Francesco Colaleo, medico ennese di 30 anni, rientrato da Kunming (Cina) dove sono diversi i casi accertati di coronavirus


“Certo, sono molto dispiaciuto di essere tornato. Ma ho fatto una valutazione tra rischi e benefici e ho deciso “. Francesco Colaleo, ennese di 30 anni, medico e specializzando in Neurochirurgia alla Federico II di Napoli, è appena rientrato dalla Cina dove stava partecipando ad un progetto di formazione esterna in una città a sud della Cina, a Kunming, nella provincia dello Yunnan, dove i casi accertati sarebbero 25. “La tensione in Cina è altissima – dice Francesco al telefono da Napoli. Da quando sono rientrato nel nostro Paese, sono a casa in una sorta di quarantena, come precauzione personale ma nessuno, di ritorno in Italia dalla Cina, mi ha consigliato di farlo”. E’ in continuo contatto con i i colleghi del 1St People’s Hospital of Yunnan, dove lavorava.

“Beh lavorando in ospedale e avendo preso qualche treno nella mia permanenza in Cina, qualche contatto, con persone potenzialmente ammalate, potrebbe esserci stato. Per questo i colleghi cinesi e, in particolar modo il primario del reparto dove lavoravo, mi hanno chiesto, esplicitamente, di rimanere a casa per 14 giorni dal mio rientro e di monitorare la temperatura corporea. In Italia, a parte la misurazione della febbre, mentre eravamo sull’aereo, pronti a sbarcare, nessuno ci ha consigliato alcuna precauzione.

La Cina dal punto di vista tecnologico è evolutissima, ma ancora fortemente legata alla tradizione. Il consumo di carni di animali definiti selvatici è alto e questo, per i cinesi, rimane la tesi più accreditata sull’origine del virus. Comunque un dato è certo. La psicosi del contagio ha preso un pò tutti. Per strada non c’è quasi nessuno e nei supermercati, presi d’assalto nei primi giorni della notizia di epidemia, tutti hanno la mascherina. Anche il capodanno, che comunque a Kunming è stato festeggiato, è stato sotto tono”.

Francesco racconta che in transito dall’aeroporto di Hong Kong la tensione era altissima “Guai a dare un colpo di tosse – dice – e i dati forniti dal governo cinese, circa i casi di coronavirus, sono veritieri”.

Francesco Colaleo era partito due settimane fa e sarebbe dovuto rimanere in Cina fino alla fine di aprile. “Ho pensato che questo progetto posso portarlo avanti tra qualche mese. Ora era troppo rischioso continuare a rimanere là”.

Pierelisa Rizzo