Il rapporto di causalità fra: inadempienza medica, superficialità, grave imperizia e consapevole deficienza sanitaria ha portato all’irreparabile. I sei medici coinvolti, operando in equipe, avrebbero dovuto vigilare sul proprio e l’altrui operato e invece hanno agito nell’inosservanza delle disposizioni ministeriali in ambito sanitario fino alla mancata telefonata al 118 preferendovi il “porta a porta” nei presidi viciniori e non.
L’intervento, che dopo anni di udienza appare oggi complesso, ma pianificabile o gestibile negli adeguati nosocomi forniti di emoteca e rianimazione e da professionisti avvertiti e consci dei limiti propri e strutturali, fu condotto con ingiustificabile superficialità e coinvolse figure altre rispetto alle presenti già al momento del ricovero della paziente.
Ignorare la possibilità di una C.I.D per shock emorragico post partum o ricriminare ai colleghi la mancata comunicazione a nulla è servito nonostante l’insistenza della difesa in merito a questi punti. I giudici hanno valutato l’operato dell’equipe che non può essere interpretata come un assemblamento improvvisato di figure professionali multidisciplinari. Un traguardo importante è stato raggiunto: l’operato di un equipe medica va giudicato nella sua interezza e complessità e non nelle individualità che la compongono.
Dei sei medici convolti in questa triste vicenda quattro, a oggi, sono stati condannati; per i due assolti, condannati in primo grado e assolti in secondo grado si attende la Cassazione.
Ancora dopo otto anni e decine di udienze. Gabriella Gallo morì di parto per mano di medici inadeguati, come risulta dalle sentenze, in un ospedale sfornito del necessario.
A settembre dello scorso anno la Corte d’appello nissena aveva assolto il ginecologo Salvatore Conoscenti e l’anestesista rianimatore Michele Politi e confermato la condanna, ad un anno e otto mesi, per il ginecologo Paolo Favazza. Era già stato condannato, e la sua condanna a un anno e quattro mesi è ormai definitiva, anche l’anestesista Matteo Gelsomino.