Il primato del liceo, dal “vangelo” di Calenda

In queste ore sta facendo molto discutere una vecchia (di qualche mese) dichiarazione di Calenda sul valore del Liceo. E già si stanno alzando barricate in favore degli istituti tecnici e bla bla bla. Calenda è politico, noi no e quindi possiamo essere ancora più schietti: un istituto tecnico per quanto valido non potrà mai formare bene il pensiero del cittadino di domani rispetto ad un liceo. Non a caso gli accessi alle università, ovvero i massimi gradi della formazione, sono per lo più da parte dei liceali e non sarebbe una sorpresa scoprire che la quota degli analfabeti funzionali sia concentrata per lo più negli istituti tecnici. Ora dicendo ciò non stiamo affermando che questi istituti andrebbero aboliti ma, quantomeno, corretti. E basterebbe l’inserimento di due materie per poter formare il pensiero di un cittadino consapevole della realtà che lo circonda e che sappia leggere un libro e un giornale: il latino e la filosofia. Con il latino si abitua il ragazzo al rigore logico del pensiero. Gli si insegna a non dare nulla per scontato e a vivisezionare qualunque testo per capirlo profondamente. Fare una versione di latino e pura palestra per il cervello che lo costringe a riflettere su significato recondito di ogni parola non lasciando spazio a interpretazioni fantasiose. D’altro lato la filosofia è pura libertà offerta dalla potente arma del dubbio e dell’interrogarsi su se stessi. Studiare filosofia significa entrare in contatto con i problemi universali che nel tempo hanno portato riflessioni profonde da parte dei vari pensatori. Si viene a contatto con domande e riflessioni su politica, Stato, morale, etica, vizi, virtù, amore, sofferenza, vita e morte. A tutto ciò aggiungiamo un potenziamento nell’insegnamento della storia e, soprattutto, un serio monte ore di educazione civica perché un cittadino deve conoscere le regole della comunità in cui vive. Ma anche il liceo andrebbe un po’ rimodernato, soprattutto il classico, con un monte ore più ampio dedicato alle materie tecniche. Abbiamo, quindi, forse bisogno di riuscire a creare meno percorsi per le scuole superiori per evitare di creare una dispersione inutile di saperi in questa fase delicata dello sviluppo culturale dei ragazzi. Sia, infatti, l’università caratterizzante e non una scuola superiore la cui scelta a volte viene fatta inconsciamente, proprio perché non può che essere altrimenti per un ragazzo di 13 anni.
Alain Calò