Attenti a quei due, Cuffaro e Crisafulli

La prima edizione di “Barba Blu Fest”, svoltasi ieri 1 settembre nei giardini del Museo di Aidone, è piaciuta, così come è piaciuta la discussione animata dal giornalista Salvo Sottile con Totò Cuffaro e Mirello Crisafulli. I due, definiti “irresistibili mostri sacri della prima repubblica”, non hanno deluso le aspettative, rispondendo a tutte le domande con intelligente sarcasmo e autoironia. Vale la pena, continuare a ragionare sui due personaggi osservandoli attraverso un altro punto di vista.
Ne parliamo con Massimo Greco, collaboratore della nostra testata giornalistica.

Due mostri sacri della prima repubblica siciliana?
 Sì certo, perché oltre ad essere stati protagonisti per tanti anni hanno fatto parlare di sé nel bene e nel male. E in questo senso l’accoppiata ha funzionato a riflettori accesi e funziona anche adesso a riflettori spenti. Sono due personaggi che hanno cantato la politica usando le stesse note musicali.

 

In che senso?

Oggi è difficile acquisire consensi elettorali rimanendo al governo, loro invece riuscivano a vincere ogni tipo di competizione elettorale pur rimanendo saldi al potere, facendo tesoro della massima andreottiana (altro mostro sacro della prima repubblica – italiana) secondo cui “il potere logora chi non ce l’ha”. Nella seconda repubblica il consenso elettorale lo si conquista solo parlando dalle piazze (anche virtuali) alla pancia degli elettori e lo si perde puntualmente non appena si entra a Palazzo Chigi.

 

Eppure sono stati personaggi che hanno avuto anche tanti fastidi giudiziari…

Quando si raggiungono certi livelli di potere le probabilità di lambire il codice penale aumentano, anche inconsapevolmente. Ma le vicende giudiziarie (soprattutto quella di Cuffaro) rischiano di impallidire il giudizio politico che la storia dovrà dare ai due.

 

Giudizio politico in chiaro-scuro?

 Certo. Il messaggio che passa ancora oggi dei due, e l’incontro di ieri ne è la conferma, è incompleto perché mette sul tavolo della valutazione solo due ambiti: l’azione politica, in cui i due hanno dimostrato di avere una, se non due, marce in più e la questione giudiziaria.

 

Cosa manca?

Manca l’analisi dell’azione politica, dove non sono affatto tutte rose e fiori. I due facevano un uso spropositato del “l’ombrello pubblico”. Durante il loro regno usavano sempre gli strumenti delle politiche pubbliche per risolvere problemi collettivi e/ corporativi che potevano invece essere presi in carico con ordinari strumenti privatistici. Per capire di cosa stiamo parlando, i due sarebbero stati capaci di trovare nelle pieghe del bilancio regionale un finanziamento per scongiurare una separazione coniugale, altro che “reddito di cittadinanza”. Una visione invasivamente statalista ed a tratti paternalistica dell’agire politico, che inevitabilmente ha contribuito a “spanare” – direbbero gli idraulici – i rubinetti della spesa pubblica siciliana. Inoltre, una buona azione politica mira prioritariamente all’interesse collettivo, poi all’interesse di parte (partito politico) e se rimane spazio anche a legittimi interessi privati. Loro usavano spesso invertire questa scala valoriale.

 

E quindi qual’è il giudizio finale?

Dipende dal livello di comparazione. Se confrontati con i dilettanti di oggi (di destra e di sinistra) i due possono salire serenamente sul podio dei “fuori classe” della politica. Ma lungi dal definirli modelli per le future classi dirigenti.

Link news di riferimento:
Barbablù fest: “Gli zii di Sicilia” Totò, Mirello e la… Malafemmina