Aidone: le ragioni del no sul completamento della diga Pietrarossa

Aidone. Unanime coro di dissenso, al completamento della diga Pietrarossa, nell’incontro “La storia sommersa: il caso Pietrarossa” organizzato da Legambiente con i circoli di Piazza Armerina e Caltagirone – in collaborazione con Ecomuseo “I semi di Demetra” e l’Archeoclub “Aidone-Morgantina”. “Sommersa per due motivi- ha spiegato la presidente Paola Di Vita del Circolo piazzese- perché sotto l’acqua (parlando della statio ritrovata ndc) e perché è una storia di illegalità, fenomeno che Legambiente combatte da sempre su questo territorio”. Di Vita ha ripercorso la storia della diga, che insiste in territorio di Aidone (Enna) e su quello di Mineo (Catania), a partire dal 1959 con le vicende anche giudiziarie che hanno portato al blocco dei lavori, tra la fine degli anni’90 e il 2000, per mancanza di autorizzazioni e per il rinvenimento dei resti archeologici di una statio romana importante. Giuseppe Amato, coordinatore scientifico del Geopark Rocca di Cerere, ha ricordato come la difesa del territorio e del paesaggio siano argomenti di sviluppo sostenibile. Parlando delle zone umide del Centro Sicilia, a partire dagli anni ’30, ha esaminato le fasi di bonifica e di utilizzo, con gravi danni dal punto dell’ecosistema ambientale e di manutenzione- sostenibilità. “Diga Pozzillo è per metà piena di fango – ha detto-. Opere realizzate ai tempi del fascismo e negli anni ’50. Come si può immaginare che la diga Pietrarossa venga realizzata visto che non è più sostenibile far fronte alla manutenzione dei vari invasi esistenti?”. Roberto De Pietro, ingegnere che da sempre si oppone alla costruzione dell’invaso, ha spiegato che Pietrarossa è un’opera che si rifà agli schemi del passato, anni ’50, ormai superati dalle conoscenze tecnico-scientifiche, inutile e dannosa, con grande impatto negativo sia economico che ambientale, e con pericolose ricadute sugli equilibri idrogeologici del territorio. “La problematica di Pietrarossa- ha affermato- pertanto non può essere ridotta alla sola contrapposizione, tra completamento diga pro sviluppo economico, e tutela dei resti archeologici”. De Pietro auspica l’avvio di una politica alternativa di risanamento e riqualificazione del territorio che rappresenterebbe un fatto storico per la Sicilia. Andrea Arena, vicepresidente regionale dell’Associazione nazionale Archeologi, ha evidenziato come non esista, ad oggi, alcuna pubblicazione sui reperti ritrovati, tutto è archiviato. Ha esaminato le varie tappe delle campagne di scavo effettuate nel tempo e sull’ipotesi che possa trattarsi della Statio Capitoniana, con terme e latrine, menzionata nell’Antonini itinerarium. Ha rilevato le contraddizioni relativamente al ruolo del Dipartimento regionale ai Beni culturali nelle richieste fatte al Dipartimento delle Acque per ottenere somme economiche, per la realizzazione di un Polo divulgativo sul posto e per la conservazione del sito. “E’ opportuno- ha concluso- chiedere un tavolo tecnico di discussione per migliorare le richieste della Soprintendenza”. In rappresentanza del circolo di Caltagirone è intervenuta la presidente Anita Astuto, che ha rimarcato come in tutti questi anni Legambiente Sicilia ha sempre portato avanti la tesi che la diga è abusiva perché priva delle dovute autorizzazioni. “Il suo completamento – ha evidenziato- costituirebbe un precedente molto grave” ponendo all’attenzione dei presenti come mai la Regione, dopo decenni e decenni di silenzio sulla questione, abbia improvvisamente accelerato i tempi sulla sua ultimazione. Gianfranco Zanna, presidente regionale di Legambiente, si è soffermato sulle prossime azioni che Legambiente ha intenzione di avviare. “Su questa vicenda abbiamo una priorità – ha detto- manca la relazione sull’impatto ambientale dell’opera, manca il parere della Soprintendenza di Catania, presenteremo un esposto alla Procura di Catania e chiederemo l’intervento dell’Anac”.

Angela Rita Palermo