A Leonforte la notte è multicolor

La festa è “entrata” usa dire a Leonforte.

La festa della Patrona, ora declassata a Patrona&Co., è sentita assai dai leonfortesi e da ogni dove il paesano, che tale è, “s’arricampa” non c’è mare che tenga. Quest’anno poi l’amministrazione Barbera ha fatto cose grosse: luci e archi, che strappano le ombre e tacitano le male lingue. La Gloria quest’estate è tutta nostra! Tanto è il bagliore che il Casale potrebbe spegnere l’illuminazione pubblica e bearsi dei nostri riflessi, pure Enna si domanda “che fu a Leonforte?”. E’ finito il tempo del piagnisteo. Oggi si fa festa e le luminarie lungo il corso rappresentano uno dei pochi spettacoli emozionali e attirano curiosità ed interesse. Pure Musumeci affacciandosi da Palazzo d’Orlèans, con la mano a “pampera” sopra gli occhi offesi da tanto bagliore, ha telefonato per dire “un poco meno Fratelli sennò mi fate sfigurare!”. Popoli stranieri stanno arrivando per abbeverarsi alla Granfonte, che incanta e innamora e pazienza per il luridume “nel monumento”. Verrà levato, prima o poi, intano fa scena. Cosa sarebbe il paese pulito? Perderebbe la sua anima più intima e rischierebbe di confondersi con i borghi catodici. La “munnizza” e come la bottiglia di birra lasciata sul muretto, sopra la chiazza verdognola, a lato dell’antica pietra: è il nostro brand. Da domani calia e miricanella sgorgheranno dalla fontana delle Ninfe, per l’occasione aperta al pubblico ma non ripulita delle alte frasche, spacciate al turista per erbe curative dai poteri magici; un giardino dei semplici. Un brand come il vomito da birra e la “lurdìa” diffusa.

Gabriella Grasso