto che la proposta insiste su un’area decisamente “fragile” sia dal punto di vista ambientale che archeologico, per la presenza di decine di microzone (e non solo) con caratteristiche di pregio territorio e le cui comunità, da anni, hanno individuato un proprio percorso di sviluppo sostenibile che vede il suo punto di forza nell’attuazione della “Strategia nazionale per le aree interne”.