Al comune di Toina dall’Oasi il comodato d’uso gratuito dell’ex monastero di San Michele Arcangelo

Trovato il modo per tentare di salvare il salvabile dei ruderi del cenobio basiliano San Michele Arcangelo Nuovo, costruito nella seconda metà del XVIII secolo vicino al centro abitato, detto il “nuovo” per distinguerlo da un altro omonimo cenobio basiliano detto il “vecchio”, costruito nella seconda metà dell’XI secolo sempre dagli stessi monaci basiliani sul colle Carinei in aperta campagna

La società Oasi Maria SS srl concede il San Michele Arcangelo Nuovo in comodato d’uso gratuito al comune di Troina che potrà chiedere i finanziamenti per metterlo in sicurezza, restaurarlo e renderlo fruibile al pubblico. Avrebbe dovuto farlo l’Oasi Maria SS, ma non ha le risorse finanziarie per poterlo fare. E’ un accordo che conviene ad entrambi: all’Oasi Maria SS che non avrà l’assillo di altri probabili cedimenti di quello che resta del cenobio, in verità poco, (l’ultimo c’è stato alcuni mesi fa) e al comune che l’inserisce nel suo piano di recupero e valorizzazione del patrimonio monumentale, artistico e storico del paese per fini turistici. Al sindaco Fabio Venezia, che pure ha apprezzato la decisione del presidente dell’Oasi Maria SS, don Silvio Rotondo, di cedere in comodato d’uso al comune il cenobio, non sfuggono le difficoltà nel fare il progetto e nel trovare i finanziamenti, ma non si sente di sottrarsi al “dovere di provarci mettendoci il massimo impegno”. Per Rotondo è la soluzione migliore, questa della cessione in comodato d’uso gratuito dei ruderi del San Michele Arcangelo Nuovo al comune: “E’ l’unica strada percorribile perché il comune possa liberamente chiedere i fondi per il mantenimento attuale della struttura, al fine di evitare che ci siano altri crolli che possano provocare danni”. Ci sono secoli di storia nelle vicende di questi due cenobi. Nella seconda metà del XVII. Nel 1643 e nel 1693, ci furono due terremoti che devastarono gran parte della Sicilia Orientale. Al cenobio che era stato costruito grazie anche al sostegno del Conte Ruggero il Normanno nella seconda metà dell’XI secolo, i due terremoti del 1643 e del 1693 provocarono considerevoli danni. Ai monaci, che dai loro estesi possedimenti nel corso di 5 secoli avevano ricavato ed accumulato grandi ricchezza, si pose il dilemma: rimettere in sesto il cenobio danneggiato dai due terremoti o costruirne un nuovo e più grande vicino al paese. Tra le due possibili soluzioni, i monaci scelsero la seconda.

Deve essere accaduto quello che il canonico Salvatore Fiore, un colto sacerdote vissuto tra la fine dell’800 e la prima meta del ‘900, scrisse nel 1930 nella biografia “San Silvestro, monaco basiliano di Troina”: >. Il lento declino del cenobio iniziò nel 1866, quando lo Stato italiano, che era nato 5 anni prima, soppresse gli ordini, corporazioni e congregazioni religiose e incamerò i loro beni, che erano terre, conventi, monasteri e biblioteche. Il nuovo Stato italiano, che aveva bisogno di soldi, mise in vendita questi beni immobili.

Ad acquistarli fu quella rozza e rapace borghesia agraria descritta nei loro romanzi da De Roberto, Verga e Tomasi di Lampedusa. Sul cenobio San Michele Arcangelo Nuovo misero le mani i Sollima e i Polizzi, due grandi proprietari terrieri, che del cenobio non sapevano che farsene e non se ne presero cura. Intanto, anno dopo anno, il cenobio andava in malora. Per arrestare il degrado del cenobio, negli anni ’50 del Novecento il sindaco di allora, Vittorio Fiore, il nipote del canonico Salvatore Fiore, sollecitò padre Luigi Ferlauto, che aveva fondato l’Oasi Maria SS, di acquistarlo. Vittorio Fiore pensava che nelle mani di Ferlauto il cenobio si sarebbe salvato. Il 9 settembre 1953 Gaetano Sollima e Silvestro Polizzi venderono a padre Luigi Ferlauto il cenobio San Michele Arcangelo Nuovo al prezzo di 67 mila lire. Ma la sorte del cenobio non migliorò. Di quello che era un monumentale cenobio rimangono dei malfermi ruderi che rischiano di rovinare, se non si interviene in tempo.

Silvano Privitera

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