Vittorio, porterai anche l’arte culinaria sicula nel tuo programma?
“Tanti piatti sono siciliani e ricordano la mia infanzia, tra profumi di casa e ricordi di quelle meravigliose domeniche a pranzo dai nonni. Ci sono anche ricette quasi estinte se non in alcuni piccoli paesi, come le polpette d’uovo al sugo. Piatto che apre in me il ricordo di quando da bambino ritornavo dalla scuola”.
A Calascibetta, dove sei nato, i tuoi genitori gestiscono una pizzeria. E’ da loro che hai appreso la passione per la cucina
“Senza dubbio. Sono praticamente cresciuto tra i fornelli con dei genitori che mi parlavano di procedimenti e mi facevano assaggiare qualsiasi pietanza”.
Due culture culinarie diverse, quella della tua compagna, Luna Berlusconi, nativa del nord Italia, e quella sicula, tua. Chi si cimenta di più ai fornelli e quale è stato il piatto forte che le hai preparato.
“Diciamo che l’incontro ai fornelli è impari, perchè in casa cucino io. Il nord e il sud, però, si sono incontrati nell’amore. Uno dei piatti che ho preparato per conquistarla e che mi chiede spesso di cucinarle è lo spaghetto con alici, scampi a crudo e burrata, profumati con scorza di limone. Devo però spezzare una lancia a favore di Luna. E’ un’artista nell’apparecchiare la tavola”.
Avvolgendo il nastro della tua vita, possiamo dire che la Sicilia rimane nel tuo cuore ma continua a fare i conti con il dramma del lavoro che manca?
“In una Sicilia che trasuda arte e bellezza l’argomento lavoro è un capitolo complicato. E’ chiaro che se fossi rimasto al sud non avrei fatto quasi sicuramente il lavoro che faccio, o l’avrei fatto con più complicazioni. La Sicilia però me la porto dentro, nella ricerca dei colori, dei profumi, delle relazioni umane e nella fama di farcela nella vita”.
Quanto è stato difficile lasciare la tua terrà d’origine
“Allora non è stata una sofferenza, ho lasciato la mia terra appena maggiorenne perchè avevo solo il desiderio di capire come era fatto il mondo fuori da un paesino di quattromila abitanti. Oggi, a volte, provo della nostalgia nel pensare a quelle vie dove passavo giornate intere, a quegli amici con i quali giocavo spensierato, ai primi giri in motorino, alle feste tipiche del sud e a quella semplicità che ancora mi porto dentro e che mi fa ricordare da dove vengo”.
Francesco Librizzi