Caro acqua Enna. Sulla riduzione della tariffa “solo chiacchiere e distintivo”

Caro acqua Enna. Sulla riduzione della tariffa “solo chiacchiere e distintivo”

di Massimo Greco

Le polemiche di questi giorni animate da alcuni Sindaci sull’ipotesi di ridurre la tariffa idrica non riusciamo più a comprenderle. Vero è che acqua e rifiuti continuano ad essere argomenti particolarmente sentiti dai cittadini ma continuare a parlare di riduzione tariffaria senza affrontare minimamente l’essenza della questione comincia a dare fastidio. Non comprendiamo infatti se i Sindaci “ci sono o ci fanno”. Abbiamo più volte scritto che il problema dell’esosità della tariffa idrica dipende, in buona parte, dalla voce di costo riferita all’infrastrutturazione della rete idrica e l’annoso problema, non ancora definitivamente risolto, delle partite pregresse si fonda sui medesimi presupposti. Vale la pena ritornare sulla definizione della tariffa idrica, nella speranza che i nostri Sindaci riescano una volta per tutte a focalizzare il vero problema.

Il legislatore ha inteso costruire la tariffa in modo tale da coprire i costi d’investimento e di esercizio del servizio idrico integrato, e l’utilità che ogni utente ottiene dal servizio deve essere pagata per il suo valore economico. La tariffa risulta essere espressiva del costo industriale del servizio idrico rappresentato dall’integrazione dei servizi di captazione, adduzione, distribuzione, collettamento e depurazione e tiene conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell’entità dei costi di gestione delle opere e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia.

Detta tariffa si configura, in tutte le sue componenti, come corrispettivo di una prestazione commerciale complessa, il quale, ancorché determinato nel suo ammontare in base alla legge, trova fonte non in un atto autoritativo direttamente incidente sul patrimonio dell’utente, bensì nel contratto di utenza. L’inestricabile connessione delle suddette componenti è evidenziata, in particolare, dal fatto che, a fronte del pagamento della tariffa, l’utente riceve un complesso di prestazioni, consistenti sia nella somministrazione della risorsa idrica, che nell’infrastrutturazione e manutenzione della rete idrica. Ne consegue che la quota di tariffa riferita alla voce degli investimenti, in quanto componente della complessiva tariffa del servizio idrico integrato, ne ripete necessariamente la natura di corrispettivo contrattuale, il cui ammontare è inserito automaticamente nel contratto d’utenza.

Dall’inequivocabile volontà del legislatore di costruire la quota di tariffa riferita anche agli investimenti infrastrutturali come corrispettivo, deriva la fondatezza di ciò che da anni sosteniamo circa l’irragionevolezza della normativa vigente nella parte in cui implicitamente prevede che la suddetta quota di tariffa è dovuta dagli utenti anche in assenza della realizzazione del programmato investimento. La normativa, imponendo l’obbligo di pagamento da parte dell’utente in mancanza della controprestazione, prescinde dalla natura di corrispettivo contrattuale della quota e, pertanto, si pone ingiustificatamente in contrasto con la ratio del sistema della legge n. 36 del 1994, che è invece fondata sull’esistenza di un sinallagma che correla il pagamento della tariffa stessa alla fruizione del servizio per tutte le quote componenti la tariffa del servizio idrico integrato, ivi compresa la quota di tariffa riferita agli investimenti.

Peraltro, la scelta del tempo e del luogo di realizzazione degli investimenti è affidata a soggetti terzi rispetto al contratto di utenza, e cioè all’Autorità d’ambito (oggi ATI) nell’esercizio della propria competenza a predisporre il piano d’ambito. Tale piano si inserisce nel rapporto fra il gestore Acquaenna e Autorità d’ambito e non in quello fra esso e l’utente, perché produce un’utilità riferita all’ambito territoriale ottimale nel suo complesso e non anche quella utilità particolare che ogni utente ottiene dal servizio.

Appare pertanto evidente che l’unico modo per ridurre la tariffa idrica è quello di scorporare la quota riferita agli investimenti. E per ottenere ciò ci sono solo due strade: la prima è quella di modificare l’impianto della legge statale che disciplina la tariffa idrica; la seconda è quella di promuovere un giudizio di costituzionalità in via incidentale, così come fece l’illuminato Giudice di Pace di Gargano a proposito dell’illegittimo inserimento in tariffa della quota riferita alla costruzione dei depuratori. In attesa che ciò possa avvenire, non sarebbe male, ancorchè con carattere una tantum, ottenere mirati finanziamenti regionali per finanziare quelle “partite pregresse” che solo nel nostro ambito territoriale ottimale si è deciso di “spalmare” agli utenti.

Questa è l’unica strada maestra, tutto il resto sono solo “chiacchiere e distintivo”.