Nicosia: scopertura torre campanaria di San Michele

Nicosia, quella bella città dei 24 baroni e delle 100 Chiese, continua il suo processo di rinascita morale. E dopo la scopertura della torre campanaria della Chiesa Cattedrale, ora è finalmente giunto il tempo di una seconda scopertura, ovvero del campanile della chiesa di San Michele, Chiesa parrocchia molto antica del paese e che da più di trent’anni restava nascosto da una orripilante copertura fatta di metallo, legno e telo. Sussulta il cuore nel pensare che questo periodo storico ci stia donando la riscoperta della Nicosia dei nostri avi, quasi nel ricongiungimento ad un passato glorioso di quando questo paese era un po’ meno alla periferia della Storia di come lo è adesso. Purtroppo, come per Nicosia e così per tutti gli altri piccoli paesi dell’entroterra Siciliano e, oserei dire, Italiano, queste “vittorie” sembrano “vittorie di Pirro”. È da parecchi anni che sciagurate politiche accentratrici stanno spopolando le piccole realtà per le grandi. L’Unione Europea, che avrebbe dovuto portare pace e benessere, sta portando il deserto e la massificazione. Siamo alle porte del più nero nichilismo, con giovani figli di nessuno e privi di radici sballottati di qua e di là e ridotti ad un neoschiavismo alla ricerca di un lavoro (precario) con cui, se si è fortunati, si riesce a mala pena ad arrivare alla fine del mese. Non è per essere Euroscettico, ma sicuramente l’abbattimento incontrollato delle frontiere e quindi la creazione di un unico organismo è, sotto gli occhi di tutti, ampiamente fallito, trasformandosi in un ente germanocentrico dove la delocalizzazione, ovvero la insana pratica dello strappare gli alberi con tutte le radici (o meglio, con quelle che vengono su), sta svuotando le nostre realtà e le nostre storie trasformandoci in una massa informe e dal pensiero unico. Non è populismo, forse è puro sovranismo, sicuramente però e una sana sete di libertà e di indipendenza dalle politiche pauperiste alle quali, purtroppo, da diverso tempo siamo stati abituati. Questa nuove generazioni non sognano più perché sballottate nella nuova naja dell’Erasmus in cui si tende a confondere per non capirci più nulla. Ma se riuscissero a sognare nuovamente, sicuramente sognerebbero di poter vivere in un mondo a misura d’uomo dove chi nasce è libero di vivere e morire dove vuole, soprattutto libero di restare nella propria terra, casa, culla, madre che ha accolto i primi vagiti e lo ha accompagnato sin dai primi passi. Sognare un mondo dove la democrazia e quindi la dittatura della maggioranza venga soppiantata dal liberalismo e quindi dal fatto che ogni singolo conta e la massa non sia altro che un triste ricordo. Sognano un mondo in cui ci siano dei valori, delle storie, degli usi e dei costumi e delle tradizioni diverse tra un paese e un altro, ricchezza culturale della nostra epoca sempre, purtroppo, ormai in via di estinzione. Sognano di fare una famiglia e lavorare serenamente con un lavoro che faccia emergere il loro meglio, senza essere alienati. Sognano sì l’Unione Europea, ma come un insieme di tante realtà diverse con ben determinati confini e non un minestrone dove, quasi come uno tsunami, ognuno di noi viene inghiottito. E sogna la rinascita della propria terra, quasi come queste torri campanarie che risplendono dopo anni di oscurantismo, chiara speranza che le epoche buie come quelle in cui siamo prima o poi finiranno.

Alain Calò