Che fine hanno fatto i partiti politici?

Che fine hanno fatto i partiti politici? Un indicatore sintomatico del malessere di questa nostra democrazia è certamente rappresentato dalla progressiva perdita di consistenza dei partiti politici. Eppure c’è chi ha autorevolmente affermato che una democrazia non può essere tale se non sono democratici anche i partiti. I partiti, quindi, concorrono alla formazione e manifestazione della volontà popolare e sono strumento fondamentale per la partecipazione politica e democratica. Le funzioni attribuite ai medesimi nel procedimento elettorale costituiscono l’unico modo costituzionalmente possibile e legittimo perché nelle odierne democrazie rappresentative il popolo possa esercitare la propria sovranità, cioè per “raccordare”, democrazia e rappresentanza politica. Il ruolo fondamentale svolto dai partiti nel procedimento elettorale assume quindi natura non solo pubblica ma anche costituzionale perché costituisce la principale modalità di esercizio del ruolo attribuito ai partiti dalla Costituzione. Se questa è la teoria è sulla pratica che i conti non tornano, se è vero che solo il 9% della popolazione ha fiducia nei partiti, solo l’1% risulta iscritto ad un partito politico, solo il 3% dei contribuenti destina ai partiti il 2 x mille e solo 7 mila persone hanno fatto donazioni liberali ai partiti. Vogliamo parlare di come viene concepita la dirigenza o di come vengono selezionate le candidature o, più in generale, di come viene assicurato quel metodo democratico prescritto dalla Costituzione? Basta osservare quello che sta accadendo in questi giorni per renderci conto che siamo in piena “recessione democratica”. I partiti, fatti solo di vertici autoproclamati, mostrano incapacità di interrogare le istanze popolari e di offrire una sintesi delle soluzioni. Come scrive Cassese “Vengono chiamate forze politiche, ma non sono né forze, né politiche. Contano solo in quanto occupano le istituzioni”.
Massimo Greco