L’odissea di Davide Miletti, 33enne di Nicosia, positivo al covid-19

“Mi stanno massacrando ma io ho voluto denunciare la mia positività al Covid 19 su face book per rendere pubblica la mia storia e per un senso di responsabilità”. Parla Davide Miletti, 33 anni, imprenditore di Nicosia che era tornato dal Trentino, da Brunico, il primo marzo. “Sono partito con un gruppo di 8 amici il 22 febbraio – dice al telefono, mentre intercala qualche colpo di tosse – Venerdi della scorsa settimana ho cominciato a stare male. Febbre alta e tosse. Così ho chiamato il numero di emergenza regionale”.
E così è iniziata un’odissea che si è conclusa, dopo giorni di incertezza, con Davide che si è recato, lui, con la propria auto, al pronto soccorso dell’ospedale di Nicosia. In quarantena, a casa, insieme alla moglie, racconta che gli operatori lo hanno dirottato al 118. Ma anche gli operatori del 118 gli dicono che non potevano fare nulla e bisognava chiamare il medico curante. “Il mio medico curante mi ha però detto che non era suo compito. Così ho chiamato il 1500 che mi ha confermato che doveva essere il medico curante a segnalare il caso. Ho richiamato il medico curante, con il quale abbiamo avuto una litigata, e così mi sono rivolto ai carabinieri”. Dopo avere chiamato i carabinieri, Davide viene ricontattato dal medio curante che, finalmente, apre la procedura di segnalazione. “Mi ha subito contattato un medico dell’Asp che mi ha chiamato anche tante volte per sapere come stavo”. Nel frattempo arriva la chiamata del 118. L’ambulanza è pronta per portalo ad Enna . “Gli operatori mi hanno chiesto come stato e appena hanno sentito che stavo bene, cioè non avevo problemi respiratori, mi hanno detto che dovevo richiedere il tampone a domicilio”. Così Miletti richiama il medico curante che gli assicura che la procedura che ha attivato è corretta. “Basta – dice Davide – ho chiamato il primario delle Malattie Infettive di Enna che mi ha confermato che, non solo non era prudente che da sospetto, ancora non sapevo se fossi o meno positivo, che andassi in ospedale ma che il medico curante doveva richiedere il tampone a domicilio. Ho richiamato i carabinieri e il medico che l’Asp mi aveva assegnato per effettuare il tampone a domicilio si è messo in malattia. Sono andato in pronto soccorso a Nicosia”. Davide è disperato.
Arriva al pronto soccorso, guanti e mascherina, rimane fuori dalla porta e avverte che potrebbe avere il coronavirus. “Sono stato in una stanzetta mentre arrivavano altri sospetti e poi mi hanno caricato sull’ambulanza e mi hanno portato ad Enna dove, finalmente, mi hanno fatto il tampone”. E’ lunedì, 16 marzo, dunque, quando Davide riesce finalmente ad ottenere il tampone e dopo 4 giorni, in cui la sua positività non è stata comunicata ufficialmente a nessuno, decide di scrivere su Facebook. “E’ giorni che a Nicosia gira la notizia che ho il coronavirus – dice – così ho deciso di autodenunciarmi. Non credo sia una vergogna essere malati ed è giusto che quanti siano stati a contatto con me si facciano controllare. Credo che ci sia qualcosa che non funziona in queste procedure. Quello che ho fatto io lo avrebbero dovuto fare le istituzioni”.

Pierelisa Rizzo