“Che bello! Due amici, una chitarra e uno spinello!”

In pochissimi giorni sono state raccolte le fatidiche 500 mila firme per chiedere il referendum che legalizzi l’uso della cannabis. Già qualcuno ha cominciato a bollare il fenomeno vedendo in queste 500 mila persone un popolo di drogati. Ma ridurre, ancora una volta, un tema così importante a tifo da stadio con slogan, ammiccamenti e insulti è oltremodo irrispettoso per tutti. Partiamo da un presupposto: firmare per un referendum è sempre giusto perché permette un esercizio democratico (con tutti i limiti della democrazia) e di libertà, nonché per il fatto che suscita un importante dibattito per permettere una presa di coscienza (ottimisticamente parlando) da parte di tutti (o quantomeno di chi si interessa scevro da logiche di tifoserie tout court). Quindi bollare come un popolo di drogati questi 500 mila firmatari è da stupidi perché è sicuro che tra quelle persone c’è anche chi non ha mai fumato neanche una sigaretta. Detto ciò, entriamo nel merito del referendum: è stupido, la storia insegna con il proibizionismo, vietare il consumo di un qualcosa solo perché dà assuefazione e danneggia l’organismo. Con la stessa logica, aldilà dell’episodio del proibizionismo americano, si dovrebbe vietare praticamente tutto. La legalizzazione, quindi, non è un atto di civiltà, ma è un atto logico, un causa-effetto delle nostre azioni. La legalizzazione all’uso di un prodotto permette la creazione di posti di lavoro, permette di togliere ai mercati neri una fetta di soldi che entrerebbero, attraverso le tasse indirette, nelle casse statali. Che diversi partiti sia di destra che di sinistra (non tutti, ovviamente da ambo le parti) stiano cominciando la battaglia contro il popolo dei drogati o restano totalmente indifferenti è semplicemente ridicolo. La vera battaglia non è se mettere o togliere un divieto da parte dello Stato, la vera battaglia è quella di permettere al cittadino di vivere aldilà dello Stato, poter essere libero e scegliere liberamente come vivere. Ma la libertà deve essere accompagnata dall’informazione, dalla Cultura, dal sapere perché altrimenti la nostra è la stessa libertà delle bestie. Legalizzare l’uso della cannabis è una conseguenza logica, informare e rendere consapevoli tutti sull’uso della cannabis per poi scegliere liberamente se farne uso o meno è la battaglia che va condotta. Tutti possono ubriacarsi, ma l’essere ubriaco non deve danneggiare gli altri (esempio fra tutti gli incidenti stradali per guida in stato di ebrezza). Tutti hanno diritto di fare del proprio corpo e del proprio io in generale ciò che ritiene opportuno senza però limitare la libertà degli altri. Che poi, sul tema della cannabis legale, volendo concludere con una piccola nota di colore questo articolo, sui partiti che si sdegnano, sui falsi moralisti, su chi difende valori che è il primo a tradire non appena ne ha l’occasione (chissà quanti che hanno votato contro il divorzio oggi sono divorziati), già a suo tempo fu fatta una canzone, di Stefano Rosso, il cui titolo è, non a caso, “Una storia disonesta” e il cui ritornello, sperando di non essere tacciati come drogati, faceva “Che bello! Due amici, una chitarra e uno spinello!”
Alain Calò