Non un dono del gran conte Ruggero, ma una restituzione dei boschi ai troinesi

Capita a molti, quando sono trovati coinvolti in una discussione o assistere ad un evento in cui si parla anche dei normanni e di Troina, sentire dire che il gran conte Ruggero, mille anni fa, donò ai troinesi vaste estensioni di bosco sui Nebrodi ridottesi ai giorni nostri a 4,2 mila ettari. Fino alla prima metà dell’800 erano molto di più di 4,2 mila ettari. Nel suo bel saggio “Eclissi dei demani comunali in Sicilia – Il caso di Troina”, Franco Amata, che oltre ad essere stato un ottimo sindaco di Troina dal 1987 al 1992 è anche uno storico dell’agricoltura, ha ricostruito le vicende che hanno condotto alla riduzione dell’immenso patrimonio boschivo alle dimensioni attuali. Anche Amata, che è uno studioso di valore, fa cenno nel suo saggio a questo racconto: “Il vastissimo demanio comunale di Troina era un dono di Ruggero il Normanno alla città che gli aveva aperto le porte, dove aveva a lungo soggiornato, dove aveva istituito il primo Vescovado di Sicilia, dove aveva ricevuto Papa Urbano II per la definizione delle questioni relative all’apostolica legatia”.
E’ molto probabile che, in quell’incontro a Troina nel 1088 tra Papa Urbano II e il conte Ruggero, i due abbiano parlato anche dei preparativi della prima crociata. Viene il sospetto che Urbano II avesse cercato di convincere il conte Ruggero a partecipare alla prima crociata. Ma il conte, che era un uomo saggio e scaltro, fece capire al papa che lui non poteva essere della partita perché aveva ancora molto da fare con i musulmani qui in Sicilia. Non è escluso che avesse anche qualche problema con i troinesi di allora. Lo si capisce leggendo quello che scrisse nel libro “De rebus gestis Rogerii, Calabriae et Siciliae comitis, et Roberti Guiscardi ducis, fratris eius” il monaco benedettino Goffredo Malaterra, lo storico ufficiale del conte Ruggero. In un capitoletto del libro Malaterra parla dei greci di Troina, che erano i troinesi di mille anni fa che parlavano greco, di gente sleale che macchinava contro il conte Ruggero. Ma il conte, che non dimentichiamolo era un uomo saggio e scaltro, con le buone o le cattive, li riconduceva sempre alla regione. Una di quelle cattive fu l’impiccagione di Porino, che aveva guidato la rivolta dei troinesi di allora contro la soldataglia normanna che insidiava le loro donne. E’ strano che non ci sia nulla a Troina che ricordi Porino, che difese l’onore dei troinesi di allora al prezzo della sua vita. Una di quelle buone è il dono ai troinesi di allora di una parte consistente delle foreste nebrodensi. Ma gli infidi troinesi di cui parla il Malaterra si saranno chiesti: ma a questo venuto dalla lontana Normandia, che neppure sapevano dove fosse, chi gliele ha date le foreste dei Nebrodi? Semplicemente se l’è prese con le buone e con le cattive. Ruggero il Normanno era uno dei 12 figli che Tancredi d’Altavilla, un piccolo villaggio della Normandia, aveva avuto da due mogli. Come i nigeriani di oggi, i normanni di mille anni fa erano molto prolifici ed andavano a cercare fortuna in latri paesi ritenuti più ricchi. Non c’era posto ad Altavilla per i tutti i 12 figli di Tancredi. Alcuni di loro, tra cui Roberto e Ruggero, pensarono di emigrare verso il meridione d’Italia, una delle aree più ricche dell’Europa di allora, dove longobardi e bizantini in guerra si contendevano il dominio. C’era un terzo attore che partecipava a questo conflitto: la chiesa cattolica con il papato. I due normanni, abili guerrieri dotati di acuta intelligenza politica, si insinuarono in questo conflitto conquistando posizioni di crescente rilievo. Nel 1059 il papa Nicola II investì Roberto il Guiscardo dei ducati di Puglia, Calabria e Sicilia.

Ma la Sicilia era ancora sotto la dominazione araba. Erano un’isola molto ricca e, diremmo oggi, multietnica e multiculturale dove convivevano musulmani, cristiani di rito greco ed ebrei. Nel 1060 i due fratelli normanni iniziavano la conquista della Sicilia, sbarcando a Messina. Nel 1072 entrarono trionfalmente a Palermo. Roberto divenne duca di Sicilia e Ruggero gran conte di Sicilia. Roberto rimase poco in Sicilia perché doveva occuparsi degli altri due ducati, quelli di Calabria e Puglia. Fu dunque Ruggero, il gran conte, a governare di fatto la Sicilia rivelando doti di grande statista. Fu così che divenne padrone delle foreste dei Nebrodi, che appartenevano prima della conquista normanna ai siciliani del Val Demone, e quindi anche ai troinesi di allora. Se le cose stanno così, più che del dono dei boschi che non appartenevano prima al gran conte Ruggero, ma ai troinesi, si trattò di una restituzione dei boschi che gli erano stati sottratti come bottino di una guerra di conquista. Fare apparire e credere nel corso dei secoli come un dono quella che fu una restituzione, solo un uomo intelligente e scaltro come il gran conte Ruggero poteva farcela.

Silvano Privitera