
Dopo “La quarta finestra”, Anna Vasquez è al suo secondo romanzo con “Quei passi”. Se nel primo racconta quello che ha significato per Troina la costruzione della diga Ancipa, che ha segnato il passaggio da una società povera a prevalente economia agricola ad una società di relativo benessere ad economia di servizi, nel secondo Vasquez racconta di una giovane donna che ha subito violenza sessuale. Leggendo “Quei passi” si ha la conferma che il romanzo è la forma letteraria che meglio si presta a suscitare discussioni e approfondimenti su problemi di grande interesse sociale e culturale. Quello della violenza sulle donne certamente lo è, che però è un problema più degli uomini che l’esercitano che non delle donne che ne sono vittime. Gli effetti della violenza sessuale sono devastanti. Lascia delle ferite profonde. Quelle fisiche, con il tempo, si rimarginano, quelle psichiche restano aperte per sempre. Di queste ferite che non si rimarginano parla Vasquez nel suo ultimo romanzo “Quei passi”. E il rumore dei passi dell’uomo che l’insegue, l’afferra e la violenta, Sara non li dimentica. Sara è una giornalista, sposata con Mario, un medico che lavora in un ospedale. Sara vuole sentirlo più vicino nell’elaborazione del trauma provocatole dall’energumeno che l’ha violentata e che ha provato pure ad ucciderla. Non è un uomo cattivo, Mario; è sinceramente dispiaciuto per quello che è capitato a Sara, che avrebbero voluto averlo più vicino. Mario ha una relazione con altra donna. La tragica esperienza che Sara sta vivendo, ha avuto l’effetto di rivelare il logoramento del suo rapporto con Mario. Ci sono due altre donne che aiutano Sara a sollevarsi dalla depressione in cui è precipita suo malgrado. Una è Giuliana, la sua amica del cuore. L’altra è la saggia zia Evelina. La descrizione che ne fa Vasquez della solidarietà tra queste tre donne è molto efficace. Si potrebbe chiamare “sorellanza”, questa solidarietà tra donne. Non c’è alcuna enfasi. Il tono è molto delicato. Le pagine-chiave del romanzo sono quelle dove Vasquez, attraverso l’invenzione letteraria del diario che Sara tiene su consiglio dello psichiatra che l’ha in cura, descrive le dolorose emozioni provate da Sara dopo aver subito la violenza sessuale: “Un tunnel senza uscita. La testa non riesce a pensare. Nulla Buio. Silenzio. Non sento odori, colori, sapori. Oggi mi sono accorta che c’è il sole, ma io sento freddo”. Queste sono alcune delle terrificanti emozioni che annichliscono una donna violentata. E sono di un’angoscia lacerante, che spesso dura per tutti gli anni che le restano da vivere.
Silvano Privitera