Calascibetta: la comunità xibetana ha il dovere di ripristinare il pellegrinaggio in onore della Madonna della Catena

Calascibetta. Anche quest’anno, alla comunità xibetana, è mancato il pellegrinaggio in onore della Madonna della Catena. E’ mancato lo scricchiolio delle catene, legate alle caviglie dei devoti, a squarciare il silenzio e rendere unico il giorno di preghiera. Insomma, ancora una volta, è venuta meno una delle feste più solenni che, sino a prima del covid, si svolgeva a Calascibetta dove fede e devozione sono stati sempre palpabili. Un culto popolare che coinvolge l’intera comunità. Canti e preghiere, infatti, hanno sempre contraddistinto il giorno dedicato “A beddra Matri da Catina”, così l’ha sempre chiamata, amorevolmente, don Paolo Grimaudo, il rettore della chiesa dedicata alla Vergine. Per settantadue anni, don Paolo, ha coordinato, impeccabilmente, un pellegrinaggio unico a Calascibetta ma, alla veneranda età di 94 anni, le forze iniziano a mancare, così organizzare tutto il lavoro, prima e durante la festa, è diventato difficile. Si è deciso allora ci festeggiare la Madonna della Catena, ieri pomeriggio, con una celebrazione eucaristica che si è tenuta, in piazza Umberto I, che, per l’occasione, è diventata una chiesa a cielo aperto. A officiare la messa è stato l’arciprete don Giuseppe Di Rocco. Don Paolo Grimaudo, durante l’omelia, ha avuto il compito di affidare al cuore di Maria le famiglie xibetane. E’ presto potere affermare cosa accadrà il prossimo anno. Il covid ha certamente reso tutto più difficile. Ripartire dopo due anni di fermo e senza un ricambio generazionale tra i portatori è stato faticoso e lo si è visto soprattutto in occasione della processione del Venerdì Santo. Adesso, per ritornare alle antiche tradizioni, ci vorranno forze fresche e una seria organizzazione. Tutto questo sarà necessario al fine di far ripartire, il prossimo anno, anche una festa solenne, a tratti emozionante, come quella dedicata alla Madonna della Catena. E la comunità xibetana ha il dovere di impegnarsi.
Francesco Librizzi