Fiumi di cocaina fra Leonforte e Assoro

“Caput Silente” è il nome della vasta operazione che nella notte fra martedì e mercoledì ha impegnato 200 agenti della polizia di Stato, nell’arresto di noti pusher e nel sequestro di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti e di armi. L’attività investigativa, muovendo dall’operazione del 2014 “Homo Novus” ha scoperto che, seppur in galera, la famiglia leonfortese dei Fiorenza gestiva le estorsioni e monopolizzava il mercato della droga: marijuana, hashish e cocaina. Assoro e Leonforte mercoledì mattina hanno visto la mafia nella faccia dei loro compaesani. Paesi apparentemente tranquilli hanno rivelato l’esistenza antica di un sistema criminale che avviluppa e soffoca l’imprenditoria locale, spingendo i più all’abbandono di questa terra sconfitta. Il racket delle estorsioni gestiva, senza coppole e lupare, ma con pizzini recapitati agli uomini di fiducia liberi sul territorio lo spaccio. Tanta è la droga che circola nei nostri paeselli perché tanta è la domanda. Il clichè del cocainomane ricco e spregiudicato è oramai passato; la cocaina, dal costo accessibile, è la droga della performance che attiva e disinibisce, stimolando sensi e intelletto e rendendo meno sensibili al dolore, alla fatica e alla fame. Effetti che durano poco però e portano al “craving”, alla paranoia e all’infarto. La cocaina dà molta assuefazione e un consumatore assiduo ha bisogno di una dose dieci volte superiore a quella iniziale per ottenere gli stessi effetti della prima volta, è perciò facile diventarne dipendenti anche perché, visti i suoi effetti, non è incompatibile con le attività lavorative. Quanti conoscenti, quanti amici, ne fanno uso? Quante persone di cui ci fidiamo? Quanti insospettabili? Un giro d’affari annuo miliardario così come le spese per la repressione, basti pensare che un detenuto su tre è in carcere per reati legati alla droga. Un terzo di tutti questi detenuti è tossicodipendente a dimostrazione che la mafia ingaggia i reietti e l’emergenza coronavirus, oltre all’impatto sanitario devastante, ha moltiplicato i livelli di povertà, infettando l’economia legale e accrescendo il potere della malavita. “Ribadiamo come Dda, il fortissimo interesse per il territorio di Enna, che è antico, perché qui nascono le idee delle stragi, qui si svolgono le riunioni dove si decidono i destini di quegli anni maledetti” ha affermato il procuratore capo Gabriele Paci. “Qui nasce, lavora, opera una parte di quella classe politica che ha svolto attività di mediazione al tempo delle stragi”.

Gabriella Grasso