Il dna della mafia: l’esempio del fico d’india

In Sicilia si sa, vedendo certe manifestazioni, sembra quasi che siamo tutti anti-mafiosi: cortei, fiaccolate, slogan, campagne di sensibilizzazione. Cose, ovviamente, lodevoli, ma che non ci devono trarre in inganno sul fatto che ci possano essere persone esenti dalla mafia. Anche perché l’animo mafioso è un modo insito nell’indole dell’Uomo ed è un nonnulla a far scattare quella molla. Vi raccontiamo una storia che ci ha fatto capire dove nasce la mafia. Può sembrare banale ma è nelle banalità che si insinua il marcio che poi, come la goccia che spacca il monte, se non si interviene subito vi possono essere problemi ben peggiori.
Caio ha un campo di fichi d’India e, dato il buon raccolto, decide di regalarne qualcuno a Tizia, famosa in paese per non perdersi mai una messa. Tra Tizia e Caio vi è addirittura un rapporto di parentela stretta. Ma Tizia, al posto di ringraziare Caio, chiede a quest’ultimo di raccogliere dei fichi d’india e di donarli a Sempronio figlia di Tizia. Caio risponde di no perché tra lui e Sempronio non corre buon sangue. E, infatti, la mossa di Tizia è dettata dal fatto che Sempronio vuole da Caio un atto di sottomissione “morale” e qual miglior modo se non vedendosi regalati il frutto del lavoro di Caio? Al rifiuto di Caio e alle pressioni di Sempronio su Tizia, quest’ultima, avendone un certo ascendente, chiama la madre di Caio pressandola, senza aver raccontato nulla del diniego già ricevuto, di donare a Sempronio dei fichi d’India. La richiesta è, ovviamente, contornata con roboanti frasi ecclesiali del tipo “ama il prossimo tuo”, “siamo gente di chiesa” ecc. ecc. La madre di Caio, anche per togliersi dai piedi Tizia, e giudicando ovviamente che un po’ di fichi d’india alla fine non sono nulla, dice a Tizia di andarli a raccogliere per donarli a Sempronio.
Caio viene a scoprire la faccenda, va a protestare dalla madre e da quest’ultima si sente risposto “vabbè, che te la prendi per un po’ di fichi d’India?”
Analizziamo l’evento partendo dal presupposto che sicuramente molti si saranno identificati in questi personaggi anche perché è un quadretto tipico delle famiglie malate. Quello che ha fatto Tizia, la timorata di Dio, è rubare e truffare perché ha pressato la madre di Caio per prendere dei fichi d’india appartenenti a Caio ignorando il fatto che Caio le aveva già detto di no. Ma Tizia ha agito su mandato di Sempronio che quindi, con la truffa, ha soddisfatto il proprio desiderio di sottomissione. Sempronio ha un atteggiamento mafioso perché con la prepotenza e con metodi poco ortodossi ottiene ciò che vuole. È a sua volta il mandante di Tizia la quale, sfruttando l’ignoranza della madre di Caio, fa ottenere a Sempronio il suo scopo. La madre di Caio che di suo non ha colpe nella realtà, avendo agito in piena buona fede, ma nel momento in cui minimizza le proteste di Caio riveste il ruolo della giustizia poco sensibile. Questa è la mafia: d’altronde che cos’è il pizzo se non un atto di sottomissione chiesto dal Capo mafia (Sempronio) attraverso un suo scagnozzo (Tizia) che si presenta da un commerciante (Caio) e nessuno interviene (madre di Caio)? Ogniqualvolta un prepotente ottiene qualcosa da qualcuno con un inganno organizzato, lì vi è la mafia.
E in tutto questo, come avete potuto notare, abbiamo più volte voluto sottolineare Tizia nell’andare in chiesa tutte le mattine e di usare un linguaggio tipico della religione per i propri loschi fini. E questo che cos’è se non il nascondersi dietro un velo di ipocrisia che la società tutta ha (omertà spinta ai massimi livelli)?
Ovviamente nessuno dice che ad ogni sassolino bisogna dare un calcio, ma in situazioni del genere meglio affrontare quel sassolino prima che si trasformi in valanga… e basta cambiare i nomi di Tizia, Caio e Sempronio e vedere come siamo letteralmente messi male e che ci vuole certamente uno sforzo in più, oltre a fiaccolate e altro, per debellare la mafia.
Alain Calò