In provincia di Enna si utilizzano persino le Chiese per le vaccinazioni, ma non i centri Igiene Pubblica abilitati per tale funzione

Il dibattito politico nazionale è incentrato in questo ultimo periodo, su come incentivare il numero di vaccinazioni in Italia. L’obiettivo del governo è quello di raggiungere al più presto 500 mila somministrazioni al giorno. Però se, prima fra tutte, non si coinvolgono le stesse strutture sanitarie, il compito sarà arduo. Nel bel Paese ci sono regioni virtuose che stanno riuscendo a mantenere la media giornaliera prevista ed altre meno. Per ovviare al problema e raggiungere l’obiettivo prefisso, c’è bisogno di aumentare urgentemente e di tanto il numero delle vaccinazioni e a tale riguardo, lo Stato centrale e le Regioni hanno pensato di coinvolgere le farmacie, i dentisti e persino i luoghi di culto. Il problema principale, oltre alle dosi vaccinali pattuite che non arrivano dai produttori americani ed anglosassoni, è dovuto, come abbiamo sottinteso, pure ai pochi spazi messi a disposizione dai sistemi sanitari locali. Per quanto riguarda, specificatamente la provincia di Enna, nonostante gli sforzi profusi, non si parla di soluzioni alla portata di mano, che sembrerebbero le più semplici. In provincia di Enna, tanto per fare un esempio, si vaccina allo stato attuale, principalmente solo presso le quattro strutture ospedaliere: Enna, Piazza Armerina, Leonforte e Nicosia, ma non si è mai pensato ai centri di Igiene pubblica presenti in quasi in tutti i Comuni (se il dato non è errato sono 14), ove vengono regolarmente somministrati i vaccini ai bambini e ove ci sono medici specialisti. Si potrebbe obiettare dicendo che tali centri servono per le visite ambulatoriali, ma si potrebbe disquisire dicendo che potrebbero essere utilizzati nel tardo pomeriggio ed anche di sera. Con tale apertura, oltre ad aumentarne il numero giornaliero di vaccini, si decongestionerebbero le strutture ospedaliere, e particolare, non poco rilevante, si verrebbe incontro alle esigenze dell’utenza che non sarebbe costretta a raggiungere la struttura ospedaliera più vicina. A sollecitare tale soluzione, presso l’Asp di riferimento, dovrebbero essere, primi fra tutti, i sindaci della Provincia. Della questione, ne ha parlato nei giorni scorsi l’ex sindaco di Valguarnera Sebo Leanza che ha affermato: “Si somministrano vaccini in farmacia, nelle Parrocchie, negli studi medici e non si utilizzano i presidi d’igiene pubblica, laddove vengono somministrate centinaia di dosi la settimana ai bambini. Gli stessi centri con i medesimi operatori potrebbero garantire da 500 a 700 somministrazioni al giorno. Perché – si chiede – vengono esclusi dall’organizzazione? I medici di medicina generale potrebbero occuparsi della somministrazione del vaccino a domicilio per i soggetti aventi diritto e per i rispettivi familiari/badanti così come fanno per l’antiinfluenzale. Organizzare razionalmente il sistema- conclude – tornerebbe utile all’Azienda Sanitaria e alle nostre comunità”.

Rino Caltagirone