Rural Revolution. Aidone: Gabriele e Stefania e il loro progetto RuRe

Aidone. Lei è Stefania, 30 anni, catanese. Lui è Gabriele, 32 anni, aidonese. Le loro vite si sono incrociate in occasione di un incontro di lavoro ad Aidone e da allora hanno deciso di costruire un futuro di coppia a contatto con la natura, riprendendo il mestiere della terra. Parte da qui il progetto RuRe, dalle prime sillabe dell’inglese Rural Revolution, riprendendo una parola che deriva dal latino. Stefania è un’artista a tuttotondo: ha sempre dipinto, disegnato e, allo stesso tempo, si è dedicata alla danza, alla recitazione, al canto. A 20 anni, dopo il diploma di scuola d’arte, ha lasciato la Sicilia per Londra dove si è iscritta ad una scuola di teatro e si è laureata in musical. Lì è rimasta sette anni, facendo esperienza, bella e creativa, lavorando per un paio d’anni a teatro. Poi la decisione di ritornare in Sicilia. “L’arrivo del Covid – commenta Stefania – mi ha fatto riflettere: da un po’ di tempo non stavo più bene a Londra, così ho deciso di fare un’inversione, di emigrare al ritorno e di ripuntare tutto sulla Sicilia. Ho deciso di reinventarmi: mi sono formata come guida di bagno di foresta (o forest bathin), espressione inglese, da una pratica (shinrin yoku) nata in Giappone. Mi occupo di far avvicinare le persone alla natura consapevolmente, di farle immergere in tutti i sensi nell’atmosfera del bosco e farle rimanere nel presente. Ed è questo che faccio, ora, principalmente”. Poi, l’incontro con Gabriele, giovane insegnante di pianoforte, dalle mille risorse, molto attivo nel sociale, in politica. Il nome del progetto “RuRe” è venuto a Gabriele, una mattina. “In realtà – spiega Gabriele – sono andato un po’ alla ricerca: RuRe è una parola latina che significa fondamentalmente campagna: da una parte siamo attaccati alle radici, dall’altra vorremmo che queste radici siano per tutti. La parola nasce volutamente, in inglese, per essere riconoscibile anche all’estero: la nostra idea è quella di una vita sostenibile ma anche di una vita produttiva”. “Siamo molto allineati come forma mentis – aggiunge Stefania- con ideali e valori simili.  Questo nostro sentire comune stiamo cercando di concretizzarlo. Il nostro intendimento è di ritornare alla vita rurale, alla semplicità delle cose, di conoscere meglio quello che abbiamo”. “Per noi – spiega Gabriele – il nostro pezzetto di terra: saperla curare, custodire, senza fare niente di intensivo. Vorremmo ripartire con l’idea di essere più sostenibili con la terra: le piante vecchie le stiamo sistemando tutte e stiamo riprendendo coltivazioni antiche di legumi, cercando anche la storia del prodotto”.  E non poteva mancare la musica: “Noi – chiosa Gabriele – curiamo quello che abbiamo, poi, al momento importante della raccolta, ad esempio delle mandorle, invitiamo gli amici, li facciamo venire anche dall’estero per vivere un’agricoltura esperienziale, sul posto. Dopo il lavoro rurale, cantiamo, suoniamo, ritorniamo così alle origini, celebrando momenti di comunità”.  E poi, la trasformazione e commercializzazione dei prodotti. “Abbiamo fatto già assaggiare i nostri prodotti (a base di mandorle, l’olio, legumi), genuini, senza fitofarmaci. L’idea è di trasformarli per farli conoscere a chi non può vivere questi sapori e di commercializzarli nei mercati esteri. Ci auguriamo che chi vive qui si aggiunga alla nostra esperienza, vorremmo coinvolgere altri produttori e fare rete”.  
La riscoperta della campagna, da parte dei giovani, è una sfida affascinante ma anche ardua, perché? “Perché le difficoltà sono tante – ammette Gabriele -. Ad esempio la viabilità: quando c’è da spedire, il corriere ci mette uno, due giorni in più. O la burocrazia: non c’è una vera politica di aiuto, un ragazzo che vuole partire in agricoltura, si blocca immediatamente. Non è d’aiuto neanche la mentalità di chi dovrebbe sostenerci. I nostri familiari, ad esempio, ci dicono che siamo dei matti: vorrebbero che ci occupassimo delle nostre professioni: sono i primi a non credere in noi e ci sentiamo un pò controcorrente. Al momento, non abbiamo aiuti, facciamo tutto da soli”. I due giovani possono contare su una base economica di base: Gabriele insegna, Stefania fa la guida. “Per adesso – conclude Gabriele – vogliono considerare il progetto RuRe una start up. Solo fra un paio d’anni capiremo cosa ha funzionato e cosa no”.

Angela Rita Palermo