Troina, conversando con Bresc di libri antichi e fatti dei nostri tempi

Ascoltare Henri Bresc, quando parla di storia medievale nei convegni o conversare con lui sugli stessi temi e su argomenti più vicini a noi nel tempo al di fuori dei convegni, è una piacevolissima esperienza. L’ho rivisto alcuni giorni fa a Troina dopo 14 anni, in occasione della giornata di studio sulla produzione e circolazione del libro a stampa in Sicilia tra il XV e il XIX secolo, organizzato dalla comune di Troina. E’ uno storico di grande valore e di acuta intelligenza. Con Bresc, che gode di una grande e meritata reputazione tra i suoi colleghi storici medievalisti, si può discutere anche di argomenti come il ’68 in Francia e in Italia, e delle differenze tra i due movimenti di contestazione, che in Francia è durato poco più di un anno mentre in Italia si è protratto per più di decennio fino agli anni’80 con le derive terroristiche. In quegli anni insegnò in diverse università italiane, come Palermo e Roma, e leggeva le riviste italiane, come i “Quaderni picentini”. E’ uno storico che analizza gli effetti sociali ed economici della politica.

“La guerre tra angioini ed aragonesi, tra regno di Sicilia e Regno di Napoli, nel XIV e XV secolo hanno promosso lo sviluppo della cerealicoltura in Sicilia”, sostiene Bresc. Ma non c’erano soltanto guerre e produzione cerealicola in Sicilia in quel tempo. Circolavano anche libri e si formavano le prime biblioteche nella case dei giuristi urbani e degli aristocratici. Anche il clero aveva le sue biblioteche dove prevalevano i libri devozionali, di prediche e della liturgia. Nelle biblioteche dei baroni e dei giuristi urbani erano il libri giuridici a farla da padrone. Agli aristocratici e ai baroni i libri di diritto servivano per difendere i loro feudi e i loro privilegi messi in discussione dal sovrano che voleva rafforzare il suo potere a loro danno. “Ai figli della borghesia quei libri servivano per accedere alle funzioni politiche e al ruolo di capi del popolo”, spiega Bresc. E’ questo il caso di Gianluca Barberi di Noto, che sotto Carlo V difese gli interessi della monarchia contro i baroni che non volevano rinunciare ai loro feudi con tutti i privilegi e le prerogative che derivavano dal possesso dei feudi. “Quei libri erano come un martello senza maestro nel senso che potevano essere usati per servire gli interessi della monarchia, dell’aristocrazia e del popolo”, aggiunge Bresc. Nelle biblioteche non c’erano solo incunaboli, cioè i primi libri stampati con i caratteri mobili dalle tipografie toscane e veneziane, c’erano anche libri prodotti prima dell’invenzione della stampa con i caratteri mobili. Ed erano libri scritti in francese, catalano e latino. Non tutti i libri contenuti nelle biblioteche del clero, del clero e dei giuristi urbani sono arrivati ai nostri giorni. “Con l’arrivo dell’Inquisizione molti libri che non erano in linea con gli orientamenti della chiesa cattolica scomparvero dalle biblioteche”, spiega Bresc. Questa “ripulitura” delle biblioteche per precauzione, eliminando i libri scomodi, ha avuto l’effetto di rendere più difficile il lavoro dello storico. “Coefficiente di incertezza” la definisce Bresc: la mancanza di documenti di confermare un’ipotesi di ricerca storica.

Silvano Privitera