Cristina Fazzi: ”il medico della foresta” da 21 anni nello Zambia

Il premio organizzato dalla Scuola Media Garibaldi di Enna è andato al giovanissimo Federico Papa, 10 anni, quinta B della scuola Neglia Savarese, prof.ssa Loredana Gravagno, che è riuscito a intervistare la dottoressa Cristina Fazzi, “il medico della Foresta” , da 21 anni medico operante nello Zambia, vivendo nella città di Ndola. Da Enna parte una lunga telefonata via Skype per lo Zambia. Federico, emozionato intervista una donna ennese veramente speciale, dagli occhi pieni di gioia e un sorriso accattivante che non ha avuto paura di lasciarsi tutto alle spalle per dedicarsi agli “ultimi”. Perché ha deciso di studiare medicina e qual è la sua specializzazione? “Ho deciso di fare il medico – dichiara Cristina – quando avevo otto anni, una passione nata da bambina, guardando mio padre che faceva questo lavoro. Amavo il modo in cui curava gli ammalati, con il sorriso e una buona parola. Sono specializzata in chirurgia generale, al Policlinico di Catania prestavo servizio come chirurgo, qui faccio il medico di base, mi occupo soprattutto di donne e bambini che nello Zambia sono considerati gli ultimi ma sono i più bisognosi”. “Sono arrivata nello Zambia nel 2000, per sostituire una collega e ho preso il suo posto per un anno, poi per due e sono qui da 21 anni. Sono rimasta per scelta”.

– Qual è il ricordo del primo giorno nel villaggio?
“Il primo ricordo è il forte odore di legna bruciata. Per 10 anni ho vissuto nella foresta, per questo “medico della foresta” dove non c’erano corrente elettrica e gas, si bruciava il carbone per cucinare, riscaldarsi e stirare, tanto che i miei vestiti odoravano di carbonella”.
– Qualcuno le ha mai detto che non voleva essere curato da lei perché è una donna?
“ Si! Me lo hanno detto in Italia, nello Zambia no. Qui sono l’unico medico del mio distretto sanitario, loro non hanno altro modo di essere curati”
– Quali sono le malattie più frequenti tra le donne?
“Essere donne nello Zambia è pesante, il 31% di esse si sposa sotto i 18 anni, hanno grosse responsabilità, lavorano molto e si ammalano tanto anche di AIDS. Un nostro progetto, oggi aiuta a prevenire la trasmissione di questo virus delle mamme in gestazione, così il piccolo nasce sano”. “I miei impegni ogni giorno variano sempre. Ho una casa famiglia con sette bambini, il più grande è uno dei miei due figli adottivi, gli altri sono in affido. La mattina ci alziamo presto, alle sette si va a scuola fino alle tredici. Intanto vado al lavoro dove curo molti bambini. Mi reco, con l’ambulatorio mobile, nei villaggi per vaccinare la gente che vive lontano dal Centro Sanitario. Una volta al mese visito le donne in gravidanza, vaccino i bambini, controllo il loro peso e se qualcuno è mal nutrito, lo inserisco nel programma nutrizionale. In altri giorni contribuisco alla formazione di volontari e personale medico. Tornata a casa faccio la mamma”.
– In questi 21 anni quanti progetti ha realizzato?
“Tanti i progetti realizzati! Il primo portando la luce elettrica in un piccolo ospedale, attivando le incubatrici, i laboratori di analisi e i frigoriferi per conservare i vaccini. Abbiamo realizzato due centri di transito per le donne in gravidanza prossime al parto, abbassando le complicanze e le mortalità della mamma e del bambino. Poi c’è il Centro Sanitario di Silangwa che comprende: l’ambulatorio, il centro per la cura dell’AIDS, il centro nutrizionale, la sala parto e gli alloggi per le infermiere. Abbiamo costruito pozzi, riattivato centri sanitari e l’ultimo progetto in corso è la realizzazione del Centro di Salute mentale per ragazzi con malattie psichiatriche. Non esistono di questi centri nello Zambia”-
– Che cos’è la Jatu?
“Jatu è un’associazione di promozione sociale. Ha lo scopo di promuovere tutto ciò che è utile alla gente e alla società dello Zambia e si occupa in modo esclusivo delle mie attività in loco”.
– Le farà piacere sapere che anche io con la mia classe ho effettuato una donazione.
“Questo mi da gioia! Con questo gesto avete regalato ad altri bambini un sorriso e un vaccino o una sedia a rotelle”.
– Mi racconta una storia o una persona che le è rimasta nel cuore?
“Ti racconto di Gideon, un bambino di 7 anni, ricoverato per una gravissima forma di malaria. I familiari pensavano fosse indemoniato, perché qui si crede ancora nello spiritismo e lo hanno lasciato al suo destino; io l’ho vegliato, imboccato e curato con il chinino fino alla guarigione, restituendolo sano alla famiglia. L’ho curato senza giudicare, perché l’amore non giudica e chi cura non giudica, ma aiuta tutti, adattandosi al contesto”.
– Per concludere le chiedo: cosa augura alle donne della sua comunità?
“Alle donne della mia comunità auguro di avere la possibilità di studiare, perché il primo mezzo di emancipazione femminile è l’istruzione”.
“L’intervista – dichiara Federico – mi ha riempito di emozione, ascoltandola mi sono reso conto che lei nella sua grandezza è una donna semplice, piena di valori. Mi ha insegnato che volere è potere, che curare è donarsi agli altri. Ho avuto conferma dalle sue parole e dai suoi gesti che lei è una donna davvero speciale!