Le profonde cavità naturali (dal lat. fovea) tipiche della Venezia Giulia (ex province di Trieste, Gorizia, Pola e Fiume) vennero largamente utilizzate durante la Seconda guerra mondiale e nel dopoguerra, per liberarsi dei corpi di coloro che erano caduti negli scontri tra nazifascisti e partigiani, e soprattutto per occultare le vittime delle ondate di violenza scatenate a due riprese – dapprima dopo l’8 settembre del 1943 e successivamente nella primavera del 1945 da parte del movimento di liberazione sloveno e croato. Il professore Nigrelli ha inquadrato la Storia sottolineando che nel 1943 a essere coinvolta fu soprattutto l’Istria, mentre nel 1945 l’epicentro delle violenze fu costituito da Trieste, Gorizia e Fiume. Nella prima ondata (autunno 1943), accanto a squadristi e gerarchi locali vennero prelevati podestà, segretari e messi comunali, carabinieri, guardie campestri ecc.: un segno questo della diffusa volontà di spazzare via chiunque potesse far ricordare l’amministrazione fascista, che con la sua politica di italianizzazione forzata aveva creato non pochi problemi. Nell’insurrezione, però, i connotati etnici e politici si saldavano con quelli sociali; bersaglio delle retate divennero anche i possidenti invisi ai mezzadri croati. La dittatura filosovietica di Tito e la seconda ondata di violenze nel maggio 1945, spinse le truppe iugoslave verso la Venezia Giulia, colpendo in primo luogo i militi repubblichini, ma coinvolgendo anche le unità della Guardia di finanza e parte della Guardia civica di Trieste e poi via via un’ondata di arresti dei membri dell’apparato repressivo nazifascista, dei quadri del fascismo giuliano ed elementi collaborazionisti, ma anche alcuni partigiani italiani i quali non accettavano l’egemonia iugoslava. La lezione si è conclusa con la spiegazione delle differenza fra l’Olocausto e le Foibe. In entrambi i casi si è perpetrato un eccidio ai danni di una particolare etnia, ma i motivi e la portata delle due tragedie furono sicuramente diversi: da una parte ci troviamo di fronte a un vero e proprio sterminio programmato, portato avanti con una struttura ben organizzata, una macchina infarcita di odio che ha quasi annientato un intera etnia dall’Europa, causando una ingente quantità di morti; dall’altra parte c’è l’ odio razziale generato da contingenze storico-politiche e non da un premeditato disegno di sterminio.
Gabriella Grasso