A Leonforte non si è liberi di giocare a calcio?

In redazione arriva questa lettera, firmata. E’ lo sfogo di una mamma che sente il peso del sistema calcistico, anche paesano, e teme per la serenità di suo figlio. Riteniamo opportuno pubblicare.

Sono la mamma di un giovane giocatore di calcio. Mio figlio ha sempre amato lo sport e fin da piccolo ha fatto parte di una squadra calcistica paesana, che però lo ha vincolato alla società con cavilli onerosi, soffocandolo e sottomettendolo ai capricci dell’allenatore. I nostri figli non sono piu’ giocatori, ma schiavi di un sistema che li ricatta con interpretabili vincoli sportivi che si possono sciogliere solo al compimento del venticinquesimo anno di età. Questo è quello che è successo a mio figlio, un ragazzo il cui sogno era il pallone. Sin da piccolo giocava e amava lo sport del Calcio. Parlo al passato perché a causa di quanto scritto ora è solo disgustato. Hanno infranto i sogni di un giovane sportivo, ma la rabbia più grande sta nel “VANTO” dei dirigenti della società che usano dire: “o giochi con noi o rimani fermo!”
È giusto tutto ciò? È giusto spezzare i sogni e le aspettative di un giovane? Che diritto hanno LORO sui nostri figli? Sulle loro scelte? Perché questo servilismo? Cominciamo a “liberare” i calciatori. Eliminiamo un vincolo dilettantistico che imprigiona un giovane calciatore dilettante sino a 25 anni. Proviamo a rimettere al centro del campo lo sport, il divertimento, i sogni di un ragazzo, la gioia e l’orgoglio di aver contribuito alla crescita di un campione. Concludo dicendo a voi dirigenti, passatevi una mano sulla coscienza… E se ciò fosse fatto a vostro figlio?
Grazie