Sull’utilità (o meno) di fare una critica

Sovente, soprattutto quando scriviamo una critica verso il potere o qualche cosa di simile, l’obiezione che viene posta è “ma chi te lo fa fare?”. E spesse volte questa domanda rimbalza anche in chi scrive quel pezzo. D’altronde, si potrebbe campare molto più serenamente se ci stessimo zitti, proni o indifferenti dinnanzi al potere e alle sue malefatte. D’altronde, se non ci toccano, cosa ci guadagniamo a difendere un qualcosa che magari ci conduce ad avere solamente dei nemici in più perché la critica, quando mossa verso il potere, porta inevitabilmente a scontrarsi con chi ha quel potere e con i suoi lacchè. Molto meglio, quindi, farsi gli affari propri, arrabbiature e nemici in meno, passare la nostra vita a curare il nostro orticello e magari campiamo molto di più dato che è dimostrato che lo stress e l’agitazione (inevitabile in uno scontro) riducono sia la qualità che l’aspettativa della vita. Anche perché, alla fine, il potere vince sempre: il prepotente ottiene ciò che vuole e il forte prevale sul più debole… è legge di natura e, come dicevano i latini, dura lex sed lex.
Ma poi, proprio pensando ai classici, ci viene data la risposta al perché c’è bisogno di criticare il potere e sul fatto che il nostro non è puro masochismo. E d’altra parte anche nei classici vediamo come vi fosse il dilemma tra una vita breve ma intensa o lunga e tranquilla. E vi erano domande molto simili alle nostre. E guardando alla storia vediamo come sono stati quei masochisti che hanno criticato il potere ad averci dato i vari diritti. Tutti i ribelli della Storia (che non hanno fatto una buona fine) hanno permesso di creare una coscienza diversa in noi e, alla lunga, hanno vinto perché se oggi abbiamo la democrazia è perché qualcuno si è ribellato al potere di uno. Se oggi abbiamo la libertà di dire ciò che vogliamo è perché qualcuno si è ribellato alla censura. Se oggi abbiamo qualsivoglia diritto è perché qualcuno, tempo addietro, si è lamentato della carenza di quel diritto. E pensiamo che anche a quel qualcuno spesso veniva detto “ma chi te lo fa fare? Campa sereno” e quel qualcuno a volte si trovava solo contro il mondo per difendere la propria idea e magari è morto per quella idea perché scomodo. Quel qualcuno avrà avuto una vita difficile e piena di sofferenze ma alla fine, se esiste un aldilà, dall’alto potrà vedere che non è stato vano quel sacrificio e ne è valsa la pena. E se diciamo anche il fatto che un diritto non si acquisisce solo per il fatto che quel qualcuno si ribella ma che a quel qualcuno segue qualche altro e poi qualche altro e poi qualche altro ancora sempre col dilemma del “ma chi te lo fa fare?” addosso che fa scoraggiare alcuni ma fa proseguire altri, quel diritto è frutto del contributo piccolo o grande di tutti quei “qualcuno” oggi anonimi. Il nostro, ovviamente, è piccolo, anzi piccolissimo, ma almeno abbiamo fatto la nostra parte senza alcun tipo di velleità, ma solo andare a letto ogni notte e poi eternamente sereni del fatto che la vita è stata vissuta senza vedercela scorrere davanti. Idealisti? Forse sì e anche troppo, però la domanda che ci poniamo e che risponde pienamente alla domanda a noi posta è: “Perché vivere una vita imposta dagli altri?”.